Madison, Hamilton e Jay: attuali ancora oggi
Questo post non parla di attualità ma del pensiero (sempre attuale) di tre grandi personaggi della storia americana: James Madison (quarto presidente), Alexander Hamilton (primo segretario del Tesoro) e John Jay, primo presidente della Corte Suprema. A ricordarceli è “Giuditta’s files”, la newsletter dell’onorevole Daniele Capezzone (Conservatori e Riformisti).
“Una rilettura obbligata – scrive il deputato – per chiunque voglia riflettere sull’organizzazione di una società, sul rapporto tra stato e cittadino, sul senso di una costituzione e delle leggi, è quella dei “Federalist Papers“, gli ottantacinque articoli (in realtà si tratta di saggi illuminanti) che furono pubblicati con lo pseudonimo ‘Publius’ per convincere i membri dell’assemblea dello stato di New York a ratificare la Costituzione americana. Gli autori erano tre giganti: Madison, Jay e Hamilton”.
Nel suo paper (il numero 10) Madison spiega perché l’unione (cioè la federazione) sia il modo migliore per controllare gli scontri e la violenza delle fazioni. Queste ultime non vanno cancellate o contrastate, perché ne soffrirebbe la libertà. Ciò che serve è “controllare gli effetti della divisione e della diversità, stabilire la giusta ‘distanza’ (né troppo vicino, né troppo lontano) tra governi e cittadini, precisando cosa debba essere ‘locale’ e cosa ‘federale’, e ricordare – quindi – che non esiste un unico ‘popolo’, ma gruppi e nuclei diversi di cittadini”. La politica fa bene il proprio dovere quando regola il confronto-scontro tra fazioni, e riesce a bilanciare interessi diversi in una società differenziata. Capezzone osserva: “Paper altamente consigliato per i populisti”.
In un altro paper, il 51, Madison si sofferma sui tre poteri (il legislativo, l’esecutivo e il giudiziario), chiarendo che devono sempre scaturire dai cittadini. “E occorre che siano assolutamente separati. Non siamo governati da angeli: a volte, semmai, dal contrario degli angeli. E allora la prima medicina è la limitazione del potere, la logica dei pesi e contrappesi (checks and balances), e la prevenzione di ogni sovrapposizione tra di loro”. In questo caso Capezzone osserva che “il paper è vivamente consigliato rispetto al ritorno di tentazioni autoritarie”.
Nel paper 84 Hamilton spiega perché, a suo modo di vedere, la Costituzione sia sufficiente, e non occorra in aggiunta un “Bill of rights“. In altre parole la salvaguardia dagli abusi del potere è già insita nella Costituzione. Con un rischio: “Elencare in modo dettagliato alcuni diritti potrebbe far pensare che il cittadino possa godere solo di quelli, o addirittura lasciar intendere che il potere sia autorizzato a limitarli e conculcarli”. Il cittadino, dunque, non è libero di fare solo ciò che è esplicitamente indicato da costituzione e leggi, può fare tutto ciò che vuole tranne ciò che sia esplicitamente vietato. Una differenza, questa, non di poco conto (lo devono rileggere, suggerisce Capezzone, i progressisti poco liberali).