Perché odiare Colombo?
Con la scusa delle proteste scatenate dall’uccisione di George Floyd a Minneapolis, negli Stati Uniti si è diffusa un’onda iconoclasta contro le statue di alcuni personaggi controversi. Tra questi incredibilmente è finito anche Cristoforo Colombo, l’europeo che per primo mise piede nel “Nuovo mondo”. A Houston (Texas) qualcuno ha dipinto di rosso le mani e la testa della statua di Colombo (guarda la foto), mettendo anche un cartello con la scritta: “Tagliare la testa al nostro oppressore”. A Boston (Massachusetts) una statua del navigatore genovese è stata decapitata. Un’altra a Richmond (Virginia) è stata divelta e gettata in un lago. Stessa sorte per la statua posta davanti al Campidoglio di Saint Paul, nel Minnesota.
A New York la polizia ha organizzato la sorveglianza della statua posta a Columbus Circle, a Manhattan, al confine con Central Park. La statua si trova di fronte al Trump International Hotel. Andrew Cuomo, governatore dello stato di New York, ha detto di “capire i sentimenti contro Colombo e su alcuni dei suoi atti”, ma ha poi sottolineato che la statua dell’esploratore “rappresenta l’eredità e il contributo degli italoamericani” al Paese.
Non è la prima volta che Colombo finisce al centro delle polemiche. Tre anni fa Los Angeles il consiglio comunale decise di sostituire il Columbus Day con l’Indigenous and Native People Day, la festa delle popolazioni indigene e native. La stessa decisione venne adottata a Seattle, Minneapolis, Albuquerque, Phoenix e Denver.
Il paradosso è che senza quel pezzo di storia di cui Cristoforo Colombo indubbiamente fa parte gli americani di oggi non esisterebbero. O, forse, sarebbero molto diversi. Come spiegò il filosofo conservatore Roger Scruton i neo iconoclasti “vogliono i benefici dell’Occidente senza i sacrifici che questi hanno comportato. È il nuovo ‘dream world’ di gente che deve dimostrare di essere virtuosa”.
Ma cosa viene contestato a Colombo? Non tanto la sua scoperta quanto le conseguenze di ciò che fece in seguito sulle persone che vivevano, in quell’epoca, nel Nord America (vedi genocidio di Taìno). I movimenti a favore dei nativi americani si fecero più forti negli anni Novanta, ponendosi al centro del dibattito storico a partire dalla pubblicazione di un libro di Howard Zinn (Storia del popolo americano dal 1492 ad oggi), che affrontava il punto di vista dei popoli oppressi. I difensori di Colombo hanno sempre ribattuto soprattutto su un punto: le violenze commesse dagli spagnoli avvennero soprattutto dietro ordini della monarchia spagnola.
Veniamo a tempi più recenti. Il Columbus Day venne celebrato la prima volta nel 1869 dagli italo-americani di San Francisco. Fu solo nel 1937, per volere del presidente Franklin Delano Roosevelt, che divenne una festa di tutti gli Stati Uniti. L’evento più grande si svolge ancora oggi a New York, con la Columbus Parade, lungo la Fifth Avenue. Una grande festa con bande, carri e figuranti e la comunità italo-americana orgogliosamente in prima fila. Umberto Mucci, presidente dell’associazione We The Italians, qualche anno fa in un’intervista disse che “il Columbus Day ormai è la celebrazione dell’italo-americanità, non di Cristoforo Colombo”.
Se oggi Colombo viene contestato dagli ambienti della sinistra radicale ma anche dagli anarchici, c’è stato un periodo in cui anche i suprematisti bianchi se la sono presa col navigatore genovese, per negare la sua scoperta dell’America, attribuita invece ai vichinghi.