Fango su Hillary. Lei: “Sono pronta”
“Clinton Cash”, un libro-inchiesta sulle donazioni ricevute dall’estero dalla Fondazione Clinton quando Hillary era segretario di Stato, potrebbe causare qualche problema alla candidata democratica alla Casa Bianca. Se non altro perché lei e il suo staff dovranno rispondere colpo su colpo, perdendo tempo ed energia. Il libro esce il 5 maggio e promette di rivelare come e perché diversi governi stranieri e uomini d’affari abbiano aiutato Bill e Hillary Clinton a “diventare ricchi”. L’autore è Peter Schweizer, giornalista che scriveva discorsi per George W. Bush. Il libro uscirà per la HaperCollins, la casa editrice di Rupert Murdoch. E c’è un accordo tra l’autore e alcune grosse testate americane – Nyt, Washington Post e Fox News -per approfondire spunti affrontati nel volume. Insomma, la campagna (verità o denigratoria, a seconda dei punti di vista) è appena iniziata.
Secondo quanto anticipato dal New York Times per ora sarebbero emersi due esempi concreti di fondi generosamente girati alla fondazione in cambio di “favori”. Un accordo commerciale di libero scambio con la Colombia avrebbe favorito un ricco uomo d’affari del paese sudamericano, che figurerebbe come uno dei maggiori finanziatori della fondazione. Il secondo caso riguarda una banca canadese che ha donato un milione di dollari proprio mentre il Dipartimento di Stato stava esaminando il progetto dell’oleodotto Keystone (di cui la banca è azionista). Come sottolinea Giuseppe Sarcina, sul Corriere della sera, il progetto gode del sostegno del Congresso, guidato in entrambi i rami dai Repubblicani, e per il momento è osteggiato dal presidente Obama.
Tra le righe si legge un’analisi unita ad un’accusa molto grave. Hillary cerca di posizionarsi come paladina della middle class, ma tra 2001 e 2012, scrive Schweizer, il reddito della sua famiglia è stato di 136,5 milioni di dollari: “Negli anni del suo servizio pubblico, lui e lei hanno facilitato importanti transazioni con governi stranieri e individui: alcune hanno messo milioni nelle loro tasche”.
Nei giorni scorsi, per fugare ogni dubbio sulla trasparenza dei fondi, la Fondazione aveva reso noto che avrebbe continuato ad accettare sostegni solo da alcuni paesi (Australia, Canada, Germania, Olanda, Norvegia e Gran Bretagna), rinunciando invece a quelli provenienti dall’Arabia Saudita e da altri paesi del Golfo, per evitare interferenze con i dossier aperti che riguardano la politica Usa su Medio Oriente e altre zone calde. La decisione, però, varrà d’ora in avanti. I fondi ricevuti in passato ormai sono stati messi in bilancio e spesi. Tra i benefattori più grandi l’Arabia saudita, lo Stato del Kuwait, alcuni uomini d’affari sauditi e ucraini, la Coca Cola e molti altri. Tutti regolarmente registrati.
La Clinton reagisce in questo modo all’imminente uscita del libro: “Sarò oggetto di una serie di attacchi. Sono pronta per questo. So che, purtroppo, fa parte delle cose”. Per il momento, però, non passa al contrattacco. Tenta di farsi scivolare addosso l’episodio. Ma parlando con alcuni giornalisti in New Hampshire, si concede una battuta velenosa: “Credo valga la pena notare che i repubblicani sembrano parlare solo di me. Non so di cosa parlerebbero se io non fossi nella corsa”.
Basterà a placare i Repubblicani?