Armi, è guerra sui numeri
Secondo un rapporto di General Social Survey (effettuato ogni due anni da circa quattro decenni) il numero di abitazioni americane in cui è presente una pistola è sceso dal 50% degli anni Settanta e Ottanta al 43% negli anni Novanta, fino al 35% negli anni 2000. Nel 2012, i cittadini con un’arma da fuoco in casa erano il 34%. Ma il dato per certi versi più sorprendente è che il calo riguarda anche gli Stati del Sud e quelli del Far West, dove la cultura di pistole e fucili è fortemente radicata. Questi dati contrastano con quelli, emersi dopo la strage alla scuola elementare Sandy Hook di Newtown, in Connecticut, che evidenziavano un vero e proprio boom nella
vendita di armi. Ma secondo gli esperti questa discrepanza potrebbe avere una spiegazione: non sta aumentando il numero degli acquirenti per il semplice motivo che chi è già proprietario di pistole e fucili ne sta comprando di più. “Credo che l’aumento delle vendite sia limitata agli attuali possessori, che stanno comprando sempre più armi – ha spiegato al New York Times Daniel Webster, direttore del Johns Hopkins Center for Gun Policy and Research -. Le indagini più affidabili indicano che nel tempo si è verificato un calo della percentuale di famiglie che possiedono una pistola”. Resta molto scettica sui risultati della ricerca la National Rifle Associtation (Nra), potentissima lobby delle armi. Secondo la Nra i numeri sulle vendite sono in forte aumento, così come le persone che frequentano corsi per imparare a sparare. Come si può facilmente intuire è guerra di numeri.