Iniziamo con la notizia, riportata anche dalla stampa italiana, della multa di 920 milioni di dollari, a seguito delle indagini condotte dal Dipartimento di Giustizia, dalla SEC e dalla CFTC (commodity future trading commission), comminata alla JPMorgan per manipolazione dei metalli preziosi.
Si tratta della multa più alta applicata nella storia dalla CTFC (non significativa per le dimensioni di JPM) che recentemente aveva sanzionato anche la Bank of America (multa di 36 milioni di Usd) e la Scotia Bank (multa di 127 milioni di Usd) sempre per manipolazione dell’Oro e dell’Argento.
Le implicazioni per il mercato dei metalli sono ancora difficili da prevedere, le banche sono state per ora graziate da provvedimenti di natura penale e quindi bisognerà vedere se i vertici delle stesse adotteranno controlli più stringenti per impedire ai suoi dipendenti di perpetrare il reato, evitando il rischio di essere definitivamente escluse da questo mercato dai regolatori.
Ricordo che nel 2019, durante le indagini, il pubblico ministero dichiarò che il desk sui metalli preziosi della JPMorgan operava come un impresa criminale all’interno della Banca. Una cosa è certa la reputazione della JPMorgan ne esce ancora una volta molto danneggiata.
Venendo al terzo trimestre dell’anno, si è osservata una salita del prezzo dell’Oro (+6,7%), che in agosto ha segnato un massimo storico a 2067 Usd l’oncia ed una forte accelerazione dell’argento (+33%) che ha scambiato oltre i 29 Usd l’oncia, con rintracciamento nel mese di settembre a 1900 Usd per il Gold e 24 Usd per il Silver.
In ogni modo, pur essendo l’Oro a +30% e l’Argento a +105% rispetto ai minimi di febbraio 2020, analizziamo ancora una volta gli indicatori principali per inquadrare la dimensione della crisi del sistema monetario e finanziario, nonché le ragioni per cui sarebbe prematuro ridurre l’allocazione del risparmio nei metalli preziosi.
Partiamo dal debito pubblico Americano che ha raggiunto i 27 trilioni di dollari (+2 trilioni rispetto a Maggio 2020) e dal deficit Usa corrente che alla fine di agosto ha raggiunto i 3 trilioni di dollari, risultando due volte più alto del precedente massimo registrato durante la recessione USA del 2009.
Dal prossimo anno anche l’America sarà nel gruppo dei paesi con un rapporto debito GDP superiore al 100%.
Inoltre, il bilancio della Fed e delle principali banche centrali sta aumentando a ritmi impressionanti. Ciò è dovuto alla necessità impellente di immettere sempre più moneta nel sistema.
A fine 2019 la Fed deteneva asset per un valore pari al 19% del GDP americano, salito attualmente al 34% del GDP e che si stima arriverà a 38% alla fine dell’anno. Anche la BCE che a fine 2019 deteneva asset per un valore pari al 39% del GDP dell’area euro, ha incrementato il suo attivo portandolo al 56% e si stima che raggiungerà il 64% del GDP alla fine del 2020. Situazioni similari si osservano sulla maggior parte delle altre banche centrali.
La quantità di moneta creata è senza precedenti e a tal proposito riporto l’interessante raffronto, pubblicato da un importante analista, tra l’incremento mensili dei dollari immessi nel sistema e la produzione di Gold e Silver sempre su base mensile.
Ebbene la FED inietta tutti i mesi circa 120 miliardi di dollari, rispetto ai 14 miliardi di dollari di once d’Oro e 1.3 miliardi di dollari di once di Argento.
Quindi, mensilmente, la Fed sta creando nuova moneta per un ammontare superiore a circa 9 volte la produzione mensile di Oro e a circa 95 volte la produzione di Argento.
Ciò peraltro senza considerare tutta la nuova moneta che stanno iniettando nel sistema anche le altre banche centrali, cosa che bisognerebbe fare se il raffronto è rispetto  alla produzione mensile complessiva a livello mondiale dei due metalli preziosi.
Per tale motivo appare molto rischio allocare quote rilevanti di risparmio in titoli di debito, con rendimenti negativi o prossimi allo zero.
La partita più importante in questo scenario è la difesa del potere di acquisto del risparmio ed allo stato attuale solo Oro e Argento, anche grazie a 35 anni di manipolazione, dovrebbero consentire tale risultato.
Infatti, non credo sia un caso se alcune categorie di investitori, quali i fondi pensione, che mai avevano considerato prima d’oggi investimenti in Oro, stiano diversificando sul metallo giallo.
Ad esempio il fondo Ohio Police and Fire ha recentemente annunciato che il 5% delle sua attività saranno allocate sull’Oro. Quindi dei 15,7 miliardi di dollari in gestione l’allocazione del 5% equivarrebbe a 750 milioni di dollari in once (2,5% dell’Oro prodotto annualmente nel mondo).
Teniamo presente che la quasi totalità dei fondi pensione, non detiene per ora once d’Oro e le masse in gestione sono enormi (46 trilioni per i Fondi Pensione Usa e 55 trilioni per i primi 30 mutual fund Usa), rispetto alla dimensioni del mercato dei metalli preziosi.
Sorprendente anche la notizia del mese di agosto, dell’investimento di 563 milioni di dollari da parte di Warren Buffet, in una delle più importanti aziende produttrici di Oro (Barrick Gold). Stiamo parlando di uno tra i più conosciuti e rilevanti investitori al mondo, sempre critico sull’investimento in Oro, che per la prima volta ha deciso di acquistare un ammontare di tutto rispetto, in una Gold mining stock.
Al contempo la situazione del mercato Future appare di difficile gestione per le bullion banks e risulta particolarmente complessa nella gestione delle prossime scadenze dei contratti, a causa delle alte richieste di fisico.
Tutto ciò nonostante la decisione straordinaria ed approvata negli ultimi mesi, che ha consentito di aumentare le raffinerie di Oro e di Argento, autorizzate nel mettere a disposizione i lingotti richiesti per le delivery.
I numeri sul mercato future confermano che le bullion banks non riescono a ridurre lo scoperto e coloro che detengono i contratti in acquisto, sono la categoria di investitori che sta chiedendo ad ogni scadenza, la consegna di ingenti quantità di fisico.
Le posizioni lunghe di questi investitori sono ai livelli più alti di sempre e sono aumentate anche nelle ultime settimane di settembre durante la discesa dei prezzi.
A questo punto, per le bullion banks, potrebbe essere una sfida titanica riuscire a superare indenni (rispettando la consegna di fisico) sia la scadenza di ottobre ma forse ancor più sfidante quella di dicembre.
Vedremo chi avrà la forza di soccorrerle in questa occasione e dopo decenni di manipolazione, con la trasformazione del mercato future in un mercato fisico, i giochi con la carta finalmente potrebbero essere giunti alla fine.
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