Non datela per scontata. Una valle deve sentirsi, annusare i suoi confini, trovare le strade, che un po’ sono come i suoi occhi, le sue mani, mostrare il suo volto fuori e allargare lo sguardo al di là dell’ultimo orizzonte e poi battere, il cuore, il suo tempo, il suo ritmo, il suo sound, solo alla fine arrangiare la sua melodia. Riconoscersi. La valle di Comino ci ha messo tempo. O forse a un certo punto si è dimenticata, si è persa. Capita. Capita quando per sentirti più sicuro ti accontenti della miopia, quando il cielo ti appare troppo lontano e non ti sorprendi più a guardarlo, quel cielo così luminoso di notte che senza dubbio è una mappa, con le stelle che ti baciano sul naso, e solo qui se ci pensi ti viene voglia di abbracciarle. Poche volte hai visto stelle così vicine. E’ che comunque per fissarle devi alzare la testa. C’è voluto tempo. Qualcuno più cinico o più ottimista dice che ci voleva la crisi. Questa. Questa che ti ha messo con le spalle al muro, questa che ha cancellato la pioggia di soldi pubblici che arrivavano per esaudire piccoli e meschini ex voto. Questa che ha tolto potere alle clientele. Questa che ti fa paura. Perché fa paura. E’ così forse che abbiamo cominciato a guardarci intorno. Ci sono certe sere d’inverno in cui ti trovi a fare i conti con il deserto, ti sembra quasi di sentire i passi dei fantasmi, la sensazione del vuoto. Il terrore di camminare in paesi perduti e ti accorgi che sei a un crocicchio del destino. Questa o sarà valle o non sarà. E’ come la pallina di Match Point, il film di Woody Allen, basta un sussurro per far cadere il futuro da una parte o dall’altra, rassegnarsi a un pugno di paesini dormitorio, hinterland di una città martire e di un’industria lasciata lì come una cattedrale post-moderna, Fiat lux, come contraltare al monastero distrutto e ricostruito, con l’unica speranza che l’Ora et Labora possa funzionare ancora, oppure riconoscersi e sfidare il mondo. La Valle di Comino sta scegliendo di accendere tutte le luci. Non è mai stata così magica. Adesso basta solo un soffio di fortuna.

Quando hai scoperto la valle? La prima volta che hai provato a guardarla con gli occhi degli altri, quelli che arrivano, gli stranieri, gli ospiti, passati da qui per raccontare storie e ripartiti inebriati di nostalgia e bellezza. Come ti disse quella volta Gianfranco Calligarich. “Questi paesi me li porto dietro come una breve filastrocca di bellezza o, se li separi  in tre gruppi, come la difesa,  il centrocampo e l’attacco di una squadra che ti sta a cuore. Te ne accorgi quando, parlando con qualcuno di luoghi da vedere, escono improvvisamente dal loro nascondiglio per materializzarsi coi loro nomi sulle tue labbra. Esempi di una bellezza che conosci solo tu. Alvito, Atina, Picinisco, Vicalvi, Settefrati, San Donato, Casalvieri, Casalattico, Villa Latina, Vicalvi, Posta Fibreno, Gallinaro, Settefrati, Belmonte, Campoli Appenino, Fontechiari, Terelle”.

Tu in questa bellezza ci sei nato, ma per te era solamente il mondo, il tuo mondo. Sei dovuto partire e tornare, perderti e tribolare, seppellire padre e madre e scoprirti orfano per stringere tra le mani questo pugno di terra e giurare che non l’avresti più abbandonata per conoscere il suo sapore. Per riconoscerti. E quando hai paura di non farcela è qui che ti vedi passare davanti un capriolo, che sbuca dal buio, di notte, camminando lento, senza neppure guardarti, tanto da spingerti ad abbassare i fari, per non smarrire l’incanto, come se lui fosse un patrono, come quelli di Harry Potter. Magia. Come il coraggio che trovi ascoltando l’ululato dei lupi nei giorni della neve o la compagnia di un barbagianni, che le sere d’estate va a caccia di pipistrelli volando tra il campanile e i tetti del palazzo ducale. È la carezza di una vecchia contadina che sfiorandoti la guancia ti sussurra, quasi per proteggerti: non ti arrendere, hai fatto tanto. È qui che hai imparato a riascoltare le storie. No, non quelle lontane che ti porti nel cuore dall’Albania o dal Danubio, non quelle dei tuoi viaggi e neppure i volti della commedia umana che ti tocca raccontare per mestiere. Quelle che stavano qui. Le facce di quelli che resistevano qui. Dopo anni passati a seguire le tracce di Woody Guthrie e di tutti i cantastorie della frontiera americana, fino ad esplorare i confini del post moderno, perdersi nei giochi ciechi di Borges, strappando brandelli di realtà al cosmo scarnificato e virtuale del ventunesimo secolo e poi accorgersi che in fondo quello cercavi è nella ninna nanna, Nenna sea, di un professore di liceo cresciuto nelle cantine di San Donato, con un cappello da sudista sulla testa, una chitarra, e un volto scarnificato dalla poesia, con quel nome antico e la voce che sa di vino. La canzone del sandonatese presuntuoso è la mia musica. Non ci sono dubbi. E pazienza se sfotte gli alvitani. È la storia della valle. Sono le mie parole quelle perdute in dialetto, che imparo con quegli sprazzi di umanità che Gianfranco Renzi dipinge sulla scena. Sono i canti dei pastori che Massimo Antonelli mi racconta con le cornamuse dei Calamus. Canti di pastori erranti, canti di notte, canti alla stesa, canti taglienti, di solitudine e d’amore, canti di femmine che sfidano il maschio, strappandosi le parole dalla carne, con quei polpacci sodi e orgogliosi che hanno le donne abituate a camminare in salita. È la voce di Domenico Buccilli detto Mingo, un parrucchiere che ha regalato vino, talento e malinconia, lasciando per sé soltanto il primo. Sono le sue parole messe in croce, che se le ascolti bene ti ricordano l’assurdo di Ionesco, con il disincanto e l’ironia che solo questo dialetto ti può dare.

