Eliade&Culianu, un oceano di enigmi. Intervista a Horia Corneliu Cicortaş
Esattamente venticinque anni fa, nei bagni dell’Università di Chicago veniva freddato con un colpo alla nuca Ioan Petru Culianu. Sulla mano che premette il grilletto aleggia tuttora un mistero impenetrabile, che non ha mancato di generare varie ipotesi, da quelle politiche a quelle sentimentali, fino ad altre, esoteriche. Ma il destino di Culianu, studioso capace di spaziare dalla gnosi alla fisica quantistica, dalla storia delle religioni alle scienze cognitive, la cui vita è stata spezzata a soli quarantun anni, è inscindibilmente legato a quello del suo maestro, Mircea Eliade. Ne abbiamo parlato con Horia Corneliu Cicortaş, attento studioso di Eliade e curatore di alcuni suoi testi. Partendo proprio dallo studio di Culianu dedicato a Eliade…
Culianu scrive quel libro in italiano, a metà degli anni Settanta. Conosce bene la biografia del suo maestro, ma non in tutti i suoi dettagli: è solo grazie alle ricerche di Roberto Scagno che scopre qualcosa sul suo passato pubblicistico degli anni Trenta, gli articoli in cui simpatizza apertamente per il Movimento Legionario (noto come Guardia di Ferro) di Corneliu Zelea Codreanu. Una simpatia dovuta anche alla sua vicinanza al professor Nae Ionescu, considerato un fiancheggiatore di quel movimento ultranazionalista, e ad una serie di fattori, molto complessi, che Culianu comprenderà solo col tempo.
A libro appena consegnato, scopre gli attacchi politici mossi a Eliade da Furio Jesi e Alfonso di Nola, che gli rimproverano il suo passato, e pensa di aggiungervi una seconda appendice (la prima è dedicata ai rapporti di Eliade con l’Italia) dedicata a queste polemiche.
Nel dicembre del 1977, manda al suo maestro il testo di quest’Appendice, in cui cerca di spiegare le motivazioni alla base del testo teatrale Ifigenia (scritto alla fine del 1939 e rappresentato nell’inverno del 1941) e del suo libro Salazar e la Rivoluzione in Portogallo (del 1942). Le polemiche sull’Ifigenia sorgevano dal fatto che la scrittura della pièce sembrava ispirarsi o addirittura proporre un’apologia del sacrificio legionario, promosso e praticato dai guardisti di Codreanu.
Nell’attesa della risposta – che arriverà molto in ritardo, sembrerebbe per disguidi postali – redige una seconda versione del testo, non prima di essersi informato meglio sulla Legione e Codreanu. La spedisce nel gennaio 1978 a Chicago, dove Eliade vive e insegna da ventun anni, sempre per avere un parere e, eventualmente, un nulla osta.
Eliade riceve dunque entrambe le versioni. Cosa risponde?
Dopo aver letto la prima, scrive a Culianu, suggerendogli di non aggiungerla al libro (che, tra l’altro, aveva letto e prefato) ormai pronto per la stampa. Osserva che, poiché lo studio non si occupa delle sue opere letterarie, non ci sono motivi per soffermarsi sulle allusioni politiche di Ifigenia. Quanto al libro su Salazar, ricorda semplicemente di averlo scritto per una sorta di dovere diplomatico, in un periodo in cui la Romania era impegnata in una guerra pericolosa e rischiosa contro l’Unione Sovietica.
Le cose, però, si complicano, perché nel frattempo Culianu ha redatto una terza versione, per giunta già spedita ad Assisi, dove si trovava la sede della casa editrice La Cittadella, che di lì a poco avrebbe pubblicato il libro.
Un comportamento che rivela una certa ambivalenza nei confronti del suo maestro…
Esatto: da un lato, Culianu si comporta come un discepolo educato che non vuole prendere iniziative senza comunicarle al maestro; dall’altro, è spinto – sempre in quanto discepolo – dal desiderio di chiarire le cose e difenderlo da attacchi che gli sembrano ingiusti, esagerati o semplicemente fuorvianti. Quando riceve la risposta da Chicago (febbraio 1978), si precipita a telefonare ad Assisi per bloccare in extremis la pubblicazione della terza redazione del testo. Viene informato del fatto che non è stata aggiunta: il volume è già in stampa.
Un sospiro di sollievo, insomma.
Sì; ma inizia anche un cammino di difficile “convivenza” con le ombre del passato del maestro, al quale è legato non solo per ammirazione e affinità, ma anche per questioni accademiche.
Negli anni Ottanta, Culianu si troverà nella situazione imbarazzante di dover rispondere alle polemiche sul passato di Eliade e, al contempo, “smarcarsi”, per non venire identificato con una visione che non condivide per nulla.
“Apolitico” almeno fino alla morte di Eliade, Culianu si dà alla pubblicistica “impegnata” alla fine degli anni Ottanta, criticando con ironia sferzante e sarcastica il regime di Ceaușescu, quello neocomunista di Iliescu, l’Unione Sovietica ma anche il nazionalismo legionario interbellico, redivivo tra gli esuli anticomunisti del dopoguerra e tra i suoi esponenti sopravvissuti alle carceri, successivamente “riciclati” dal regime comunista, senza risparmiare nemmeno la Chiesa ortodossa. Un impegno, il suo, che potremmo chiamare laico e civico, il quale secondo alcune ipotesi è all’origine della sua morte violenta. Una morte che, al di là delle varie piste ipotizzate, resta avvolta nel mistero, lasciando dietro di sé un enorme senso di stupore, frustrazione e amarezza per il destino infranto di uno studioso acuto e geniale, stroncato all’apice della sua creatività.
Per tornare all’episodio del 1977-1987, resta comunque il mistero di questa terza redazione dell’Appendice. Le prime versioni, pubblicate in traduzione romena, sono conservate tra le carte di Culianu ora custodite dalla sorella. Della terza, stranamente, non c’è traccia: un dato che va ad assommarsi a quell’oceano di enigmi che fu la vita di Culianu.