Nuovi “leghismi” crescono: anche il Sud rivendica la sua macroregione autonoma
A quanto pare non è solo il Nord a volere più autonomia dallo Stato centrale. E chi ce l’ha se la tiene ben stretta: «L’autonomia è la sfida del futuro anche a livello europeo non solo italiano: senza arrivare ai contrasti e agli scontri catalani, l’Europa deve fondarsi sulle autonomie». Si presenta così in Sardegna Matteo Salvini, che ieri è sbarcato a Cagliari per la prima manifestazione regionale del suo partito. Di autonomia nelle regioni del Sud aveva parlato anche Silvio Berlusconi, aderendo ai referendum indetti il 22 ottobre in Veneto e in Lombardia: bisognerebbe farli innanzitutto al Sud.
La proposta, in effetti, era stata ripresa dall’ex governatore campano, Stefano Caldoro, che nelle scorse settimane aveva lanciato l’ipotesi di un referendum consultivo per dare maggiore autonomia alla Campania, sebbene con riferimenti costituzionali ed ambiti amministrativi diversi da quelli oggetto dei referendum lombardo-veneti.
Ieri, però, la cosa ha cominciato a prendere corpo, sebbene in una logica non più regionale, ma comprendente l’intera “macroregione meridionale”: nel corso di un convegno molto partecipato organizzato dal movimento Idea di Gaetano Quagliariello, esponenti del mondo produttivo, accademico e giornalistico e rappresentanti delle principali sigle del meridionalismo identitario (Insorgenza Civile, Sud e Civiltà, Federazione Movimenti di Base) e civico (Io Sud, Primavera Irpina, L’Aquila che Rinasce) si sono confrontati, insieme allo stesso Caldoro, sull’ipotesi referendaria. «Il tentativo – ha spiegato il giornalista Alessandro Sansoni, promotore dell’iniziativa – è quello di creare una piattaforma referendaria sulla quale fare convergere realtà politiche e culturali anche molto differenti tra loro, ma con un minimo comune denominatore: la volontà di promuovere un referendum per l’autonomia del Mezzogiorno, inteso come passaggio propedeutico al suo rilancio economico e ad una rinegoziazione ad ampio raggio dei trattati europei, che oggi, soprattutto a causa della moneta unica, determinano uno squilibrio insostenibile per l’economia meridionale, rispetto ai suoi principali competitor». Sul tavolo delle proposte, anche l’istituzione di una Zona Economica Speciale unica che comprenda l’intero Mezzogiorno ed un’agenzia che si occupi di rilanciare gli investimenti pubblici per le grandi infrastrutture.
Il dibattito è stato favorito dall’introduzione alla questione del professor Antonio Palma, docente della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II, che ha fornito uno schema costituzionale e giuridico “base” su cui fondare la proposta referendaria, e supportato dalle osservazioni del ricercatore dello Svimez, Stefano Prezioso. Ad esso hanno preso parte realtà politico-associative provenienti da tutte le regioni del Sud Italia.
L’idea emersa è che, pur nelle differenze politico-programmatiche delle organizzazioni presenti che andavano da Idea e Forza Italia sino ai meridionalisti secessionisti e neo borbonici, sia possibile avviare un tavolo di confronto che porti alla costituzione di un tavolo di confronto e alla formazione di una serie di comitati referendari diffusi su tutto il territorio meridionale.
Proprio Caldoro e Quagliariello, nei loro interventi conclusivi, hanno proposto di percorrere “un tratto di strada assieme”, per rilanciare le ragioni del Mezzogiorno e ricollocarlo al centro dell’agenda politica nazionale.
Che ci si trovi all’alba di un nuovo leghismo di marca sudista?