La morte per suicidio del giudice Giancarlo Giusti, finito nei guai con due condanne (di cui una non definitiva) per ‘ndrangheta, non poteva restare senza risposte. Ha fatto bene il legale Geppo Femia ad alzare la voce e a reclamare luce piena sul gesto (ampiamente annunciato) dell’ex gip di Palmi : «Nel codice esiste un reato estremamente grave che si presta ad una difficile dimostrazione, l’istigazione al suicidio. Certamente c’è stato un accanimento giudiziario nei confronti di Giusti».

Ecco perché la Procura della Repubblica di Catanzaro ha deciso di un’inchiesta sulla morte dell’ex giudice, trovato impiccato nella sua casa di Montepaone Lido. L’autopsia sul cadavere dell’uomo e l’interrogatorio di alcuni familiari potrebbe far luce sulle ultime ore del magistrato. Non ci sarebbero molti dubbi sul suicidio: nell’ottobre 2012, all’indomani della condanna a 4 anni di reclusione, il giudice aveva già tentato di togliersi la vita (le agenzie di stampa scrissero che era morto e lo confusero con un altro indagato) e nell’ultima intervista a Klaus Davi aveva confermato le sue intenzioni.

E se Giusti fosse innocente? È stato lo stesso Femia a ipotizzarlo, annunciando la riapertura di una delle due inchieste che vedevano coinvolto Giusti «con modalità che saranno valutate dal Csm, al quale intendiamo rivolgerci». Si tratta della seconda indagine su Giusti: per la prima, quella sui rapporti con il presunto boss di ‘ndrangheta Giulio Lampada, la condanna a quattro anni è stata confermata in Cassazione. Si tratta quindi della presunta tangente da 120mila euro che Giusti avrebbe ottenuto come giudice del Riesame di Reggio Calabria in cambio della scarcerazione, nel 2009, di tre esponenti della cosca Bellocco di Rosarno. «La riapertura dell’inchiesta – ha sottolineato Femia – era stata chiesta dalla squadra mobile reggina, che aveva intercettato un colloquio nello studio dell’avvocato Minasi  (coinvolto nelle indagini sul clan Lampada e sulla famiglia Valle, ndr) in cui questi diceva ad appartenenti alla famiglia Gallico di avere un magistrato sotto mano. Ma il nome che viene fatto non è quello di Giusti, ma di un altro, a cui coincide anche la descrizione fisica del magistrato che viene fatta. «Giusti si è ucciso per dimostrare la sua innocenza, non per vergogna». E se avesse ragione lui?

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