Usa, l’Isis nelle elezioni di Midterm
L’Isis ovviamente preoccupa gli americani. Ma con alcune significative differenze tra democratici e repubblicani, come rivela un sondaggio del Wall Street Journal. Tra gli elettori del Gop, infatti, la maggiore preoccupazione è rappresentata proprio dai terroristi islamici, mentre per i democratici sono il lavoro e l’economia i temi più importanti in vista delle elezioni di metà mandato del 4 novembre, quando saranno rinnovati la Camera e un terzo del Senato.
Checché se ne dica l’interesse per queste elezioni non è molto alto: per i sondaggi è minore rispetto alle elezioni del 2006 e del 2010, probabilmente a causa della bassissima popolarità di cui gode il Congresso nell’opinione pubblica: il lavoro di Capitol Hill, infatti, è approvato solo dal 12% degli intervistati. L’interesse è più forte tra i repubblicani, che sperano di strappare ai democratici i sei seggi necessari per avere la maggioranza anche in Senato, in modo tale da mettere sotto tutela l’amministrazione in attesa delle presidenziali del 2016.
Il sondaggio del Wsj evidenzia un altro dato interessante: il 41% dei repubblicani ritiene che la risposta militare degli Stati Uniti all’Isis sia l’argomento più importante da considerare per decidere come votare. Solo il 18% dei democratici, invece, la pensa allo stesso modo, mettendo l’argomento al quinto posto in una classifica guidata dalla crescita economica, dalla fine dello stallo in Congresso e dalla sanità. Complessivamente è salito il consenso (dal 34% al 41% rispetto a un mese fa) per un’azione militare statunitense contro l’Isis che preveda anche l’uso di truppe da combattimento. Tra gli intervistati, il 55% non è d’accordo con la linea scelta da Obama per affrontare l’Isis e per il 61% l’azione militare contro gli estremisti è nell’interesse nazionale.
La campagna elettorale dei repubblicani si basa soprattutto sulla lotta all’Isis, sull’immigrazione e sul debito, tematiche con cui il Grand Old Party spera di soffiare voti ai democratici, indeboliti anche dall’ormai scarso consenso di cui gode il presidente Obama.