Alberto Bagnai da Goofynomics.
(…chi sa perché è un QED, sa anche che, quindi, non deve preoccuparsi. Lasciate che si preoccupino gli altri. Ai lettori di questo blog la situazione è piuttosto chiara. Non credo siano stupiti del fatto che la coalizione fra un partito profondamente critico e uno profondamente europeista sia andata in crisi! Ieri se n’è accorto perfino Fabbrini (chi?) sul Sole 24 Ore! I miei lettori hanno avuto il privilegio di saperlo sette anni or sono…
Dice: “Ma allora perché ci avete governato insieme?” Io perché sono entrato in politica per obbedire: mi è stato ordinato di tenere in piedi questa strana coalizione, e l’ho fatto con lealtà, ben sapendo che al di là del valore e della dimensione soggettiva dei singoli colleghi, che continuo a stimare, le dinamiche oggettive del movimento in cui erano inseriti restavano quelle qui tante volte descritte, e che alla fine la saldatura fra loro e il PD, qui tante volte evocata, sarebbe comunque avvenuta. So anche che alla fine i migliori di loro verranno con noi. Ma naturalmente l’esperienza di governo ha avuto un significato che trascende la mia esperienza personale, ed è servita a fare tante cose: a cominciare a ridurre le tasse, a sburocratizzare, a difendere quanto restava del credito cooperativo, a mandare in pensione un po’ di persone che se lo meritavano, a porre sul tavolo il tema della governance di Banca d’Italia, che tante soddisfazioni ha dato ai nostri risparmiatori, a tentare di riportare un minimo di legalità e quindi di coinvolgimento del Parlamento nel negoziato con l’Europa – contro il muro di gomma dei ministri “tecnici”, ecc.
Ed è servita, soprattutto, a far capire agli ultimi che avevano qualche margine per capirlo – c’è anche chi non ne ha – che cosa siano PD e 5 Stelle.
Dice: “Ma ora che succede?” Niente. Proveranno a stare un po’ insieme, componendo con sempre maggiore difficoltà le loro contraddizioni interne – il cocktail fra cultura del sospetto grillina e la cultura politica piddina è altamente instabile, prevedo sedute esilaranti – e gestendo con la consueta subalternità quelle esterne. Il padrone gli ha promesso una ciotola di pappa, ma… arriverà!? Francia e Germania hanno già deciso di non rispettare le regole, ma questo non vuol dire che non ne possano imporre il rispetto a un paese che sanno ora in mano a un’élite culturalmente subalterna, a un paese che rappresenta all’esterno le proprie divisioni interne, anziché presentarsi compatto al proprio interlocutore (vedo male un premier lettone chiedere a un premier francese consigli su come comprimere un partner di governo ingombrante…). D’altra parte, la scansione temporale dei fatti è stata piuttosto eloquente. La nostra strategia era stata quella di dichiarare apertura alla von der Leyen affinché i socialisti, presi dal riflesso pavloviano “Salveenee phasheesta”, non la votassero. Tutto documentabile dai nostri interna corporis, come alcuni di voi già sanno. Ma anche chi non ne avesse avuto – o non ne abbia in futuro – l’evidenza documentale, dovrà riconoscere che un minimo di alfabetizzazione politica suggeriva questa strada, che ha funzionato! Ben 75 europarlamentari di maggioranza non hanno votato la von der Leyen, che quindi è passata per soli nove voti. Il Movimento 5 Stelle ha 14 europarlamentari, quindi il suo voto contrario sarebbe stato ampiamente sufficiente ad aprire una seria crisi in Europa: unica strada possibile per un serio ripensamento del progetto.
Ma i nostri leali alleati hanno scelto la continuità, e le cose sono andate come sappiamo.
