Primarie Usa, i soldi non sono tutto
A contendersi la nomination democratica saranno in due: Bernie Sanders e Joe Biden. Uno di loro sfiderà Trump alle presidenziali del 3 Novembre. Dopo il gran successo del Super Tuesday Biden si è portato in testa come numero di delegati: ne ha 637 contro i 559 di Sanders. Per ottenere la nomination ne occorrono 1.991. Come si vede, quindi, la corsa è ancora lunga. Biden potrà contare sul sostegno di alcuni candidati che, nel frattempo, si sono ritirati: Pete Buttigieg, Amy Klobuchar e Michael Bloomberg. Si è ritirata anche Elizabeth Warren, senatrice ultraliberal del Massachusetts. Non ha ancora dato l’endorsement a nessuno, ma non esclude di poterlo fare in futuro. Era partita bene, sondaggi alla mano. Poi quando si è iniziato a fare sul serio, in Iowa, New Hampshire, Nevada e South Carolina, è andata maluccio. E non è rtiuscita neanche a vincere nel suo stato: in Massachusetts è arrivata terza col 21,5%, dietro a Biden (33,4% )e Sanders (26,7%).
Alcuni sono convinti che i miliardi di Bloomberg saranno decisivi per la vittoria di Biden. Ma non è così scontato, anche perché, come più volte dimostrato, i soldi (da soli) non fanno la differenza. Certamente l’apporto finanziario che Bloomberg fornirà sarà di grande aiuto per la campagna elettorale democratica. Ma in passato Trump ha dimostrato di essere in grado di sovvertire tutte le previsioni, sconfiggendo, nelle primarie repubblicane del 2016, chi aveva raccolto più soldi di lui. E riuscendo a vincere (primarie ed elezioni) senza svenarsi, anzi, spendendo molto meno di quanto aveva messo in conto. Questo per la sua straordinaria capacità di conquistare l’attenzione mediatica senza dover investire ingenti capitali per ottenere il risultato.
Biden è il più amato dall’establishment democratico. Questo sicuramente l’ha aiutato nel Super Tuesday, specie nella forte e decisiva mobilitazione dell’elettorato afroamericano. D’altro canto Sanders può continuare a giocare il ruolo dell’antisistema, del candidato in grado di attrarre voti di persone deluse e lontane dalla politica (soprattutto giovani). Decisivi, per capire se il senatore del Vermont avrà delle chance per la vittoria, saranno gli appuntamenti elettorali del 10 marzo e 17 marzo. Il 10 si vota in sei Stati, fra cui il Michigan (125 delegati), Washington (89) e Missouri (68). Il 17 marzo sarà la volta della Florida (219 delegati), dell’Illinois (155) e dell’Ohio (136), oltre all’Arizona (67).
Il Michigan, stato industriale, sarà decisivo per le ambizioni di Sanders: lo fu anche per la vittoria di Trump nel 2016. Con 10,05 milioni di abitanti, le minoranze sono così suddivise: 13.81% afroamericani, 5% ispanici, 3.06% asiatici. La governatrice Gretchen Whitmer (democratica) ha comunicato il proprio endorsement per Biden. Secondo Politico una vittoria di Biden anche nel Michigan potrebbe porre fine alla corsa di Bernie Sanders. Guarda tutte le statistiche sul Michigan