L’esercito delle complici scimmie
Ciò che i gilet gialli transalpini hanno dimostrato, indipendentemente da come andrà a finire la loro vicenda, è il patetico fiasco della contraffazione propagandistica globale. In Francia, il neoliberismo grifagno ha preso un automezzo agricolo nei denti. La scritta “Macron tu es an voleur” portata in giro sui frontali dei furgoni offriva una vivida immagine di come gli usurai apatridi sentano l’alito delle genti sulla coda e fra le corna. “Campioni del mondo di tasse” si leggeva ancora all’Arco di Trionfo. Le classi lavoratrici francesi hanno sentito sulle proprie carni l’ingiustizia di una pressione tributaria che cresceva per gli zelanti contribuenti mentre si faceva impercettibile, evanescente, per il negligente big business. E hanno reagito. Una presa di coscienza per chi ha sete di Francia, ma anche per chi ha semplicemente compreso come il neoliberismo globale sia uno scannatoio delle economie nazionali e in ultima istanza dei cittadini. Ma in Italia? Benché i recenti rivolgimenti elettorali abbiano rimarcato anche da noi la salivante impotenza dei canali tradizionali della manipolazione, la parodia dei gilet gialli scende in piazza non contro le oligarchie e i loro boriosi pupazzi, bensì contro Salvini.
Per quanto ritenga sempre irritante e inconsapevolmente provinciale sezionare ogni flatulenza che proviene dalla propria terra senza riconoscerne le benemerenze, i nostri antagonisti militanti sono la peggio gioventù in circolazione. Scendono in strada contromano sulla via dei tempi, eterodiretti dai loro carnefici, con la foia di trogloditi digitali, manifestando a favore di chi ha sodomizzato a crudo il loro futuro, complici della loro stessa rovina: evirati di ogni rappresentatività, dei diritti che fanno di un asservito un cittadino, lasciati nudi come teste di minchia senza coglioni. Danzano con il discernimento di scimmie giubilanti sui detriti di quello Stato sociale che solo avrebbe potuto proteggerli dalle sferzate a venire e contestano come macachi mannari chi vorrebbe difenderli dall’infezione globalista. Aizzati da quelle stesse oligarchie sovranazionali composte da sodomiti di speranze, che fanno macellare gli esuli come Antonio Megalizzi tollerando de facto il fondamentalismo islamico, mentre accendono i cingolati contro chi difende gli ultimi avamposti di dignità democratica. E il daltonismo ideologico ha contagiato anche la visione delle forze di polizia, poiché se la repressione contro i gilet gialli del colore dei germogli è feroce, diviene tenue, condiscendente, verso il giallo del vomito biliare delle piattole immigrazioniste e antileghiste. Dio e popolo, pensiero e azione. Oggi trova eco nell’urlo demente: “Minchia zio, meglio una vita da clandestini che un giorno da Salvini”. Dove si è fatta l’Italia, l’Italia muore.