Jim MattisUn altro pezzo da novanta dell’amministrazione Usa se ne va. Si tratta del capo della Difesa, Jim Mattis. Ha lasciato dopo che Trump ha annunciato, a sorpresa, il ritiro delle truppe Usa da Siria e Afghanistan. Mattis ha detto che lascerà il Pentagono entro la fine di febbraio. E ha spiegato così, nella lettera consegnata alla Casa Bianca, la propria scelta: “Poiché ha il diritto (il presidente, ndr) di avere un segretario della Difesa le cui vedute siano meglio allineate con le sue, su queste e altre materie, credo sia meglio per me fare un passo indietro”.

Mattis ha fatto riferimento ai disaccordi con il presidente: ha sottolineato che gli alleati degli Usa dovrebbero essere valutati e rispettati e che servirebbe un “approccio non ambiguo” verso Cina e la Russia. Accuse, queste, a ben vedere molto gravi. “Una convinzione fondamentale che ho sempre sostenuto – ha detto Mattis facendo riferimento alla coalizione di 74 nazioni che combatte l’Isis in Siria e Iraq – è che la nostra forza come nazione è inestricabilmente legata alla forza del nostro sistema unico e completo di alleanze e partnership”. E ancora: “Mentre gli Stati Uniti rimangono una nazione indispensabile nel mondo libero, non possiamo proteggere i nostri interessi o servire efficacemente questo ruolo senza mantenere forti alleanze e mostrare rispetto verso quegli alleati”.

MattisGenerale pluridecorato, Mattis era andato in pensione dalla Marina Militare nel 2013, dopo 41 anni di carriera e la guida delle operazioni statunitensi in Kuwait, Afghanistan e Iraq. Considerato, da molti, come un argine contro gli “estremismi” di Trump, l’uscita di scena di “Mad Dog” (cane pazzo è il soprannome di Mattis) apre nuovi scenari tutti da valutare, aggiungendo incertezza sulle future scelte dell’amministrazione rispetto alle diverse sfide globali. Il nuovo segretario alla Difesa dovrà occuparsi non solo del fronte siriano e afgano, ma anche dei rapporti con il leader nordcoreano Kim Jong-un, e di quelli con l’Iran, la Cina e la Russia.

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