È qui che riscopri la bellezza di queste genti. I volti e i corpi degli uomini di Picinisco, che sanno di Arcadia, li trovi nei musei e nei caffè di Londra, alle pareti. Molti di loro sono partiti come artisti di strada, lungo strade che portavano al Nord dell’Europa, senza sapere di essere quello che i pittori cercavano. Sono storie come quella di Orazio Cervi, del suo lavoro per lo scultore Thornycroft, le chiacchiere con D. H. Lawrence, che quando si sposa per la terza volta, fa tappa proprio qui, nella contrada Le Serre, dove oggi all’ombra di una Caciosteria si svolgono d’estate corsi di scrittura creativa, e qui a Picinisco scrive La ragazza perduta. È nella valle che artisti francesi, tedeschi e inglesi passano come tappa sconosciuta del Grand Tour. Perché è qui che si passa se vuoi andare a Sud. E qui ti fermi, ti fermavi, se resti incantato da certi occhi scuri, dai capelli che registrano tutte le sfumature della natura, da pelli ambrate e piedi scalzi. È qui che per quattro mesi, nel 1853, passa Ernest Hébert e trova queste due ragazze, quelle che adesso vedi a Parigi, al museo D’Orsay, Les filles d’Alvito. Storie. Montmartre, Montparnasse, “la vie de bohème”. È lì che stavano le modelle della valle. Al centro del centro del mondo, dalla metà dell’Ottocento fino al tramonto della Belle Epoque. Alcune ballano il can can nel tempio dionisiaco del Moulin Rouge, altre si perdono nelle strade, tante aprono una crèmerie o un piccolo ristorante, di qualcuna resta il nome: Rosalia, Carmen, Anna, Giacinta, Maria. Laurette, o meglio, Loreta. Storie.

Filippo Colarossi si trasferisce con il fratello Angelo, tutti e due di Picinisco, a Rue de la Grande Chaumière n.10 a Montparnasse. È uno scultore. Apre un’accademia. È la prima in cui sono ammesse le donne come pittrici. Qui Modigliani incontra Jeanne, storia d’amore di strazio, febbre, fame, maledizione. Il ristorante dove Modì paga il pranzo con le sue donne dal collo lungo è Chez Rosalie. La proprietaria è una ex modella di Bouguereau, Carolus-Duran e Whistler. Si chiama Rosalia Tobia, anche lei di Picinisco. Il locale è in rue Campagne Première n.3, quattro tavoli rettangolari dal piano in marmo e sei sgabelli, non sedie, a tavolo, quindi una capienza di 24 avventori. I clienti sono soprattutto muratori italiani e pittori senza un soldo in tasca. Cesare Vitti è di Casalvieri, la moglie Maria Caira è di Gallinaro e la loro accademia è al al 49 di Bd. Montparnasse. Tra i professori che insegnano lì c’è Paul Gauguin. Maria ha due sorelle, Anna e Giacinta, modelle. Laurette invece è la modella meridionale con le ciocche come anguille. Si chiama Loreta e viene anche lei da Gallinaro. Arriva a Parigi nell’autunno del 1916 a guadagnarsi la vita. Si mette nelle mani di Henry Matisse e sarà la sua musa. La Laurette con la tazza di caffè è lei. La ragazza di Gallinaro. Ecco, ora lo sai, è qui la bellezza vera, non edulcorata, la bellezza che sa di carne e speranza, di formaggio, marzolino, di orapi, di fagioli cannellini, di tartufo, di pane e vino, di gelato alla crema, di visciole, di pasta di mandorla. È da Casalattico e Picinisco che si parte alla fine dell’Ottocento per la Scozia e per l’Irlanda. E sono questi immigrati commercianti che aprono i chioschetti di fish and chips, pesce e patate, un piatto nazionale britannico che sa di Valcomino. È qui in questa valle che troverete il torrone di pasta di mandorla ricoperto di cioccolato fondente. È da qui, da Alvito, che parte (omonimo e zio) Vittorio Macioce per la pasticceria La Tour a Roma, per fare quei dolci che serviranno Casa Reale. Ed è da lì che torna per inventare il segreto che lega mandorle e cioccolato. È quasi lo stesso viaggio che qualche anno prima aveva fatto Giustino Ferri, giornalista e scrittore, di cui il poeta Gerardo Vacana è il gran custode. Ferri che da Picinisco va a passare le serate al Caffè Bussi con D’Annunzio, Capuana e Pirandello e scrive sulle riviste letterarie di quel primo Novecento carico di futuro. Se andate a leggervi il “Meridiano” Mondadori sul giornalismo troverete qualcosa di lui. È il primo giornalista che riconosce il cinema come arte. Qualcuno un secolo dopo farà la stessa cosa con i videogame.

Questa è la tua terra di mezzo. È una terra di mezzo perché con un’ora e mezza di auto vai a Roma o Napoli. È una valle antica, valle di Comino, il confine è segnato dalle cicatrici della linea Gustav, quella del fronte della seconda guerra mondiale. Le casematte costruite dai tedeschi ci sono ancora. Solo che adesso quella linea segna un altro confine, da lì in poi comincia praticamente Gomorra. Non è che te lo dice qualcuno. Lo sai e basta. Oppure se ci passi in macchina te ne accorgi guardando fuori dal finestrino. Noi siamo il verde, poi a un certo punto comincia il grigio di periferie casertane, di casermoni, di centri commerciali troppo grandi, di strade stradali che di notte diventano suk della coca, con le luci delle auto in sosta che comprano tanto al chilo, come se fosse la cosa più normale del mondo. Noi queste cose le guardiamo al di qua del confine e ci auguriamo che quelle vecchie “casematte” tedesche reggano, come simbolo, come talismano, come linea del fronte. Questa crisi senza fine ci sta però mettendo alla prova e ci troviamo di fronte a una di quelle svolte del destino, a un crocicchio, simile a un lancio di moneta. Testa o croce? Croce è un futuro da periferia desolata di Gomorra, testa è scommettere sulle nostre risorse. Puntare sul verde, sulla natura, su una valle dove si può camminare sulle tracce dell’orso o ascoltare di notte l’ululato dei lupi, su percorsi affascinanti da scalare in mountain bike o sulle arrampicate fino al monte Meta, dove all’alba, quando la luce è chiara, si possono vedere i due mari, il Tirreno e l’Adriatico. Si può scommettere sull’economia verde, sul paesaggio, sulla natura e sul fatto che tanta gente cerca luoghi dove correre a piedi, in bicicletta, su strade sterrate o camminare lungo i sentieri del parco, o seguire il corso di un fiume a bordo di una canoa o, temerari, volare con un deltaplano da Forca d’Acero fino al centro della valle.

