Lacrime e sangue durante la maratona di Boston, in pieno centro. Due esplosioni hanno causato tre morti (tra cui un bimbo di otto anni) e oltre un centinaio di feriti, vicino al traguardo della corsa. Impressionanti le immagini riprese dalle telecamere, con la nuvola di fumo che si alza al lato della strada, lo spostamento d’aria, gli atleti che cadono a terra. E le grida di paura che, dopo pochi istanti, diventano il rumore predominante. I marciapiedi sono sporchi di sangue. Altri ordigni sono stati fatti brillare dagli artificieri. Evacuato il centro della città, chiuse le linee di telefonia mobile, per evitare l’innesco di nuove bombe via cellulare. Allerta massima a New York e Washington. Gli Stati Uniti – e tutto il mondo – tornano con la mente a quel maledetto 11 Settembre 2001. Nessuno vuole pronunciare la parola terrorismo, fa troppo male. Eppure, mettendo uno accanto all’altro i dettagli, è certo che ci fosse un piano ben organizzato per gettare nel panico l’America. L’Fbi conferma: è terrorismo. L’America torna a sentirsi fragile e insicura. Dopo un paio di ore dagli attacchi Obama parla in diretta tv: “Non so chi è stato e perché l’abbia fatto, ma state certi che arriveremo a prendere i responsabili”.

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