Ma cosa deve fare Obama?
Molti criticano gli Stati Uniti per la guerra contro l’Isis. Se la prendono con Obama per gli errori fatti in politica estera e l’appoggio dato a questo o a quel regime, a seconda del momento e della convenienza. Lo insultano perché, nonostante le belle parole – vedi discorso al Cairo (video) – che gli hanno fruttato il Premio Nobel per la Pace (che peraltro non si è assegnato da solo), non ha esitato a fare fuoco contro i regimi considerati “scomodi”, direttamente o foraggiando le forze di opposizione. Ora, di sicuro l’amministrazione Usa ha le proprie responsabilità: quanti errori ha fatto Obama… e prima di lui Bush, Clinton e Bush padre. Ma non sono indenni da colpe Reagan, Carter, Ford, Nixon, Lyndon Johnson, Kennedy e molti altri prima di loro. Quale presidente americano non ha fatto errori di valutazione?
L’intervento contro i terroristi dell’Isis è scattato senza “copertura giuridica” sul piano del diritto internazionale (gli Usa hanno risposto alle critiche mosse dall’Iran dicendo che gli attacchi sono scattati in difesa dell’Iraq), poi ha ricevuto l’avvallo delle Nazioni Unite: “In Iraq e Siria vediamo livelli di barbarie sempre più profondi ogni giorno che passa, e ripercussioni devastanti in tutta la regione”, ha detto il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, parlando all’Assemblea Generale. “Abbiamo bisogno di un’azione decisiva per fermare le atrocità. Gli estremisti sono una chiara minaccia alla pace e sicurezza internazionale che richiede una risposta con più facce”. Ban ha puntualizzato che le zone colpite dai raid (controllate dall’Isis) sono ormai fuori dal controllo del governo siriano e, quindi, non sussiste una violazione dei confini siriani, come reclamato da Damasco Alla fine il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato, all’unanimità, una risoluzione che chiede a tutti i Paesi di impedire il reclutamento e il trasferimento di combattenti stranieri che tentano di unirsi alle milizie dello Stato islamico. Insomma, la comunità internazionale, sia pure con una lentezza imbarazzante, ha fatto quadrato.
Abbiamo visto tutti cosa sono stati capaci di fare i tagliagole dell’Isis, non solo per le barbare esecuzioni filmate e pubblicate su Internet per diffondere il terrore nel mondo. Esecuzioni che purtroppo continuano senza sosta. Ma vorrano dire qualcosa anche i drammatici racconti fatti dai cristiani iracheni, costretti a lasciare le loro case, e quelli resi dagli yazidi? Si fatica a pensare che sia vero quanto ci hanno raccontato: donne e bambini sepolti vivi. Scene da brividi.
Non possiamo (non potevamo) andare troppo per il sottile in una fase come questa. Giusto fare analisi e comprendere – se ne ve sono – le responsabilità. Chi ha aiutato l’Isis, come hanno fatto questi terroristi a diventare così forti, chi li ha favoriti (e come). Ora però l’emergenza è un’altra. Fermare questi pazzi assassini. L’America, con tutti i suoi difetti e i suoi limiti, si è tirata su le maniche. Decine di Paesi (in tutto una quarantina) si sono uniti nello sforzo. L’obiettivo è sconfiggere l’Isis.
Poi servirà una risposta politica. Perché le bombe, da sole, non bastano. Lo spiega bene l’ex ministro degli Esteri, Emma Bonino, in un’intervista al Giornale di Sicilia. “Quello che trovo più preoccupante di questa ennesima coalizione dei volenterosi o meglio coalizione degli ambigui, come giustamente l’ha definita Guido Olimpio, non è solamente la recente non brillante esperienza in Iraq o Libia, ma la ripetuta assenza di una decisione formale del Consiglio di Sicurezza e la mancanza di una strategia esplicita post bombardamenti”.
Anche il Vaticano, fermamente contrario a ogni guerra, ha preso atto di ciò che sta accadendo e della necessità di porre fine una volta per tutte alla barbarie dell’Isis. Emblematico ciò che ha detto il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, in un’intervista alla Stampa.“In questi casi il pericolo è sempre quello dell’escalation incontrollata, che può nascere quando si usano le armi, ma il Papa è stato molto chiaro: l’aggressore deve essere fermato”. E l’aggressore non si ferma con le parole. La Chiesa non è, improvvisamente, diventata guerrafondaia. Semplicemente si è resa conto che bisogna fare qualcosa prima che sia troppo tardi.