Qualcuno mi rimprovera di sognare troppo o di giocare con la Valle di Comino come se fosse una sorta di sim city. Forse. In realtà la penso più come una smart land. Il primo obiettivo del festival era relativamente semplice. Far conoscere una valle particolare, con un forte lato selvaggio (Walking in the wild side, come scriveva Nelson Algren e cantava Lou Reed), illuminandola, accendendo un punto sulla mappa del mondo. In parte ci siamo riusciti. Non solo. La valle delle storie oggi è anche una patria ideale per molti intellettuali, scrittori, architetti, imprenditori. Mi danno una mano, fanno passa parola, credono nel progetto, ne parlano con gli amici. Quello che sogno? Immaginate una valle di laboratori. Lavoro intellettuale e lavoro artigianale, pensiero e nuove frontiere della tecnologia, la forza della natura e quella dell’uomo, non una contro l’altra, ma una per l’altra, e viceversa. Laboratori di sviluppo e sceneggiatura di videogame, di fumetti, di corti cinematografici, di bottega delle favole, con narratori e burattinai, di archiland, come ridisegnare i borghi medievali senza snaturarli,  laboratori di scrittura creativa in una caciosteria. Si passa dalle fabbriche fordiste come la Fiat di Cassino a un’economia a misura d’uomo, molto più creativa, leggera, innovativa, veloce delle vecchie manifatture. Se tutto questo avviene in un parco nazionale diventa un simbolo. Un messaggio culturale. La valle delle storie come valle dei makers. In nuovi artigiani, quelli dell’era digitale, qui possono riconoscersi e incontrarsi. Siamo sotto l’abbazia di Montecassino. E’ lì che nasce il movimento globale del monachesimo con la regola di San Benedetto. Montecassino però è anche il luogo dove gli amanuensi conservano la cultura classica e la conservano per farla arrivare fino a noi. Senza il lavoro dei benedettini avremmo perso molto, quasi tutto. Montecassino è stato di fatto il primo grande hard disk della storia occidentale. Montecassino come un cloud, una nuvola, fatta di materia. Ecco. E qui che si raccontano storie. In questo palcoscenico senza palco e senza barriere, l’ospite è uno di casa e come Ulisse narra la sua storia. Poi la notte le ascolta. Ascolta le nostre. E pensa che Itaca è quel posto che chiamiamo casa.

 Cosa è il Festival delle Storie

E’ l’idea di portare la cultura nelle piazze, nelle strade, in spazi storici da recuperare come castelli, conventi, ville ottocentesche, roccaforti. Non una cultura chiusa, non una cultura per pochi. Lo strumento sono le storie. Storie personali, storie da non dimenticare, storie piccole e grandi, di viaggi e di memoria, di una sola persona o di un popolo, storie di idee, di imprese, di fallimenti, di vittorie, di sconfitte, di amori, di amicizie.

 Dove avviene il Festival delle Storie

Immaginate una valle, nel versante laziale del parco nazionale Abruzzo, Lazio e Molise, sotto Montecassino, a una decina di chilometri da Sora, una costellazione di paesini appoggiati sui monti, paesi di mille, tremila, cinquemila abitanti, con rocche, castelli, piazze medievali e vicoli e un orizzonte che si perde nel verde. Dal 23 al 30 agosto per nove giorni il festival viaggia di paese in paese, uno al giorno, come una compagnia di giro, di cantastorie, attori, scrittori, narratori, intellettuali, giornalisti, voci del cinema e della televisione, ognuno con la voglia di raccontare e raccontarsi. E intorno a loro uomini e donne che incantati ascoltano e poi raccontano anche loro, perché in questo palcoscenico senza palco e senza barriere, l’ospite è uno di casa, che come Ulisse narra la sua storia, ma poi va a cena con i padroni di casa e condivide le loro storie. In cinque questo spettacolo di arte varia ha illuminato una valle poco conosciuta, dove d’estate si può incrociare l’orso e d’inverno sentire di notte l’ululato del lupo. Questa valle che come una cicatrice porta la linea del fronte della battaglia di Cassino all’orizzonte, dove c’è un luogo che ancora chiamano Terremortis come ricordo dell’ultima battaglia tra romani e sanniti e dove le tracce feudali sono ancora storia quotidiana, è un incrocio di storia e natura. Il sogno è di farla diventare un giorno conosciuta al mondo come la “valle delle storie”. E questo cambierebbe il suo destino.

 Chi racconta le storie

Non chiederti chi racconta la storia, l’importante è che sappia raccontarla. E’ il nostro motto. Perché siamo convinti che le storie muovono il mondo. Non ci interessa da dove vengono e neppure chi sono i narratori. Alcuni sono scrittori, altri giornalisti o viaggiatori, attori o filosofi, scienziati e artisti, uomini di potere o cani randagi, medici o architetti, cantautori o musicisti, registi, sognatori, artigiani, commercianti, sceneggiatori del cinema, del fumetto o dei videogame, economisti e imprenditori, operai o manager, contadini, poeti o naviganti. Tutti quelli che hanno una buona storia da raccontare.

Perché raccontarle nei paesi

Perché l’Italia è ricca di piccoli paesi. Sono la nostra spina dorsale, sono gli atomi della nostra identità. Perché spesso il mondo della cultura vede solo le grandi città o al massimo i capoluoghi di provincia, ma nei paesi c’è fame di libri, di storie, di racconti, di ritrovare un contatto umano al di là di una società che vive solo di televisione, di immagini o di virtualità. Perché come scriveva Cesare Pavese nella Luna e i falò “un paese di vuole, non fosse per il gusto di andarsene via”. Ma soprattutto perché “Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.

