Per ora nel mirino della Casa Bianca c’è solo Standard & Poor’s, ma potrebbero finirci anche Moody’s e Fitch. L’accusa è gravissima: truffa, per aver sopravvalutato alcuni titoli immobiliari (legati a mutui ipotecari) contribuendo a far scoppiare la gravissima crisi del 2008, passata alla storia come la crisi dei mutui subprime. Le responsabilità delle agenzie di rating nei fatti che hanno determinato la più grande recessione dai tempi della Grande depressione (1929) sono emerse quasi subito dalle varie inchieste aperte. Ora la Casa Bianca, attraverso il Dipartimento di Giustizia, passa al contrattacco, agendo in sede civile (sia a livello federale, sia da parte di 16 stati e dal Distretto di Columbia, quello di Washington): per il momento nei confronti della sola S&P. Si parla di un risarcimento danni colossale, pari a 5 miliardi di dollari. Immediata – e scontata – la reazione dell’agenzia di rating: “Sostenere che noi abbiamo deliberatamente tenuto alti i rating quando sapevamo che dovevano essere più bassi è semplicemente falso”. S&P rivendica poi di aver “sempre guardato all’interesse degli investitori e di tutti i partecipanti al mercato fornendo indicazioni indipendenti basate sulle informazioni disponibili”. E ancora: “I nostri rating hanno riflettuto il nostro migliore giudizio possibile sui titoli in questione”. Dunque nessuna colpa? “Sfortunatamente S&P, come tutti gli altri, non ha previsto la velocità e la forza della crisi in arrivo e come e quanto la qualità dei crediti ne sarebbe stata colpita”. Solo colpa della sfortuna, dunque…
Come spiega Marco Valsania sul Sole24Ore il calcolo dei cinque miliardi è pari alle perdite sofferte su derivati legati ai mutui, i Cdo, da istituti finanziari e banche assicurati dalle autorità federali durante la crisi. In almeno 40 casi sarebbero state date valutazioni massime, spesso la Tripla A, a bond che subito dopo essere stati venduti agli investitori hanno perso completamente valore. Solo sfortuna? Per la Casa Bianca no: e nel suo ricorso il governo cita numerosi scambi di posta elettronica tra analisti e rapporti che dimostrerebbero come la società non fosse convinta dei propri giudizi. Pare che un analista (che promuoveva l’acquisto dei titoli tossici a suon di rating positivi) avesse scritto persino una canzone-parodia sul crollo dei derivati nel 2007, spedendola in video ai colleghi, sulle note di “Burning Down The House” (la casa brucia) dei Talking Heads. Si rideva e si scherzava, dunque, facendo soldi e contribuendo a far crollare tutta l’economia, con danni enormi non solo per gli Stati Uniti ma per il mondo intero.

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