La lotta alla ’ndrangheta è una cosa seria ma lo Stato non smette di farsi del male inanellando un autogol dietro l’altro. Qualche giorno fa ha destato scalpore la notizia che Paolo Rosario De Stefano è uscito dal carcere per meriti universitari. Il figlio naturale di don Giorgio de Stefano, capo bastone indiscusso della famiglia di ’ndrangheta uscita vincente dalle guerre di mafia, studia Giurisprudenza – come da tradizione di famiglia – e grazie alla legge si è guadagnato l’uscita anticipata di galera. «Scusi ma perché dovrei pentirmi? era estremamente preparato e sicuro di sé, sciolto. Il 30 se lo meritava tutto – ha detto a Klaus Davi Attilio Gorassini, direttore del dipartimento Giurisprudenza dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria – ma visti i risultati – conclude il docente – non credo che per lui la scarcerazione sia stata un bene». Poi aggiunge: «Credo che l’idea del mafioso troglodita sia appannaggio del passato».

Paolo Rosario non è il solo De Stefano che torna a piede libero. A breve, come ricorda l’Espresso, lo seguirà Carmine, il fratello più grande di Giuseppe, considerato «l’ideologo» della ’ndrina. Mentre il vero erede di Giorgio De Stefano, Giuseppe, dovrà stare dietro le sbarre ancora a lungo. «Dei De Stefano si sente parlare, ma si deve ascoltare… Non c’è mania di grandezza, perché noi, la mia famiglia, conosciamo meglio di altri cosa voglia dire la sofferenza dovuta a un nome, a una grandezza, a una storia. Una volta è uscito mio padre dal carcere, nel 1982, e in un negozio di scarpe ha trovato 60 milioni di lire di conto e noi figli camminavamo con le scarpe bucate», ha detto Giuseppe De Stefano al pm Giuseppe Lombardo, il magistrato antimafia di Reggio Calabria che da anni indaga sui cosiddetti «invisibili», pedine che secondo alcune inchieste recenti i De Stefano avrebbero ovunque, dalla Costa Azzurra al Nord Italia, tanto da garantire agli affari della potentissima cosca di prosperare nonostante i suoi vertici siano in galera.

A causa della sua latitanza prima e della detenzione poi il tribunale dei Minori di Reggio Calabria ha tolto a Giuseppe De Stefano la patria potestà «atteso che appare essere rimasto estraneo all’educazione dei figli, gestita totalmente dalla moglie e che il suo prolungato stato di latitanza ha privato i figli dell’ineliminabile figura paterna e del ruolo che essa è chiamata a svolgere nell’equilibrata formazione del carattere», ma questo non significa necessariamente che la filiera di comando della famiglia De Stefano si potrà interrompere.

All’autogol del boss studente e a spasso si contrappone quella del sindaco di Buccinasco, comune di 27mila anime dell’hinterland milanese noto alle cronache come la Platì del Nord per essere stato il feudo delle famiglie Barbaro-Papalia come hanno dimostrato le inchieste Cerberus del 2008 e Parco sud del 2009. Il sindaco Giambattista Maiorano ha deciso di togliere i cartelli anti ’ndrangheta. L’iniziativa era stata promossa dall’Anci Lombardia e ideata dall’opinionista Klaus Davi di cui avevo parlato qui: «Non abbiamo condiviso lo slogan “Comune vietato alla ’ndrangheta” – è una locuzione impropria che si prestava a interpretazioni ambigue e forse anche ironiche», si difende l’amministrazione comunale. «Non abbiamo paura di pronunciare la parola ’ndrangheta, sappiamo bene che qui c’è – dice il sindaco Maiorano – solo qualche giorno fa è stata restituita alla collettività una villa confiscata proprio a una famiglia della cosca Barbaro-Papalia». «Non possiamo mettere un cartello del genere perché a Buccinasco gli ’ndranghetisti ci vivono, e scrivere “vietato alla ’ndrangheta” sarebbe una presa in giro. La ’ndrangheta qui è residente», ribatte Rosa Palone, presidente del Consiglio comunale di Buccinasco.

Il «no» di Buccinasco ha provocato la reazione del sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri: «Contro la mafia sono importanti i fatti concreti ma anche gli atti simbolici. Invito Buccinasco (e Locri, che ha rinunciato ai cartelli, nda) a ripensarci». E la Palone rincara la dose: «Mi stupisce l’intervento del sottosegretario Ferri: a febbraio scorso il mio sindaco aveva depositato un’interrogazione parlamentare esprimendo i dubbi di veder affidato proprio a Buccinasco Rocco Barbaro, dopo il carcere».

Ai mafiosi puoi togliere tutto: la libertà, la dignità, persino i figli. Ma non riesci a metterli l’uno contro l’altro. Vedere pezzi di Stato che litigano sulla lotta alla ‘ndrangheta è uno spettacolo penoso.

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