Perché è un festival girovago

Perché siamo una valle. E una valle è qualcosa di più dei singoli paesi che ne fanno parte. La valle è un microcosmo e va alla ricerca della propria identità. La valle è una storia. La valle significa avere i piedi, le radici, nella terra, ma lo sguardo al di là dell’orizzonte. In questa epoca in cui i confini sono diventati immaginari e il mondo appare più piccolo, in quella che chiamano globalizzazione, è importante riconoscersi senza alzare muri. E’ necessario navigare, sapendo però bene da dove si è partiti. E’ importante riconoscersi per aprirsi agli altri. E’ bello andare per il mondo sapendo che c’è un posto che puoi chiamare casa. Era più facile scegliere uno dei paesi della Valle di Comino, ma le cose meno faticose non sempre sono le migliori. Il sentirsi una valle rende ogni paese più forte.

Perché i tarocchi

Perché con i tarocchi raccontiamo una storia. E’ chiaro il riferimento al Castello dei destini incrociati di Italo Calvino. Calvino racconta che l’idea gli venne dopo aver assistito ad un seminario internazionale tenutosi ad Urbino ed in particolare a seguito dell’intervento di Paolo Fabbri Il racconto della cartomanzia. Il “castello” è accompagnato, quasi ad ogni pagina, da riproduzioni delle carte dei tarocchi. Le varie combinazioni tessono lo sviluppo della trama. Come accade con le particelle subatomiche. « un numero finito di elementi le cui combinazioni si moltiplicano a miliardo di miliardi ». Nell’intrecciarsi delle vicende e dei personaggi è possibile riconoscere con chiarezza riferimenti a precedenti testi letterari, primo fra tutti l’Orlando furioso, che fu a lungo oggetto di studio e di rielaborazione da parte di Calvino. Il gioco dei tarocchi è utilizzato anche nella canzone di Fabrizio De André Volta la carta. C’è una donna che semina il grano volta la carta si vede il villano.
Il villano che zappa la terra volta la carta viene la guerra. Per la guerra non c’è più soldati a piedi scalzi son tutti scappati”.

 I tarocchi del 2014

L’edizione del 2014 del Festival delle Storie segue quindi questa trama. Le carte dei tarocchi sono anche un racconto, sono un messaggio sociale e culturale. L’appeso rappresenta la precarietà della nostra vita, la ruota (dedicata alla bicicletta) è anche la fatica e la forza di cambiare la situazione. La carta dell’imperatore rovesciata è il potere che perde saggezza, che si incarta in sé stesso, che si chiude e diventa casta ed è il muro da superare. L’alchimista è colui che cerca la cura, un sognatore, un mago, uno che si muove ai confini dell’impossibile. E’ lui che libera l’ippogrifo, il cavallo alato che porta Astolfo sulla luna a recuperare il senno perduto di Orlando. Riscoprire l’ultima modernità, l’ultima volta che negli anni ’80 abbiamo pensato e vissuto nel futuro. Ripartire. Come fa il navigante che viaggia di porto in porto, tuffandosi nell’incrocio di genti e di umanità dove si sviluppano traffici e storie e dove la nostra vita trova riparo e energia. Solo così si può ritrovare e esportare bellezza, il nostro patrimonio perduto, quello che portò le modelle della Valcomino a Parigi, quando Parigi era la capitale della Bèlle Epoque. Bellezza di carne e terra. Bellezza da tutelare e far conoscere al mondo. Approdare. Con il coraggio dei nostri nonni che non si sono arresi davanti a Ellis Island, creando quel continente immaginario che è la cultura italoamericana. L’America come speranza, come illusione, come nuovo mondo, come nuova lingua, come qualcosa che sta a metà tra l’identità del passato e l’azzardo del futuro. Ritrovare l’America per riportarla a casa.

 Cosa è Radiolivres

E’ il format principe del Festival delle Storie. I libri spesso hanno una colonna sonora segreta. E’ quella che gli autori ascoltano o immaginano mentre fanno vivere, parlare, morire, amare, esistere i propri personaggi. Sono anche le note che rimbombano in testa agli scrittori nel ricordare pezzi della propria vita. E’ per questo che RadioLivres Incontra chiede ai suoi ospiti una playlist di sette canzoni per raccontare il romanzo e la propria vita.  Quei nove pezzi diventano la colonna sonora e il filo rosso dell’incontro letterario, un incontro a cui si partecipa come tra amici, un’occasione per capire come nasce un libro, per scoprire il mondo personale e immaginario degli autori, chiedere e scoprire. RadioLivres è una “radio dal vivo”, un “format” di Edoardo Inglese

 Cosa è Radiostory

Qui è il tema che detta la colonna sonora. E’ un racconto con più ospiti e la narrazione diventa incrocio di parole, chiacchiere, canzoni, immagini, letture, racconti.

 Il sogno della smart land

La valle delle storie può diventare un laboratorio per lo sviluppo di una “bottega dell’immaginario”. Aldo Bonomi e Roberto Masiero in un saggio di successo hanno sviluppato la teoria delle smart land. Un territorio nel quale sperimentare politiche per aumentare la competitività, “con un’attenzione specifica alla coesione sociale, alla diffusione della conoscenza, alla crescita creati viva, alla qualità del paesaggio e della vita dei cittadini”. Il sogno è anche sviluppare nella valle una rete di fibra ottica, wi-fi e cloud con un forte radicamento territoriale. Immaginate una valle nel parco nazionale ad alto valore tecnologico. Immaginate di poter sfruttare nei paesi della valle la “realtà aumentata”. Molti penseranno che è impossibile. In realtà a volte basta crederci. Se lo vuoi, puoi farlo. E’ prima di tutto una scelta politica.

 Montecassino, la prima “nuvola” della storia

Montecassino è un simbolo. Non è solo la prima abbazia di San Benedetto. Non è solo l’architrave del monachesimo. E’ anche un legame tra il passato e il futuro. L’abbazia di Montecassino è un luogo spirituale, però grazie al lavoro degli amanuensi può essere considerata un esempio di hard disk. E’ lì che i monaci hanno conservato la cultura classica, salvandola dall’oblio. La biblioteca nasce con l’abbazia. Tuttora conserva 72.101 volumi, 101 incunaboli, 1500 codici, 20.000 pergamene, 2063 cinquecentine. Il corpus del fondo musicale è estremamente vario, in gran parte legato alla cultura musicale partenopea tra gli ultimi anni del XVII secolo e la seconda metà del XIX. E poi lì c’è il Placito Cassinese: “Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene trenta anni le possette parte Sancti Benedicti”. E’ la famosissima dichiarazione giurata che costituisce il primo esempio ufficiale di volgare italiano. La valle di Comino appartiene proprio a quelle terre di Sancti Benedicti. L’idea di ricominciare da questa valle ha un forte significato simbolico.

