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Sabato 17 giugno facevo colazione con il Caffè di Gramellini, che raccontava le strazianti vicende di Madri e figli, delicatamente estratte dalla notte della Grenfell Tower di Londra. Massimo Gramellini è una penna rassicurante anche nel tragico, conciliante anche quando addenta, che adempie con tatto al ruolo di accompagnatore per convinzioni e sentimenti apparentemente universali, rinfrancandoli. La si potrebbe chiamare ruffianeria, ma omnia munda mundis. Pur in un episodio infernale, nell’accezione archetipica del termine, il corsivista torinese ha saputo infatti dare ossigeno all’amore e alla speranza, con gli unici aliti di lieto fine possibili. Malauguratamente il suo nobile intento empatico verso il sentire del lettore e verso il destino di quegli sventurati, flagellati dalla disperata brutalità della vicenda, veniva soppresso. Asetticamente, con micidiale quanto indifferente efficienza. Soppresso da uno spot pubblicitario che si spalancava nel cuore della transizione emotiva. Il lettore affannava terrorizzato nel fumo, nel calore insopportabile, vedeva una madre pronta a gettare il frutto del suo seno da una finestra per salvarlo dalle fiamme appena prima di esserne inghiottita; seguiva i passi di un figlio che disperatamente scendeva 24 piani di rogo con l’anziana genitrice sulla schiena, palpitando; allorquando emergeva il sereno volto di una giovane donna tonificato dalla sferzante doccia di una crema idratante. L’inumano che annienta quel poco di umano che ancora idrata le nostre anime.

 

L’imboscata subita dai lettori di Gramellini non è stata l’unica correlata alla Grenfell Tower. Già poche ore prima il Corriere.it aveva pubblicato un video girato con il cellulare da un condomino che dalle vicinanze riprendeva il palazzo in fiamme, raccontando di come era uscito e testimoniando con voce angosciata la presenza di famiglie che gridavano aiuto dai piani alti. Prima e dopo quel video, immagini della Slovenia e della Carinzia, che fra natura in fiore e bellezze storico-monumentali, davano refrigeranti spunti su dove trascorrere le vacanze estive in famiglia. Vorrei poter dire che questa «sgarbatezza» riguarda soltanto una testata online, ma non sarebbe la verità. E’ possibile infatti che mentre leggete queste righe le troviate incorniciate da consigli su come far scomparire il grasso addominale. E l’inesorabile picchiata dell’annuncio pubblicitario, anche in contesti emotivamente laceranti, anche con rimandi e contrappunti involontariamente quanto atrocemente ironici, rappresenta il carattere coatto dell’umanità estraniata a se stessa. In agguato ovunque, nei luoghi fisici come in quelli virtuali, capace di penetrare fino alle più profonde ramificazioni della coscienza con un potere persuasivo e manipolatorio sconosciuto anche alla propaganda dei totalitarismi.

 

 

Tutte le sferzate politicamente corrette cui il libero pensiero è sottoposto ogni giorno, in casi davvero scorretti come questi… non muovono un refolo, rivelandosi per quello che sono: armi da parata che camuffano la clava primordiale del pensiero unico di regime; la verga del dominio. E lo sdegno codino di cui le teste e i cuori vuoti traboccano, quando davvero ce ne sarebbe necessità, non ha un sussulto, non fa un plissé. L’asservimento dell’informazione al capitale del padrone e alle polle che vanno ad alimentarlo è tale da recidere anche la commozione, anche la pietà, e di farlo con l’algore meccanico della mietitrebbia che falcia storie di coccinelle sotto di sé.

 

Le ragioni dell’umano di fronte all’incedere della ragione pianificatrice sono irrilevanti e mai fastidiose, perché dal popolo dell’erba non arrivano urla. La falce livellatrice del capitale investito è l’unico agente davvero democratico che ci resta, più ancora della morte, che arriva pur sempre in tempi e modi diversi per ciascuno. Il display advertising, quello passa al setaccio tutto con equanimi distacco e ferinità. Quanto il cuore ha ancora un moto di reazione all’abuso subito – magari perché sta compartecipando di un cataclisma sulle terre devastate dall’uragano Katrina e si ritrova innanzi Alessia Marcuzzi che magnifica le doti medicamentose del Bifidus ActiRegularis, come appuntavo nel 2005 – presto lo ingoia. Perché la soffocante prassi economica, percepita come razionale e ineluttabile, lo depreda in ogni recesso, lo disavvezza a protestare o anche solo a recalcitrare; ne paralizza i battiti di reazione, perché ciò che oppone resistenza può sopravvivere solo nella misura in cui si inserisce.

 

Nessuno si scandalizza per un messaggio promozionale. L’economia va fatta girare, la pubblicità è l’anima del commercio, il produttore è al servizio del consumatore e i giornali sono divulgatori di servizi che danno spazio a chi «crede nel progetto». Nessuno scrive lettere sdegnate al direttore. Questo stesso articolo verrà digerito come un rinoceronte al trotto digerisce un dittero. Un’istanza onnipresente ha decretato che si può fare, che è accettabile: e lo è. Perché l’epopea di una madre che prima di morire getta il suo neonato dalla finestra per salvarlo dalle fiamme rappresenta un prodotto di consumo precisamente come una crema idratante per il viso.

Da bambini tiravamo sospiri di sollievo per l’arrivo della pubblicità durante la finzione di un film dell’orrore; da adulti riconosciamo in quella pubblicità l’orrore del reale.

 

 

 

 

 

 

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