Usa 2016, Jeb Bush in crisi
Aveva iniziato la corsa delle primarie repubblicane come favorito, vuoi per il cognome “pesante”, vuoi per l’esperienza politica alle spalle (governatore della Florida) e i suoi forti legami coi latinos (la moglie è messicana). Ma soprattutto per la straordinaria capacità della sua famiglia di raccogliere fondi. Ora però Jeb Bush se la passa male. Secondo l’ultimo sondaggio di Wall Street Journal e Nbc Donald Trump è in testa con il 25% dei consensi (dal 21% della fine di settembre), mentre l’ex neurochirurgo Ben Carson è ben saldo al secondo posto con il 22%. Dietro il senatore di origini cubane, Marco Rubio, con il 13%. Bush, che solo lo scorso giugno era primo al 22%, è crollato all’8%, tra il 9% del senatore texano Ted Cruz, vicino ai Tea Party, e il 7% di Carly Fiorina, ex amministratore delegato di Hp.
Agli occhi dei donatori, però, Bush continua ad essere un candidati su cui credere. Nel terzo trimestre 2015 l’ex governatore della Florida ha raccolto 13,4 milioni di dollari; fra i candidati repubblicani è secondo solo a Carson (l’ex neurochirurgo iper-conservatore è arrivato a 20 milioni). Cruz ha raccolto 12,2 milioni, l’ex ceo della Hp, Fiorina, 6,8 milioni; Rubio 6 milioni, il senatore del Kentucky Rand Paul 2,5. Un’altra prospettiva molto interessante da osservare è quella dei “soldi in tasca” ai candidati, che misura il rapporto tra quanto raccolgono e quanto spendono. Bush, che ha una campagna molto dispendiosa, e che partì in giugno con una dote di 114 milioni di dollari, ha 10,3 milioni, meno di Rubio (11), Carson (11,5) e Fiorina (13,5). I dati sui soldi raccolti significano che il partito (e i suoi sostenitori tradizionali) non si riconoscono (o non amano troppo) il trio anti-politica Trump-Carson-Fiorina. Continuano a sperare in un politico vero, prima che sia troppo tardi. Trump ha raccolto quasi 4 milioni in donazioni (fatte da circa 75 mila persone). Giù ricco di suo Trump non ha neanche bisogno di pagarsi pubblicità perché radio e tv gliene fanno ampiamente, dando continuamente conto delle sue battute. Sembrerà strano ma sino ad ora le sue voci maggiori di spesa sono per i cappellini e le magliette con il suo logo che Trump regala ai comizi (825 mila dollari) e quelle per il jet privato (725 mila dollari).
Ma Trump ha ancora margini di crescita? Ancora presto per dirlo. La corsa deve ancora iniziare. Si partirà dall’Iowa, con i caucus del 1° febbraio. Poi toccherà al New Hampshire una settimana dopo. Dopo South Carolina (20/2) e Nevada (23/2), arriverà l’attesissimo Super Tuesday, con la sfida in contemporanea in ben dodici Stati e 624 delegati in palio. Dopo sarà tutto molto più chiaro. Per ovvie ragioni partire con il piede sbagliato sarebbe mortale per chiunque. Ecco perché le prime vere sfide, anche se poco importanti come numero di delegati (in Iowa e New Hampshire sono in gioco appena 53 delegati) saranno già decisive. Impossibile sbagliare. Vale per tutti ma in primo luogo per i “politici” (Bush, Rubio e Ted Cruz).