 La biblioteca del Festival delle Storie

Ogni autore che viene al Festival delle Storie regala una copia autografata. Sono le pietre per costruire una biblioteca firmata da lasciare ai posteri, come capitale culturale per i figli di questa valle.

 Il libro perduto

Andrea Kerbaker e Luigi Mascheroni sono scrittori e bibliofili. Ogni anno proporranno al Festival delle Storie sei romanzi perduti da recuperare. Si tratta di romanzi non più in catalogo ma di grande valore letterario e intellettuale. Come sapete la vita della maggior parte dei libri è breve. Gli editori li relegano prima nelle rimanenze e poi li mandano al macero. Questa iniziativa serve a dare una seconda vita ai romanzi. Il Festival delle Storie si impegna in un’azione di lobbyng presso gli editori per riportare i testi indicati nel mercato editoriale.

Web documentary

Immaginate una piattaforma digitale che renda la valle di Comino una mappa di  storie. Ogni paese come se fosse una stazione ferroviaria da cui partono corti, serie televisive, documentari, racconti, romanzi, novel graphic o narrazioni fotografiche. Un portale aperto dove ognuno può raccontare la sua storia.

 Le storie come gastronomia

Le storie si possono anche raccontare con ricette, cibo, piatti, cucina, prodotti della terra. Non è un modo per seguire la moda degli chef in tv. E’ il frutto di un incontro. Quello tra il Festival delle Storie e il critico gastronomico Antonio Paolini. E’ con lui che la gastronomia diventa un momento importante delle nostre storie. E’ la cena letteraria il giorno di apertura e di chiusura del Festival delle Storie, quando chef “stellati” interpretano con le loro ricette lo spirito della valle e le storie che arrivano in valle. E’ la colazione d’autore dove le ricette dei grandi romanzi diventano realtà e i poeti sfidano gli chef con l’alchimia delle loro parole. E’ il pic nic d’alta cucina, con gli chef che preparano i “cestini” per scampagnate nel verde dove raccontare storie e personaggi.

A pranzo con gli autori

Il pranzo come convivio. Nell’ex convento salesiano di San Nicola ad Alvito si pranza con gli ospiti del Festival delle Storie. E’ un pranzo organizzato dall’associazione Valcoglienza. E’ la possibilità di incontrare e chiacchierare con gli autori ospiti del festival mangiando piatti tradizionali delle valle. Si spende poco ed è bello, soprattutto buono.

 I prodotti della valle

Il Festival delle Storie valorizza i prodotti della Valle di Comino. La nostra è una valle di tartufi,  fagioli cannellini, formaggi, vino cabernet doc, torroni di pasta di mandorle e altre specialità di alta pasticceria, visciole, orapi.

La valle come universitas

L’arte di raccontare le storie. E’ per questo che il Festival delle storie sta investendo anche nei laboratori, nel mestiere. E’ un modo per formare una valle, per creare opportunità, per favore l’incontro tra chi arriva e chi sta. Ecco la lista dei laboratori del Festival delle Storie.

 Laboratorio di scrittura creativa

Ogni anno il Festival delle Storie organizza un ciclo di lezioni di scrittura creativa. Li facciamo a modo nostro. Non in una scuola, ma in una Caciosteria. Immaginate. Un’osteria dove il formaggio è di casa, un giardino, una casa che è un ristorante, una agriturismo e un museo. La casa è Casa Lawrence. Siamo a Picinisco. Ed è chiamata così in onore di D. H. Lawrence, ospite all’inizio del Novecento di Orazio Cervi. I due si sono conosciuti a Londra, dove Orazio faceva il modello per i pittori anglosassoni. Lawrence trovò in questa casa l’ispirazione per completare il famoso romanzo “The Lost Girl”, “La Ragazza Perduta”, dando come sfondo alle vicende che racconta l’ambiente la natura e gli uomini di questa terra. La famiglia Pacitti, attuale proprietaria, dopo un fedele restauro ha reso la struttura luogo di visita soggiorno e agriturismo. Allevatori e agricoltori da generazioni, i Pacitti producono prelibati formaggi vini e carni che arricchiscono la tavola dei loro ospiti.

 Storia e Sceneggiatura di videogame

 In collaborazione con Vigamus, il museo del videogame di Roma, lezioni di sceneggiatura di quella che di fatto è la forma d’arte del XXI secolo.

 Graphic Novel

Le lezioni sono tenute da professionisti del fumetto, dell’illustrazione, del cinema e dei cartoni animati, al fine di mettere a disposizione degli allievi le proprie esperienze lavorative. Il corso di sceneggiatura affronta storia, metodi e tecniche che riguardano la scrittura per immagini, a partire dall’idea passando per la scaletta fino ad arrivare alla sceneggiatura vera e propria.

La bottega di Geppetto

 Come si costruisce un burattino? Come si inventa uno spettacolo? Come si raccontano le favole. Come costruire insieme ai bambini un robot? E’ un laboratorio per bambini, ma forse soprattutto per i genitori. Per non perdere l’arte di raccontare storie.

