«Libropolis»: piccoli editori a convegno
Pochi giorni fa si è chiusa a Pietrasanta, in provincia di Lucca, la seconda edizione di «Libropolis», rassegna a cadenza annuale tutta dedicata alla piccola editoria. Tra il 19 e il 21 ottobre, il chiostro di Sant’Agostino della piccola cittadina toscana si è trasformato in un periplo di esperienze intellettuali diverse eppure complementari, faglie aperte su un mondo che ancora attende un riconoscimento da parte della cosiddetta “cultura ufficiale”. Presieduto da Alessandro Mosti, «Libropolis» è un evento unico nel suo genere, intenzionato a diventare sempre più un punto di riferimento in quel frastagliato arcipelago che è la piccola editoria indipendente. È curioso che un’epoca come la nostra, tutta infatuata da “chilometri zero” e dalla riscoperta delle “piccole realtà”, non abbia ancora adeguatamente valorizzato questo mondo, tanto ricco quanto eterogeneo, nonché – ahinoi – tuttora schiacciato dai grandi gruppi che si contendono il mercato. D’altronde, basta fare un salto in libreria per assistere a un singolare paradosso: spesso maltrattata dai gruppi “generalisti”, che confezionano libri un tanto al chilo, l’arte libraria risorge oggi tra le mani di piccoli artigiani i quali, non di rado in assoluta povertà di mezzi, confezionano prodotti assai curati, scegliendo titoli che magari non sbancano immediatamente al botteghino – ecco perché sfuggono alla logica del “tutto e subito” dei giganti – ma che rimangono nel tempo, costituendo la galassia dei classici, di ciò che resiste al passare del tempo. Non mancano, per fortuna, auree eccezioni, come appunto la kermesse di Pietrasanta, che ha deciso di promuovere e investire in queste realtà, antidoti viventi alla volgarità di best-seller e affini, ideatori di nuove grammatiche e sintassi per provare a decifrare la contemporaneità.
In quell’assolato chiostro del XIV secolo, per tre giorni si sono dati convegno editori vecchi e nuovi, esponendo gioielli librari che non troverete impilati da Feltrinelli o Mondadori, e nemmeno annoverati tra i “più venduti” sui giornali, o nelle classifiche di Amazon e compagnia bella. Classici riproposti in edizioni molto curate accanto a nuovi autori, letterature che non hanno ancora un nome, argomenti in cerca d’autore…
Diciannove i protagonisti del «Festival dell’editoria e del giornalismo». Accanto a realtà storiche come Voland, Edizioni Bietti, Grego&Greco, Il Cerchio e Piano B, se ne sono affacciate altre più giovani, tra cui NovaEuropa, Oaks e Gog, metamorfosi di Circolo Proudhon, casa editrice legata a «L’Intellettuale Dissidente». È a queste ultime due realtà culturali – e ai loro referenti, gl’instancabili Sebastiano Caputo e Lorenzo Vitelli – che si deve la buona riuscita della manifestazione, che a latere di stand e banchetti librari ha visto una sequela di conferenze tenute da personaggi di primo piano nell’attualità politico-culturale del nostro Paese, da Oscar Giannino a Marcello Foa, da Giovanni Lindo Ferretti a Franco Cardini, da Stenio Solinas a Massimo Fini, da Gianfranco de Turris a Giampaolo Rossi. Ne è nata una serie di convegni dedicati ai più svariati argomenti, dalla geopolitica alla cultura, dall’economia alla società…
Oltre agli aspetti già segnalati, però, le tre giornate di Pietrasanta sono state un momento, per così dire, di coagulazione generazionale, in cui si è provato a sviluppare modalità d’indagine alternative a quelle con cui i media mainstream si condannano a leggere la realtà. Pensare altrimenti, insomma, come si diceva qualche decennio fa, operando nuove sintesi. In quel chiostro si sono (ri)trovate tre generazioni e se ne sta formando una nuova, allergica ai tic e ai tabù, ai dogmi e alle parole d’ordine su cui in molti – troppi – hanno edificato carriere. Ritrovatasi attraverso la Rete (e c’è ancora chi la demonizza acriticamente!), quella generazione si è finalmente confrontata, riflettendo in maniera differente sul futuro e sulle sue sfide. Iniziative del genere sono segni dei tempi. E i tempi stanno cambiando, anche se in maniera sotterranea. È singolare – fino a un certo punto – che siano realtà giovanili, vaccinate contro il politicamente corretto e le vecchie logiche dicotomico-calcistiche destra-sinistra a incarnare il mutamento in atto, riprendendo esperimenti del passato e calandoli nel presente. I tempi stanno cambiando, con buona pace delle vestali che ancora ragionano ancora per vecchi schemi triti e ritriti. Che dire? Dovranno farsene una ragione.