Diego Fusaro e Gabriele Morleo: un filosofo e un’artista “inattuali”
Diego Fusaro e Gabriele Morleo: un filosofo e un’artista “inattuali” contro l’egemonia del pensiero unico
Chi entra clandestinamente in Italia non va chiamato clandestino, potrebbe restarci male. Per indicare «colui che entra in un paese illegalmente vanno preferiti vocaboli più rispettosi, come «migrante irregolare», o «richiedente asilo», «rifugiato», «beneficiario di protezione umanitaria». Lo stesso termine «extracomunitario» può non essere appropriato – si legge nelle circolari dell’Ordine dei giornalisti diramate ai propri iscritti – e chiaramente occorre evitare espressioni che hanno valenza “dispregiativa” come ad esempio «Vu’ cumprà». Stesso discorso per il termine «zingaro», perchè è stigmatizzante e discrimina i nomadi. Anzi, nemmeno «nomadi» va usato, perché si riferisce a popolazioni che spesso non sono più nomadi, ma stanziali, e finisce con il ghettizzarli linguisticamente. Come dovremmo dunque definire gli zingari? Rom? No, perché non tutti sono di etnia Rom. Dunque? Non è dato sapere; quel che invece è certo è il rischio di incorrere non solo in sanzioni disciplinari del proprio Ordine ma anche nelle ire funeste degli apologeti del linguaggio politicamente corretto.
Chi scrive, per aver osservato che una donna in evidente sovrappeso non è curvy – neologismo post moderno di matrice anglofona per indicare una donna formosa – ma il termine corretto semmai sarebbe «grassa», è stata fatta oggetto di ingiurie e minacce pesantissime sui social network. Ma gli esempi non si esauriscono certo qui, l’onda del conformismo e del politically correct si è ormai impadronita del linguaggio quotidiano: basti pensare allo spazzino diventato «operatore ecologico» o al bidello sostituito dalla asettica dizione moderna «collaboratore scolastico».
Il Pensiero unico e il linguaggio
Questi modi di dire e queste parole non restano solo parole ma divengono concetti e convinzioni che ossessionano e imprigionano il libero pensare.
Chi esce dagli schemi diffusi del pensiero unico si trova a dover combattere con una massa addomesticata che, essendo assai compatta e numerosa, si ritiene forte e invincibile. Chi si oppone a questa visione viene immediatamente messo all’indice e bollato come soggetto indesiderabile e intollerabile, censurato e denigrato da coloro che sono al servizio della divulgazione convenzionale.
Anche di questo argomento – il fil rouge che lega il pensiero unico alla filosofia, al linguaggio e all’arte – si è parlato nel fine settimana appena trascorso a Civitanova Marche nell’ambito della rassegna culturale Futura Festival (22-31 luglio) giunto alla sua quarta edizione e di cui uno dei protagonisti indiscussi è stato il filosofo Diego Fusaro, che del pensiero unico ci ha dato la seguente definizione: “nuovo ordine simbolico che legittima, glorifica e santifica il nuovo ordine mondiale”.
Il pensiero unico e gli intellettuali
Con la lectio magistralis su Antonio Gramsci, che dell’egemonia culturale è uno dei massimi teorizzatori, e con il dialogo sul “pensiero unico” con il linguista Massimo Arcangeli moderato dall’artista concettuale Gabriele Morleo, Fusaro ha delineato lo scenario in cui oggi si trova ad operare un intellettuale non organico all’egemonia del pensiero unico.
“Gramsci – afferma Fusaro – sostiene che all’egemonia bisogna contrapporre una contro egemonia, un’alternativa. Oggi effettivamente è presente un’egemonia ingombrantissima del pensiero unico: occorre decostruirla e costruire una nuova categorizzazione della società che riformuli le mappe concettuali e abbandoni gli schemi dominanti “. Anche sul ruolo degli intellettuali Diego Fusaro è molto critico: “Essere intellettuali oggi è quasi un insulto, significa essere dei teologi del pensiero unico politicamente corretto di cui si accettano tutte le costruzioni di senso, dalla globalizzazione all’elogio del mercato unico mondiale, l’elogio della fine degli Stati nazionali sovrani e l’elogio dei governi tecnici con annessa demonizzazione di tutto ciò che non è organico come fascista, comunista, omofobo, populista, xenofobo, complottista e così via. Gramsci – continua il filosofo torinese – pensava invece all’intellettuale come una figura critica, in grado di far uscire le masse dalle gabbie del pensiero unico per portarle ad una concezione più alta che egli chiama filosofia della praxis. Una sua versione originalissima del marxismo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’artista Gabriele Morleo, che ha realizzato il progetto Antonio Gramsci: una voce antica nel vivo di noi stessi e che con Fusaro collabora attivamente. “Penso non si possa fare arte senza filosofia – afferma Morleo – il mio vero materiale è quello concettuale, sono i libri che leggo: cerco di dare una forma materica al pensiero. Il filosofo e l’artista, ognuno con i rispettivi linguaggi, devono far riflettere, provare ad urlare dei concetti nelle orecchie dei fruitori. L’arte deve costringere ad una riflessione sull’oggetto, l’opera esiste in quanto c’è qualcuno che ne fruisce e pensa ad essa. Come spesso spiega Diego Fusaro l’anima dell’oggetto è fatta dal soggetto”.
Il pensiero unico e l’arte
Secondo Morleo anche nell’arte assistiamo oggi ad un’appiattimento totale del pensiero. E questo snatura la missione stessa dell’arte, che è quella di produrre bellezza. “Non so se il suo compito sia quello di salvare il mondo – argomenta Morleo – ma certamente l’arte deve provare ad attraversare un percorso di felicità. Nella conferenza che ho tenuto al Futura Festival su Pierpaolo Pasolini, ho ribadito questo concetto: la felicità come risultato della bellezza. Nella odierna società dello spettacolo l’appiattimento e l’asservimento al pensiero unico dominate diventa sempre più violento, è l’arte diviene consolatoria. Pasolini stesso – continua Morleo – si è a lungo interrogato sul conformismo e l’omologazione, questo è il fil rouge che lega Gramsci, Pasolini e il pensiero unico: la volontà di superarlo”.
Volontà che oggi non sembra essere molto in voga fra intellettuali e artisti, proprio per questo motivo Diego Fusaro e Gabriele Morleo amano definirsi”inattuali” a fronte di un “potere” asservito ai dogmi del pensiero unico dominante, che spesso celebra figure come quella di Gramsci e Pasolini per dichiararli morti, museificarli e silenziarli definitivamente.