 Il racconto fotografico

Come si racconta una storia attraverso la fotografia. Perché scattare una foto? Le foto comunicano, cosa ci spinge a scattare una foto, intuizione, intenzione, e visione fotografica. Foto commissionata, reportage, creatività a tema. Quando non siamo noi a decidere cosa scattare, come esprimerci al meglio. Il linguaggio fotografico. Post produzione: perché e come. Editing, scelta delle foto, consegna e costruzione di una storia (con una o più immagini)

 L’arte dei corti (a cura di Aaron Ariotti)

 Per imparare a scrivere una sceneggiatura bisogna scrivere una sceneggiatura. Ovviamente non ci sarà il tempo per cimentarci con la scrittura di un lungometraggio. E allora quello che faremo sarà scrivere un cortometraggio. Ci faremo aiutare da uno dei più grandi scrittori del Novecento: Ernest Hemingway. Sarà infatti da uno dei suoi 49 racconti (“Colline come elefanti bianchi”) che trarremo lo spunto per la nostra storia. Questo racconto è interessante per tanti motivi, ma uno delle ragioni che mi hanno spinto a sceglierlo è che potrebbe benissimo essere ambientato in Val Comino, ai giorni nostri. Ed è qui che lo ambienteremo. Come si pensa, struttura, scrive una storia per un corto? Il laboratorio cercherà di rispondere a questa e ad altre domande nel tentativo di aiutarvi a fare i primi passi in quella che, a tutti gli effetti, è la via maestra per entrare nel mondo del cinema. Molti grandi registi e sceneggiatori hanno iniziato la loro carriera proprio realizzando cortometraggi. Poi, indipendentemente dallo “sfondare” o meno, quello di realizzare film brevi è sicuramente un ottimo esercizio per impadronirsi dei linguaggi e dei tempi propri del cinema.  Il laboratorio sarà strutturato in 6 lezioni da 3 ore. Si scriverà in gruppi di lavoro di 3 o 4 persone. Ciascun gruppo elaborerà la propria sceneggiatura. Al termine del corso decideremo quale delle sceneggiature far diventare un film.

 Le frontiere (future) del giornalismo

La metamorfosi di una professione. Un workshop con le firme del giornalismo italiano di carta e on line.

 Archiborgo

Un workshop di architettura su come conservare, recuperare, armonizzare i vecchi borghi con un’attenzione al territorio.

 La bottega dei Makers

Un laboratorio dedicato all’inventiva e all’intraprendenza dei makers, come imparare a diventare artigiani digitali, tra stampanti 3D ed elettronica fai-da-te.  La parola d’ordine: smettetela di annoiarvi, fate qualcosa.

L’arte delle fuscelle

Un’antica tradizione della valle. Come intrecciare le fuscelle di vimini che contengono le ricotte.

Perché il Festival delle Storie fa bene alla valle

La risposta è in alcune parole chiave: illuminare, stare insieme, opportunità, creare cultura, territorio, viaggiare, imparare, magia.

 Illuminare

Questa valle esiste, ma per anni è rimasta nascosta, per pudore, timidezza, miopia, indifferenza, perché non sapeva di essere cosi bella. Il primo obiettivo del Festival delle Storie era metterla a nudo, illuminarla, farla conoscere, accendere una stella sulla mappa del mondo. Un po’ ci siamo riusciti.

 Stare insieme

Stare insieme significa condividere. Condividere è fare rete, incontrarsi, scambiarsi segni, parole, emozioni, suggestioni, spazi, ricordi, significati, progetti, idee, sorrisi, filosofie, sguardi. Significa riconoscersi, per cui nessuno è straniero all’altro. E’ l’ideale della società aperta, dove il centro torna a essere la piazza, l’agorà.

 Opportunità

E’ un concetto fondamentale. Il Festival delle Storie non assicura un porto sicuro e non sa se riuscirà a cambiare il destino della valle. Non ragiona per clientele. Cerca di creare opportunità. Questa è una finestra di tempo favorevole. La crisi rende questa terra un luogo vantaggioso nel rapporto qualità/prezzo. Ma è adesso che si gioca il suo futuro. Deve scegliere se essere la periferia del vecchio modello industriale di Cassino o turistica, artigianale e creativa. E’ un’opportunità per gli individui, per chi ha un talento, per chi ha voglia di fare, per chi vuole accorciare la distanza tra i piccoli paesi e il mondo della cultura.

 Fare cultura

Il Festival delle storie sogna di essere una fabbrica dell’immaginario. Le storie non raccontano solo il passato. Le storie cambiano il presente. Le storie sono uno strumento per disegnare la mappa del XXI secolo. Questo significa ridefinire i sentieri, le strade, gli incroci della cultura. Le storie ti aiutano a immaginare il futuro. E’ il bagaglio che portiamo nello zaino da esploratori, da cartografi, da viandanti e viaggiatori. E’ il desiderio di aprire nuove rotte senza rinnegare il nostro capitale umano.

 Territorio

Questa terra è la tua terra. Facciamo nostra la preghiera di Woody Guthrie. La valle di Comino, dall’antica Cominium sannita, ultima roccaforte ad arrendersi a Roma nella terza guerra sannitica, è anche un incrocio magico, una terra di mezzo, a un’ora e mezza da Roma, Napoli e Pescara. Ma come spesso accade nell’epica è una terra in bilico, perché pochi passi più in là comincia Gomorra, come se al di là del suo confine ci fosse la parte oscura. E’ sempre più difficile, con la crisi che sta consumando i risparmi delle famiglie, restare lontani dalle occasioni che vengono da Sud. La sfida è resistere e fuggire, magari anche grazie al Festival, alla forza di gravità che ti spinge verso il basso. La valle è nel suo momento cruciale: deve scegliere se rassegnarsi a sopravvivere come hinterland di Cassino, dove la Fiat resta l’unica grande cattedrale di un Novecento industriale, o provare a scommettere sulla propria identità, sul turismo, sul parco nazionale, sulla cultura.

 Viaggiare

Si parte per seguire una storia e si torna con dieci, cento altre storie da raccontare. Quelle di un territorio che si riappropria dell’antica virtù dell’ospitalità. Il Festival delle Storie è l’occasione per fare della Valle stessa un racconto di viaggio, per visitare, ascoltare e portarsi a casa un’esperienza. Che sia una passeggiata tra i vigneti del Cabernet Atina DOC, un trekking urbano tra i palazzi di Alvito, un tour tra le mura megalitiche e i castelli, un trekking a piedi, cavallo o a dorso d’asino sui tratturi e i sentieri del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Sempre a passo lento, sempre respirando profondamente. E’ la valle delle Storie che si racconta al viaggiatore, il vicino di casa e quello che viene da lontano.

