La solitudine dell’Astrattismo

Pier Paolo Pasolini, negli anni ’60 e ’70, affermava poeticamente, in più scritti, che il rischio del nostro tempo, il rischio di tanti intellettuali e artisti, è quello dell’essere persi “in un puro intuire in solitudine”. L’Astrattismo, che è la lingua del Novecento, ha sempre rischiato – e come linguaggio tuttora rischia – questo: l’essere perso in un puro intuire in solitudine. Cioè testimoniare soltanto l’afonia della propria voce, l’incapacità di cambiare o di incidere qualcosa nel mondo. Da grande sperimentazione che, da fine Ottocento, con Redon, superava l’obbligo della raffigurazione di ciò che vedevano gli occhi, da grande perlustratrice […]

  

Gli sciacalli del silenzio

Mentre il mondo dell’arte si scanna sui falsi Modigliani della mostra di Genova, nessuno si scanna per lo sfregio a Pompei dell’affresco di Bacco e Arianna (12 gennaio 2018), compiuto – secondo un’ipotesi degli investigatori – per nascondere furti ben più corposi, su commissione, dentro la vasta area archeologica vesuviana; nessuno si scanna per lo sciacallaggio e le ruberie di riggiole settecentesche dal pavimento della chiesa di Mitigliano, a Massa Lubrense (8 gennaio 2018); nessuno si scanna per i 1.772 manufatti rubati da chiese, abbazie, conventi, santuari, nell’anno appena trascorso; nessuno si scanna per i 758 antichità, reperti archeologici o […]

  

La supposta patrimonio dell’umanità

La supposta è patrimonio dell’umanità o no? Visto che tutto sta ricevendo l’imperdibile bollino a punti dell’Unesco, e i politici caproni fanno a gara per vantarsene, e le associazioni fanno a gara per mettersi in posa davanti al bollino a punti di “Patrimonio mondiale dell’umanità”, come fosse un panda allo zoo, ho una proposta pieromanzoniana da fare: la supposta, sì, quella cosa che, infilandola tra lì e là, ci solleva da dolori lancinanti, insonnie, angosce, convulsioni, complessi di colpe, la supposta, sì, quel razzo a portata di mano che non dà pene come l’ago di una siringa ed è più […]

  

I talenti del secondo Novecento

Vinicio Berti è uno dei tre apici nell’arte del secondo Novecento italiano. Finora solo un museo di rilievo nazionale (ma non internazionale) marmorizza, in modo – speriamo – definitivo, la grandezza di Berti storicizzando la sua figura, accostandola a quella di Alberto Burri e Lucio Fontana, seppur con esiti, intenzioni e poetiche assai diverse: il museo del Novecento di Firenze. Questa galleria non ha nulla di memorabile (forse l’opera di Berti e la composizione di Emilio Vedova sono le sole cose veramente distintive), ma ha sicuramente il merito di colmare il vuoto presente in tutti gli altri musei del XX […]

  

Il vero museo d’Italia

“Il vero museo di Roma, quello di cui parlo, si compone, è vero, di statue, di colossi, di templi, di obelischi, di colonne trionfali, di terme, di circhi, di anfiteatri, di archi di trionfo, di tombe, di stucchi, di affreschi, di bassorilievi, d’iscrizioni, di frammenti, di ornamenti, di materiali da costruzione, di mobili, d’utensili, ecc, ma nondimeno è composto dai luoghi, dai siti, dalle montagne, dalle strade, dalle vie antiche, dalle rispettive posizioni delle città in rovina, dai rapporti geografici, dalle relazioni tra tutti gli oggetti, dai ricordi, dalle tradizioni locali, dagli usi ancora esistenti, dai paragoni e dai confronti […]

  

La terra umida dei vermi

A quello gli cascano. A quell’altro gli gonfiano. A quello laggiù gli dondolano. Quello davanti c’ha l’ascesso. Quell’altro la carie. Quell’altro la paradontite. Quell’altro ancora deve fare le otturazioni, le viti, i soppalchi, le arcate. Ho smesso di chiamare artisti, critici d’arte, intellettuali, filosofi e parenti perché la prima mezz’ora passa a parlare dei loro incontri dal dentista, tra piorrea, dentiere, gengive, molari e incisivi. Io voglio parlare di Van Gogh, Picasso, Winckelmann, Hannah Arendt, Lord Elgin, Vivant Denon, e loro invece mi parlano di spazzolamenti, gengiviti, palati, anestesie, antidolorifici e impacchi di ghiaccio. È una guerra impari, finora perduta. […]

  

Inaspettata vita

Può l’orrore essere madre di un germoglio? Schiudere in tutta la slavina della sua disumanità un piccolo sussulto di inaspettata vita? Esserci una devastazione così tremenda, così apocalittica, da essere in grado di incubare, dentro se stessa, un rigoglio di semi, linfe, pollini, petali e pistilli? Può la morte partorire la vita? Penso a questo, dopo che sotto le macerie inumane del paese di Accumoli, sepolto dal terremoto, durante i lavori di smaltimento delle rovine delle case distrutte, sono emerse cripte di civiltà precedenti, ancora tutte da studiare e scavare. La forza della vita, nella morte della vita, stava covando […]

  

La Gipsoteca che non doveva nascere

Esiste una Gipsoteca nata controlegge. È la Gipsoteca civica di Cascina. L’ha progettata e realizzata il sottoscritto da assessore alla cultura. Più di 50 gessi di età napoleonica stavano da anni tra il piscio e i cadaveri dei topi di un magazzino. Se avessi seguito pedissequamente la legge, i permessi, le procedure, i protocolli, le mansioni, le tempistiche, i francobolli, le autorizzazioni, che regolamentano i beni culturali, quei gessi stavano ancora lì tra il piscio e i cadaveri dei topi. Come la balena spiaggiata nel mare di Sassari. È da più di due mesi che la carcassa sta galleggiando alla […]

  

La mostra che cancellò il mio nome

A San Miniato (PI) dovevo curare una mostra d’arte sacra. Non me la fecero fare perché il mio nome non era gradito. Anche nell’arte sacra interviene la politica – la politica quella infima, cortigiana, che valuta le persone non per i meriti o per i riconoscimenti, ma per astratti idioti schemi. La mostra di un artista da me curato si fece ugualmente, ma senza il mio nome, perché davo fastidio, perché non ero allineato, perché scrivevo su quotidiani e settimanali imbarazzanti come Il Giornale, Libero e Panorama, perché avevo la colpa imperdonabile di essere un assessore indipendente e tecnico, che […]

  

La politica dei pezzenti

Maledetta sia la politica che ha come valore supremo lo spendere meno, il risparmiare i soldi. Hai risparmiato, ma quella cosa è venuta un cesso. Se volevano risparmiare, non facevano Palazzo Vecchio a Firenze, non facevano Palazzo civico a Siena. Non chiamavano Michelangelo, Leonardo Da Vinci, Donatello, Vasari, Lorenzetti, Simone Martini. Facevano un garage, facevano una catapecchia e risparmiavano i soldi. Tanto le decisioni dei rappresentanti della città si possono prendere anche seduti per terra in uno scantinato. La corsa demagogica al risparmio, al taglio della spesa, si sta trasformando nella rincorsa a chi si dimostra più pezzente, più straccione. […]

  

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