Giuliani, l’uomo forte di Trump
L’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani (72 anni), dovrebbe ottenere una carica molto importante nell’amministrazione Trump. Si parla di quella di segretario di Stato o anche segretario alla Giustizia o alla sicurezza interna. Divenuto famoso per la “tolleranza zero”, dapprima quando era procuratore di New York, poi come sindaco, liberò la sua città dalla malavita e ne guidò la rinascita subito dopo gli attacchi dell’11 Settembre.
Nato a Brooklyn nel 1944 in una famiglia italo-americana, dopo il liceo fa diversi lavoretti per mantenersi agli studi, laureandosi a pieni voti alla New York University Law School. Dopo un tirocinio in uno studio legale, inizia la sua carriera pubblica nel mondo della giustizia. Nel 1973 diventa capo della sezione narcotici e due anni dopo assistente del vice ministro della Giustizia, trasferendosi a Washington. Dal 1977 al 1981 torna a New York, dove svolge l’attività di brillante avvocato.
Nel 1981 Ronald Reagan lo nomina procuratore generale associato, la terza carica nel dipartimento alla Giustizia. Due anni e torna a New York, come procuratore federale del South District di New York. Si occupa della lotta alla droga e al crimine organizzato, guadagnandosi l’appellativo di “procuratore di ferro“. In quegli anni collabora anche con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nelle indagini su mafia e narcotraffico. Nel suo mirino non solo la criminalità organizzata e la cosiddetta microcriminalità, ma anche la corruzione tra i colletti bianchi (corruzione a Wall Street e non solo) e i funzionari di governo.
Forte della sua reputazione da duro e dei risultati ottenuti, nel 1989 si candida come sindaco di New York con i Repubblicani, ma viene sconfitto dal democratico David Dirkins. Quattro anni dopo ci riprova, con successo, diventando il primo repubblicano sindaco della “città che non dorme mai”. Fronteggia con piglio decisionista un periodo molto difficile per New York: un milione di cittadini in difficoltà economica, un tasso di criminalità altissimo e la droga che circolava a fiumi. Nei primi anni di mandato riduce di un terzo i reati più gravi e della metà il tasso di omicidi e ottiene un calo del 40% per le sparatorie che coinvolgevano la polizia e la violenza nelle carceri.
Ma non sono solo rose e fiori per la giunta Giuliani, criticata per i forti tagli al welfare, i problemi irrisolti del sistema scolastico e la disparità di trattamento tra i cittadini bianchi e quelli di altre etnie. Il sindaco di origini italiane viene attaccato duramente anche per l’atteggiamento poco conciliante con la stampa. Nonostante ciò nel 1997 Giuliani èconfermato alla poltrona di primo cittadino. Dopo quattro anni, con la strage dell’11 Settembre, diventa il simbolo della resistenza americana contro il terrorismo. Guida la città dopo la distruzione del World Trade Center, lavorando a stretto contatto con il presidente George W. Bush. Il Time gli dedica una copertina come “persona dell’anno”.
La sua vita è una continua sfida, fino a quella più dura, quella contro il cancro alla prostata. Per curarsi abbandona la corsa al Senato (seggio di New York), aprendo la strada alla scala di Hillary Clinton. Guarito, torna alla vita privata, svolgendo attività di consulente in vari settori. Nel 2008 la grande decisione di ributtarsi in politica: decide di candidarsi alla nomination repubblicana per la presidenza, ma dopo un inizio troppo debole, rispetto alle aspettative (e pochi soldi raccolti) si ritira decidendo di appoggiare John McCain. Nell’ultima campagna elettorale dà il proprio endorsement a Trump, portandogli in dote il credito conquistato nella lotta al terrorismo.
Dopo aver lasciato la guida di New York, Giuliani guadagna milioni di dollari con la sua società di consulenze, lavorando non solo negli Usa ma anche per governi e partiti stranieri. Tra i clienti della sua società figuravano, nel 2011, il partito iraniano in esilio dei Mujahedin e-Khalq, noti come i Mujahedin del Popolo, che pagò l’ex sindaco per pronunciare un discorso in cui si chiedeva al dipartimento di Stato di rimuoverli dalla lista delle organizzazioni terroristiche (obiettivo raggiunto nel 2012). Ma la consulenza che potrebbe far discutere, in caso di una sua nomina a Foggy Bottom, è quella per TransCanada, la società canadese che si è vista bloccare dall’amministrazione Obama la costruzione dell’oleodotto Keystone (Trump ha annunciato di voler invece dare via libera al progetto).
Queste consulenze secondo alcuni potrebbero costare a Giuliani la guida del dipartimento di Stato. Il rischio di uno scandalo (simile a quello dei soldi di alcuni Stati del Golfo alla fondazione Clinton) potrebbe indurre il presidente a non dargli la poltrona degli Esteri. Ma se così fosse per Giuliani potrebbe spuntare un altro incaricodi peso. Perché, costi quel che costi, Trump vuole Giuliani nella sua squadra.