 Imparare

Il Festival delle Storie è sapere e saper fare. Tanti laboratori, tutti i giorni e in tutta la valle, per fare propri gli strumenti del racconto guidati dagli autori, ma anche per riscoprire manualità e antichi mestieri, declinandoli a nuovi usi. Scrittura creativa, fotografia, fumetto, favole, architettura. Come si diventa un maker? Come fa un’idea a cambiare il futuro di un luogo? Si può essere artigiani 2.0? E poi a scuola di natura, con i workshop sull’escursionismo, le erbe magiche e la meditazione. E tante, tante storie di cucina.

 Magia

Ogni carta con i suoi paesi medievali, le sue piazze, i conventi, i vicoli, gli slarghi, le terrazze, il lago, gli orizzonti. Alvito, Atina, Posta Fibreno, Vicalvi, Casalvieri, Casalattico, Gallinaro, San Donato, Picinisco, il Castello di Alvito. Tutto questo però ancora non aiuta. Non spiega nulla.

La verità è che la valle delle storie, per conoscerla, devi vederla. Ci devi stare. Solo così puoi ascoltare Eraldo Pecci che ti parla del Torino del ’76, di quello scudetto impossibile che portava sulla pelle ancora il ricordo del Grande Torino, quello di Superga, quello di Valentino Mazzola, e scoprire il segreto del quarto d’ora granata. Puoi farti raccontare da Darwin Pastorin la leggerezza di Garrincha o chiedere a Gianfelice Facchetti i segreti del padre.

Puoi chiedere all’oste dei Cesaroni, Antonello Fassari, se conosce un ristorante ad Atina dove sarebbe un peccato mortale non mangiare. Oppure riconoscere in Fabio Bussotti il signor Stubb, il secondo ufficiale del Pequod, e fermarti lì, con l’odore del mare e di sale sulla pelle, ad ascoltare la verità su Moby Dick e sull’ossessione infinita di Achab. «Roso di dentro e arso di fuori dagli artigli fissi e inesorabili di un’idea incurabile».

Frammenti. Fotografie. Questo possiamo offrirti adesso che tutto è finito. Come si fanno a raccontare quasi centocinquanta ospiti? Enrico De Angelis, direttore artistico del club Tenco, che parla di Sergio Endrigo o Nino Benvenuti che si commuove per la sua Istria tradita, la patria perduta. Walter Siti che fa i conti con i suoi lati oscuri. Le guerre di Toni Capuozzo e quella luce che circonda Sahar Delijani, la ragazza nata in un carcere iraniano, e i suoi Alberi di fiori viola. Cosa accade nel ventre del cavallo di Troia? Ascolta la risposta di Sergio Claudio Perroni. O inseguire le sirene di Emanuele Coco. Fermarsi a parlare con Travaglio, Sallusti, Veltroni. Vedere dal vivo Un giorno da pecora. Viaggiare verso le città invisibili con l’architetto Pica Ciamarra. E poi i laboratori, quello di fotografia e di fumetto, sceneggiatura di videogame o di favole, fermarsi in una Caciosteria a Casa Lawrence a Picinisco per nove giorni di scrittura creativa. Seguire Antonio Paolini nei suoi percorsi gastronomici e magari cucinare un libro con due grandi chef come Nicola Dinato e Niko Romito. Seguire le casematte della linea gotica in mountain bike, finire in un paese fantasma per vedere la caccia dei rapaci notturni o perdersi dietro l’ululato dei lupi. Trovare tre istrici in batteria di guerra davanti alla tua auto o osservare la magia di un capriolo che ti passeggia davanti, uscendo come un patrono di Harry Potter da una strada di campagna. Ma davvero come si può raccontare tutto questo? L’unica risposta che ti si può dare sul Festival delle Storie è: vivilo.

 Li avete mai visti tutti insieme?

 Nel 2010

Bill Saxton, Marco Di Gennaro, Leonora, The Original Slammer Band, Le Ebernies, Atome Primitif, Vins Gallico, Giulia Blasi, Mimmo Gangemi, Emanuela Fontana, Antonella Lattanzi, Giorgio Vasta, Matteo Nucci, Veronica Raimo, Christian Raimo, Marco Mancassola, Mariolina Venezia, Antonio Pascale, Edoardo Inglese, Chiara Valerio, Giuseppina Torregrossa, Maurizio Fiorilla, Dario Cassini, I Calamus, Moreno Burattini, Cinzia Leone, Adamo D’Agostino, Graziano Romano, Dacia Maraini, Mimmo Gangemi, Ben Pastor, Giulio Leoni, Massimo Pietroselli, Gianluca Campagna, Francesco Montanari, Alberto Garlini, Alessandro Orsini, Bruno Marinucci, Pupi Avati.

Nel 2011

Luca Crovi, Andrea Mancia, Rolla Scolari, Gaetano Pellicano, Beatrice Colin, The Club Swing Band, Stefano Testa, Massimiliano Santini, Vittorio Ricci, Bruna Marcelli, Monica Caira, Adamo D’Agostino, Fabian Negrin, Roberto Genovesi, Mario Romano, Josè Manuel Fajardo, Giuseppe Varone, Roberto Fioraso, Tito Stagno, Anna Pizzuti, Ruggero Mastrantoni, Alba Carfagna Bellato, Stefano Savona, Stefania Nardini, Edoardo Inglese, Alberto Basciani, Karla Suarez, Harry Wu, Alessandro Orsini, Fabio Torriero, Maurizio Torrealta, Alberto Pezzini, Gli Skaz, Ivano Capocciama, Silvia Nucini, Giovanna Caratelli, Alessandro Trocino, Antonio Funiciello, Marco Damilano, Max Gobbo, Luigi Milani, Massimo Canu, Davide Malesi, Giancarlo Villa, Emanuela Fontana, Bruno Morchio, Maurizio De Giovanni, Ciro Paglia, Igor Traboni, Mimmo Gangemi, Francesco Pinto, Enzo Limardi, Mario Giordano, Sergio Rubini, Marino Magliani, Gaetano Savatteri, Alessio Torino, I carrozza 86, Aurelio Picca, Giuseppina Torregrossa, Maria Rosaria Valentini, Arnaldo Colasanti, Antonio Sangineto, Luisa Gorlani, Cinzia Leone, Maria Pia Morelli, Giulia Blasi, Manuela Perrone, Vittorio Sangiorgio, Giorgio Nisini, Fabrizio Ottaviani, Stefano Malatesta, Mauro Minervino, Carlo Ghirardato, Sabrina D’Alessandro, Salome Buttarazzi, Alessandra Parisi, Piergiorgio Faraglia, Ivan Polidoro, Carlo Annese, Stefano Ferrio, Tullio Pironti, Andrea Caterini, Pino Nazio, Amedeo Balbi.

