Nell’ultimo trimestre è proseguita la discesa dei metalli preziosi.
Era dal 1989 che l’Oro non segnava per sei mesi consecutivi, chiusure negative.
L’argento ha raggiunto i valori più bassi del 2015 (14 Usd l’oncia), quando il prezzo del petrolio era però a 35$ il barile (oggi è a 75$), mentre l’Oro più stabile è tornato ai valori del 2017. Questo implica che il gold/silver ratio abbia superato il livello di 80, attestandosi ad 84 once di Argento per un oncia d’Oro.
Bisogna tornare indietro di 10 anni per avere il Silver così sottovalutato rispetto all’Oro ed inoltre raramente negli ultimi 40 anni si sono visti valori sopra 80.
Un dato ancora più sorprendente riguarda il prezzo dei metalli preziosi aggiustato per tener conto dell’andamento dell’inflazione, in base all’indice dei prezzi utilizzato sino al 1980  – dal 1981 in avanti la metodologia è stata rivista per ben 14 volte e non è più affidabile. Ebbene, l’attuale prezzo dell’Oro e dell’Argento in dollari è al di sotto del livello degli ultimi 50 anni (1970).
Peraltro il prezzo del paper Silver, nell’area 14 dollari l’oncia, è sotto il costo di estrazione per la gran parte delle “Silver Mining company”.
Questa situazione difficilmente potrà perdurare principalmente per la forte domanda presente sul mercato. Ecco alcune evidenze:
L’India nei primi 6 mesi di quest’anno ha importato circa il 30% della produzione mondiale di argento, facendo segnare un incremento del 47% sul 2017.
Con il prezzo del Silver sceso dell’8%/10% tra luglio ed agosto, la domanda potrebbe crescere ulteriormente nel secondo semestre.
All’inizio di Settembre la US mint ha annunciato di non aver più American Eagles disponibili per la vendita (sold out tutte le giacenze) a causa di una domanda esplosa nel mese di agosto (+72%) rispetto a Luglio. Per questo motivo le monete all’acquisto mostravano un premio rispetto al prezzo dell’argento di +25% (una maggiorazione di 4 dollari per ogni moneta).
Dati sorprendenti sono stati anche quelli di Settembre che è risultato il miglior mese dell’anno per la vendita di Silver Eagles (+90% rispetto ad Agosto).
Se escludiamo i mesi di Gennaio del 2017 e del 2018, che di norma registrano vendite elevate per l’emissione di monete di nuova annualità, era da Novembre 2016 che non venivano comprate 3 milioni di monete di Silver Eagles in un solo mese.
Una domanda così robusta non si vedeva da 2 anni.
Anche gli acquisti di monete d’Oro hanno registrato a Settembre il miglior mese da Novembre 2017 con la domanda salita del 30%.
Nonostante tutto ciò, i prezzi restano vicino ai minimi dell’anno e ciò è dovuto principalmente all’altissimo scoperto (cresciuto enormemente negli ultimi 3 mesi) che si è registrato sui future del Gold e del Silver (Comex).
Ma chi può avere interesse ad andare massivamente scoperto (la categoria degli investitori sembra essere quella degli speculative ma ci sono dubbi sulla veridicità delle informazioni ufficiali riportate) a prezzi cosi bassi, specialmente sul Silver?
In ogni modo, con una domanda tanto forte, saranno i prossimi mesi a dirci come e con quale impatto sui prezzi riusciranno a chiudere le posizioni scoperte.
Da rilevare che i volumi sul mercato future restano estremamente alti, con scambi giornalieri di circa 500 milioni di once rispetto ad una produzione mondiale annuale di 860 milioni di once (quindi ogni giorno sul “Paper Silver” è scambiato il 60% dell’argento estratto in un intero anno).
Il rischio di una liquidazione cash sui contratti future del Silver è sempre possibile e se dovesse accadere provocherebbe una esplosione del prezzo spot dell’argento di cui non beneficerebbero certamente gli acquirenti del “Paper Silver”.
Una notizia che potrebbe aver condizionato il recente andamento delle mining stock e forse dei metalli preziosi, è stata la decisione di Vanguard (una tra le società di gestione americane più importanti con 5,1 trilioni di $ di fondi in portafoglio) di ristrutturare il suo fondo di metalli preziosi. La società ha previsto di tagliare dall’80% al 25% la sua esposizione nel settore, riducendo di conseguenza la possibilità per la sua clientela di investire in Oro, Platino (ai minimi da 10 anni) e Argento.
Apparentemente, l’ultima volta che Vanguard prese una decisone così netta sul settore dei metalli preziosi, fu nel 2001 e coincise con l’inizio del marcato rialzo dell’Oro.
Per concludere sono molti i rischi ancora presenti sui mercati, per non avere un flusso costante verso attività estremamente sottovalutate quali Oro e Argento:
– i 250 miliardi di debito mondiale non più rimborsabili in moneta avente lo stesso potere di acquisto (il debito pubblico americano è salito di altri 1.6 trilioni di dollari solo negli ultimi 12 mesi);
– i deficit pubblici costantemente in aumento (ad esempio l’america chiuderà il 2018 con 1 trilione di deficit);
– gli indici azionari USA ai massimi storici che mostrano in media multipli sugli utili annuali di 32/34 volte (la media storica e’ di 15);
– rendimenti dei titoli di Stato americani (3,3%) ai livelli massimi degli ultimi 4 anni;
– la volontà di diversi paesi di ridurre/eliminare la dipendenza dal dollaro americano (Cina, Russia, Iran, Turchia, etc.) con azioni bilaterali sempre più concrete;
Sarà anche per questo se diverse banche centrali proseguono nella fase di accumulo del metallo giallo e recentemente si è affacciata negli acquisti anche la Polonia che ha incrementato di 9 tonnellate le riserve d’Oro (era da 20 anni che la Polonia non acquistava quantità di Oro così importanti). Aspettiamo di conoscere i dati sulle riserve di Oro delle Banche Centrali dell’intero 2018, ma senza dubbio a comprare lingotti senza sosta ci sono sempre la Russia (diventato il quinto detentore al mondo di riserve auree) e la Cina.
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