Dice: “Ma perché non ce lo avete detto?” (me lo ha detto veramente uno di loro, uno dei migliori…). La risposta è semplice. Da un lato, perché ritenevamo fosse inutile. Come pensavate che avremmo reagito a un candidato espressione di quei paesi che con un gesto di inciviltà politica senza precedenti avevano negato una vicepresidenza a un importante gruppo di minoranza? Non avevamo alternativa, ed era ovvio che sarebbe stato così. D’altra parte, ritenevamo che comunicare coi 5 Stelle fosse dannoso. Dopo una campagna elettorale passata a insultarci, dopo una serie di segnali inquietanti anche in ambito parlamentare, chi ci garantiva che coordinandoci con loro non avremmo rischiato di frustrare la nostra strategia? Perché mai chi era stato premiato con una vicepresidenza, ed era in connessione diretta con un premier estremamente versatile, non sarebbe potuto andare dai socialisti a dire: “Guardate che a noi hanno detto che voteranno contro, non cascateci!” Ora che li vedete al governo col PD – se ci riescono – potrete capire che da loro potevamo aspettarci anche questo. Quindi abbiamo fatto una scommessa, molto rischiosa, sulla loro cultura politica. Sì, lo so, a voi viene da ridere… ma vi assicuro che non sono tutti come li vedete voi: c’è tanta brava gente, e c’è anche gente che ha esperienza, più della mia (ci vuole poco!). Peccato che, per qualche stranissimo motivo, la loro macchina sia fatta proprio apposta per segare chi l’esperienza se l’è fatta, attraverso il meccanismo del doppio mandato (che, detto fra noi, spiega l’attaccamento alla poltrona, e quindi al PD, dei grillini storici, quelli che certamente dovrebbero andarsene). Fatto sta che Ursula è passata, e lì si è capito chi era vassallo e chi no.
Se Salveenee phasheesta era nel mirino prima, figuriamoci dopo questa prova di coerenza! Quindi abbatterlo diventava una priorità. E come fare per scalzarlo? Semplice! Andargli contro sull’agenda economica, con la copertura politica dei 5 Stelle.
E infatti, quando il 25 luglio il ministro tecnico aveva dichiarato, senza alcuna previa condivisione politica, che i tagli delle imposte sarebbero stati coperti con tagli di spese per mantenere un deficit molto contenuto (configurando nei fatti una manovra recessiva), e altre amenità, Claudio era subito intervenuto per fare chiarezza. Pochi giorni dopo, aveva fatto presente un altro dettaglio (sul quale avevo lavorato molto anch’io):
https://www.youtube.com/watch?v=RQP9-gbtKBo
La trattativa del Governo sulla riforma del MES era stata opaca, senza la condivisione parlamentare richiesta dalla legge 234 del 2012, e il ministro, in audizione da me o alla Camera, continuava a dare risposte elusive e sfuocate. Se la trattativa fosse stata un successo, avrebbe avuto senso da parte del ministro rivendicarlo, se non per aiutare una maggioranza cui evidentemente si sentiva estraneo – avendo deciso di definire in splendida solitudine e senza alcuna condivisione le linee di politica economica – almeno per un minimo di orgoglio personale. Ma la trattativa, evidentemente, non era andata poi così bene, se bisognava tenerne nascosti i risultati a un Parlamento un po’ diverso dai precedenti…
Ora, voi che cosa sia il MES lo sapete, ma siete the happy few – sì, quelli di Azincourt. Ci credete che quando ho fatto presente l’enormità di quanto stava accadendo a un magistrato – non a un manovale – mi ha detto: “Sì, forse tu hai ragione, ma… che cos’è il MES?” Il MES è una cosa che ci è costata 50 miliardi – a spanne – cioè mezzo secolo di funzionamento del Parlamento, come mi sono pregiato di dire a una persona della quale mi ero fidato:
https://www.youtube.com/watch?v=2nKmaSBgrpU
Non un dettaglio, almeno per ordine di grandezza! Ma vedete, voi, che siete passati attraverso tante fasi – famoerpartitisti, gestoeclatantisti, qualcosisti, tuttosubitisti – siete soprattutto dei “facilisti”. Siccome io parlo, e voi capite, o credete di aver capito, credete anche che chiunque parli riesca a trasmettere qualsiasi contenuto a chiunque. Ma non è così. Sul MES la crisi non si poteva aprire, nonostante fosse, fra tante, probabilmente la cosa più grave di quelle che avevamo constatato: grave nel merito – sò sòrdi! – e grave nel metodo: la pervicace, callida, granitica volontà di tenere all’oscuro non Borghi e Bagnai, che avevano dimostrato ampia capacità di mediazione e condivisione, ma il Parlamento, non poteva essere accettata né in sé, né per la doppiezza che dimostrava, se considerata alla luce della sbandierata volontà di coinvolgimente con la quale la legislatura si era aperta. Ma un intero gruppo parlamentare che volta le spalle al proprio premier, e pochi giorni dopo gli vota contro una mozione, ecco: quello magari era un dato politico più visibile – e che peraltro vi esorto a non dimenticare!