Nel 2012

Alberto Schiavone, Andrea Mancia, Carlo Lottieri, Fabrizio Ottaviani, Tomaso Walliser, Luigi Mascheroni, Gianmarco Chiocci, Andrea Galli, Giorgio Conte, Francesco Viviano, Ciro Paglia, Antonino Zichichi, Vince Tempera, Giulio Laurenti, Ambra Radaelli, Luca Manzi, Paolo Bracalini, Michela Giachetta, Giuseppe Di Piazza, Craig Warwick, Matteo Sacchi, Spyros Theodoridis, Luca Beatrice, Davide Ciccarese, Davide Bregola, Andrea Indini, Giuseppe De Bellis, Mourad Ben Cheikh, Hu Lambo, Pietrangelo Buttafuoco, Gianfranco Calligarich, Amleto Da Silva, Vittorio Sgarbi, Paola Barbato, Roberto Diso, Pino Imperatore, Silvia Palombi, Donato Formisano, Elisabetta Gnudi Angelini, Luca Caprai, Gianluca Barbera, Marco Lombardo, Marilisa Merolla, 4Season, Antonio Massari, Toni Florio, Dinko Fabris, Juan Angel Vela del Campo, Anna Maria Greco, Antonio Sangermano, Antonio Pascuzzo, Mario Dovinola, Antonio Patrono, Rosso Antico, Silvana Mossano, Ellade Bandini, Stefano Pozzovivo, L’Ebernies, Clara Sereni, Vanna Vannuccini, Giulio Mozzi, Daniela Ranieri, Carlo Annese, Gianluca Marinelli, Deborah Caprioglio, Alessandra Parisi, Piergiorgio Faraglia, Antonella Colonna Vilasi, Renata Discacciati, Anna Russo, Adelchi Battista, Gino Campanelli, Mauro Gariani, Loredana Limone, Aldo Mattia, Giovanni Negri, Guido Conti, Alessandra Arachi, Mariu Safier, Sergio Garufi, Filippo Tuena, Fabio Bussotti, Ambra Somaschini, Carolina Cutolo, Guido Mattioni, Valeria Parrella, Ilaria Guidantoni, Alfredo Bini, Salah Methnani, Lilia Zaouali, Susi Grossi, Chiara Gamberale, Paolo Ruffini, Filippo Bologna, Filippo La Porta, Stefania Nardini, Bruno Arpaia, Annalisa Canfora, The Original Slammer Band, Claudio Paniccia, Massimo Gardella, Luca Sammicheli, Edgardo Bellini, Moreno Burattini, Riccardo Jacopino, Tito Faraci, Vittorio Sgarbi

 Nel 2013

Marco Iaria, Massimo Veronese, Antonio Bacciocchi, Stefano Bedeschi, Giancarlo Ciabattari, Gianni Bellini, Davide Coero Borga, Eraldo Pecci, Francesco Napoli, Darwin Pastorin, Gianfelice Facchetti, Luigi Guelpa, Emanuele Santi, Giuseppe De Bellis, Gianfranco Calligarich, Filippo Bologna, Antonio Paolini, Niko Romito, Antonio Pascuzzo, Fabio Poggiali, Arturo Diaconale, Giuseppe Rossi, Giuseppe Festa, Paolo Maurensig, Fiorenza Taricone, Vittorio Silvestrini, Stefano Mazzotti, Pierluigi Diotaiuti, Antonello Fassari, Adelchi Battista, Fabio Bussotti, Laura Kibel, Davide Bregola, Simone Caltabellotta, Claudio Paniccia, Francesco Vairano, Alessio Puccio, Claudio Moneta, Maurizio Merluzzo, Max Gobbo, Marisa Ranieri Panetta, Luca Di Fulvio, Giorgio Gabrielli, Delijani Sahar, Toni Capuozzo, Guido Mattioni, Seba Pezzani, Sandro Petrone, Ilaria Guidantoni, Edoardo Inglese, Andrea Mancia, Mauro Minervino, Luigi Trucillo, Veronica Raimo, Davide Di Poce, Luigi Mascheroni, Andrea kerbaker, Giulia Blasi, Mariagrazia Mazzitelli, Gabriella Germani, Adalberto Signore, Giovanni Orsina, Daniela Ranieri, Marco Damilano, Marco Travaglio, Giorgio Zanchini, Stefano Filippi, Andrea Tornielli, Michele Marolla, Eva Clesisi, Gabriella Genisi, Alessandro Bertante, Maurizio De Giovanni, Paolo Sortino, Ambrogio Sparagna, Roberto Brusca, Cosimo Argentina, Massimo Gardella, Marcello Olivieri, Andrea Garello, Massimo Pica Ciamarra, Giuseppe Di Piazza, Filippo La Mantia, Giorgia Wurth, Walter Siti, Pierluigi Battista, Divier Nelli, Marco Vichi, Luciano Santoro, Marie Christine Jean Gatta, Riccardo Medici, Enrico De Angelis, Carolina Cutolo, Nino Benvenuti, Cecilia Gentile, Mauro Grimaldi, I leaders, Nicola Dinato, Rosella Postorino, Marino Magliani, Daniele Bresciani, Marcello Fois, Anna Maria Falchi, Matteo Nucci, Walter Veltroni, Emanuele Coco, Sergio Caludio Perroni, Alessandra Parisi, Piergiorgio Faraglia, Alessandro Sallusti, Manuela Perrone, Vincenzo Schirru, Simona Augelli, Paola Iacobone, David Duszynski, Guido Terracciani, Rosario Palazzolo, Teresa Ciabatti, Ivano Porpora, Riccardo Romani, Filippo Roma, Marco Baliani, Claudio Sabelli Fioretti, Giorgia Meloni, Giorgio Lauro, Rachele Brancatisano, Serena Pagnani, Francesca De Santis, Luca Giurato.

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