Hillary1_Nel giorno che segna l’inizio ufficiale della sua campagna elettorale Hillary Clinton scherza sull’età (sarei la donna più giovane che diventa presidente) e sui capelli (ormai li tingo da tempo). Battute e sorrisi servono per cercare di addolcire l’immagine di una donna di potere che, per essere eletta alla Casa Bianca, deve sforzarsi di sembrare più umana e meno macchina da guerra. Si gode il bagno di folla radunata a Rossevelt Island, isoletta sull’East River, tra Manhattan e il Queens. La acclamano e la chiamano già “Madam President”. Lei punta al sodo e si rivolge alle famiglie che “hanno portato il Paese sulle loro spalle” nei lunghi anni della crisi: “Ora è arrivato il vostro momento”. Il suo messaggio si basa tutto su uno slogan: “Basta con i privilegi per pochi. Stiamo ancora lottando per uscire dalla crisi ed è ora che i benefici della ripresa siano per tutti. Per questo voglio correre per la presidenza degli Stati Uniti”. Un messaggio che strizza l’occhio alla platea di sinistra e che cerca di prendere le distanze, sia pure (per il momento) solo a parole, dalla parte della società più ricca e potente, quei “poteri forti” che risiedono a Wall Street (e non solo).

Lei va giù pesante contro l’America dei privilegi: “Non ci può essere prosperità solo per gli amministratori delegati e per i manager degli hedge fund. La democrazia non può funzionare solo per i miliardari e le società quotate in Borsa”. Basteranno queste parole a calmare le “bizze” di Bill De Blasio e della senatrice Elizabeth Warren, che rappresentano l’ala più liberal dei democratici? Staremo a vedere.

HillaHillary2ry parte pigiando forte sulla “sinistra” e promette: misure per rafforzare le famiglie e le medie e piccole imprese; lotta alle discriminazioni razziali o omofobiche; riforma dell’immigrazione non fondata sulle espulsioni; diritti delle donne alla stregua dei diritti umani; pressing nella battaglia contro i cambiamenti climatici. Tutti temi che, osserva, la destra continua non solo a snobbare ma addirittura ad ostacolare: “Tra i repubblicani ci può essere qualche voce nuova nel coro. Ma tutti cantano sempre la stessa canzone. E quella canzone è “Yesterday”. E i forti applausi mostrano il gradimento. Il messaggio, arrivato forte, è al suo probabile vero avversario della destra, Jeb Bush, che scenderà ufficialmente in campo lunedì. Ma anche al più giovane Marco Rubio, che su alcune posizioni è ancora più a destra dello stesso Bush.

Non poteva mancare l’omaggio al marito, ex presidente Bill Clinton, ancora molto amato dagli americani. Poi Hillary si concede una confidenza sulla famiglia di origine, rompendo una riservatezza fino ad ora mai violata. Ricorda, infatti, i sacrifici fatti da sua mamma. E’ proprio a Dorothy Rodham che Hillary affida il ruolo simbolico dell'”americana comune” a cui chiede voti. Una donna che è riuscita a trasformare la sua vita, da un inizio caratterizzato dall’abbandono e dalla solitudine, alla middle class dei sobborghi e poi alla figlia first lady e senatrice. Scomparsa nel 2011 all’età di 92 anni, riuscì ad offrire alla figlia ciò che a lei era mancato: una famiglia stabile e il college, ma soprattutto forza e carattere. Nel corso della sua prima campagna elettorale, nel 2008, Dorothy aveva fatto qualche comparsa agli eventi pubblici della figlia. Nata nel 1919 a Chicago, Dorothy, figlia di genitori presto divorziati, fu inviata dai nonni – assieme alla sorella – quando il padre pompiere non riuscì più a mantenerle ad Alhambra, in California. Nonni molto rigidi da cui Dorothy scappò quando aveva 14 anni per andare a lavorare come donna delle pulizie mentre ancora frequentava il liceo. La madre e il nuovo marito si rifiutarono, come invece avevano promesso, di pagarle l’università, offrendole di farla lavorare da loro come colf. Nel 1937, l’incontro con il futuro marito, cercando lavoro come segretaria alla Columbia Lace, dove lui lavorava come venditore. Dopo il matrimonio nel 1942 la coppia si trasferisce nel suburb di Park Ridge, dove Dorothy accudisce i tre figli, Hillary, e i due fratelli più piccoli.

Il padre era repubbli cano, la madre no. E spesso Hillary – come ha raccontato – interveniva a fare da paciere, per accreditarsi al centro dello spettro politico in tempi di minor polarizzazione delle posizioni. “Sono stata la figlia che ha potuto beneficiare di opportunità a cui mia madre non ha mai neanche potuto sognare”, ha detto più di una volta Hillary. E continuerà a farlo, promettendo agli americani lo stesso diritto di sognare un futuro migliore.

Hillary3La promessa finale della Clinton: “L’America deve continuare ad affermare la sua leadership per la pace, la sicurezza e la prosperità nel mondo”. E come si può raggiungere questo obiettivo ambizioso? “Si deve prima di tutto essere forti in casa propria. Per questo dobbiamo rivitalizzare la nostra democrazia“. Sul palco alla fine salgono il marito Bill, la figlia Chelsea con il marito (il banchiere Marc Mezvinsky).  Il quadro familiare si compone. L’ex first lady ed ex segretaria di Stato lancia la sua sfida. Obiettivo (difficile ma non impossibile) la Casa Bianca.

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