Da tanta doppiezza possiamo anche evincere che i negoziati per scalzare Salveenee phasheesta fossero già un pezzo avanti. Se noi ci abbiamo messo due mesi per stringere un accordo con loro, quanto è possibile che il PD, loro acerrimo nemico, ci abbia messo solo due settimane? La scelta dei tempi dipende anche da tante cose che voi non sapete, e che non so nemmeno io. Quello che so, è che almeno ora non dovrò lavorare a una legge finanziaria fatta per danneggiare il mio partito con l’effetto collaterale di danneggiare il Paese. E infatti, appena si è visto all’orizzonte che i negoziati, probabilmente già avviati da un pezzo, per sostituire la maggioranza mantenendo il premier, stavano arrivando a conclusione, ecco che il nostro tecnico ci fa sapere che – improvvisamente – il deficit non è più un tabù! Peggio ancora: che le clausole di salvaguardia, quelle che avevano preoccupato così tanto il nostro amico alla Berghem fest:
https://www.youtube.com/watch?v=BTt8yrpJRcI
Quindi: Salveenee phasheesta vuole accelerare sull’agenda economica perché c’è una recessione mondiale? Allora bisogna fare una manovra a saldi invariati, coprendo con tagli di spesa i tagli di imposte (il risultato è un moltiplicatore negativo pari a uno, come sapete, cioè una contrazione del reddito, che sarebbe andata in faccia a Salveenee phasheesta). Salveenee phasheesta apre una crisi che “laggente non capiscono”? Allora, improvvisamente, il nuovo Governo potrà fare deficit, perché improvvisamente c’è quella recessione di cui qui parliamo da mesi, improvvisamente le regole vanno cambiate, ecc.
Mi sembra del tutto ovvio che il problema del “nostro” ministro tecnico non era favorire il consolidamento delle finanza pubbliche, ma ostacolare il consolidamento del consenso di Salveenee phasheesta. E chi gli aveva dato copertura politica in questo nobile intento? Non sorprendentemente, chi da tanta leale collaborazione si sentiva avvantaggiato, riteneva di poter arginare la propria inesorabile perdita di terreno: il leale alleato!
Occorre altro?
Non credo.
Che i 5 Stelle fossero la continuazione del PD con altri mezzi voi qui l’avete sempre saputo. La loro impostazione secondo cui la crisi dipende dal debbitopubblico che dipende da lacoruzzzzione si basava su due passaggi falsi (la crisi non è stata scatenata dal debito pubblico e questo non dipende dalla corruzione), ma facilmente comunicabili, sostanzialmente volti a delegittimare la politica e l’azione dello Stato nell’economia, e quindi, in definitiva, a sostenere quel progetto ultraliberale, hayekiano, di società, tutto web e distintivo, che poi è oggi sostenuto anche dagli ex “comunisti”. Le affinità ideologiche ci sono.
Mancano però affinità di metodo, e quindi l’esperimento durerà poco.
Non vedrò, e non vorrei nemmeno vedere, le riunioni di maggioranza in occasione del prossimo decreto fiscale: so solo che non saranno un bello spettacolo, e che non tirerò certo notte aspettando che si mettano d’accordo! I colleghi del PD, che sono adorabilmente callidi, non mancheranno di insinuarsi come acqua nelle confusionali porosità post-ideologiche dei nostri ex alleati, per riprendere terreno su di loro. Già li vedo sornioni giocare come il gatto col topo… Poi arriverà l’inverno dello scontento elettorale, l’acqua gelerà, e i grillini da pomice ideologica si faranno polvere di stelle. Ma non andrà molto meglio ai nostri amici. Ormai tutti voi avete avuto ampio modo di conoscerli, di capire come essi siano una minaccia non solo per il vostro benessere economico, ma una minaccia esistenziale tout court. Gli sponsor del metodo Bibbiano, i gestori del CSM – a proposito: il giustizialismo dei 5 Stelle come si sposerà con l’egemonia del PD in un campo tanto delicato? – i liquidatori di ospedali e scuole, i passivi esecutori di un’agenda dettata da potenze estere…
Questa esperienza metterà fine a una fastidiosa anomalia italiana: quella che consiste nell’essere l’unico paese periferico di una certa rilevanza ad avere ancora un partito “socialista” con percentuali a due cifre. Aspettiamo fiduciosi per il PD la sorte del Pasok e di tanti altri (come il PS francese), e questo lieto sviluppo, questa plastica rappresentazione delle loro divisioni interne, della loro lubrica e invereconda bramosia di potere, ne siamo certi, aiuteranno, oh, se aiuteranno…
Questo è il momento di resistere. Ridotta alla sua essenza, come perfino il Sole 24 Ore deve ammettere, questa crisi nasce dal conflitto fra l’unico partito che non vuole essere vassallo, e tutti gli altri – in Italia e all’estero. Questo conforta me nella scelta che ho fatto, e deve confortare quelli di voi che hanno ritenuto di sostenerla nel ritenere che insistere sia la cosa giusta. Se siamo riusciti a fare così tanto con numeri così bassi (il 17%) e in un ambiente del quale comprendete bene l’ostilità, evidentemente, portando in Parlamento il sostegno che le regionali e le europee dimostrano, avremmo potuto fare molto di più. Noi siamo pronti a lottare per raggiungere questo risultato. Ma voi dovete credere nella democrazia, dovete credere in voi stessi, dovete credere nella scelta che avete fatto, e dovete persistere. Le elezioni non saranno fra quattro anni, come qualcuno dice, ma anche fosse? Non si può fermare il vento con le mani. La “sinistra”, di cui qui abbiamo tanto parlato, è un morto che cammina. Il mondo, non l’Italia, non la Lega, non Salvini, non Bagnai: il mondo è diventato conservatore. Non poteva che essere così, e non sono tendenze reversibili in pochi mesi né in pochi anni: ne abbiamo discusso tanto a lungo, tanto approfonditamente, quando il nostro intendimento era resistere ad esse. Ora, il nostro lavoro è diventato molto più semplice: dobbiamo seguire l’onda, anziché contrastarla. Un compito che richiede abilità, attenzione, perseveranza, ma che è pur sempre più facile da portare a termine di un compito impossibile: rianimare il cadavere del progressismo. Se vi ho dato prova di intuire la direzione degli eventi (a partire da quella dei tassi di cambio, per arrivare a quella dei governi,…) allora ascoltatemi: la notte sarà breve, e la passeremo, qui, in ottima compagnia, in compagnia della parte del paese che ha deciso di approfondire, di studiare, e di ribellarsi a un progetto irrazionale. La Storia è con noi. Agli altri resterà la vergogna di aver tradito, per convenienza personale, posizioni ideali, che forse non sono mai state tali. Vi avevo pur detto, tempo addietro, che berciare contro la casta poteva essere un modo efficiente per entrare a farne parte. Qualcuno di voi scrollava le spalle dubbioso. Ora lo vedete coi vostri occhi. Estote ergo prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae. So che molti di voi soffrono. Se non lo sapessi, non avrei deciso, otto anni fa, quando mai avrei pensato di entrare in politica, di mettere a rischio la mia carriera e di sconvolgere la vita della mia famiglia per abbattere il muro di gomma del conformismo. Chi è arrivato qui da poco, obnubilato dalla retorica della casta, ovviamente non potrà rendersene conto. Ma chi era qui dall’inizio sa. Evitate di discutere, evitate di avvelenarvi la vita, evitate di esporvi soprattutto sui social, dove la nuova Presidente vuole scatenare la repressione – e anche di questo avevo parlato (ovviamente inascoltato) a una persona in cui avevo riposto fiducia:
Ma ricordatevi di andare a votare.
Non ci vorrà molto…)
Alberto Bagnai.