Confusione sessuale
Sedevo al tavolo di un ristorante milanese da circa dieci minuti, osservando come il cameriere fosse del tutto disinteressato alla mia presenza. Una volta nelle locande meneghine si respirava la cultura dell’accoglienza, il maître de salle ci aiutava a sfilare delicatamente lo spolverino e faceva scivolare con tatto felpato la sedia sotto i nostri glutei affaticati. Di questi tempi invece, nei quali si confonde l’autonomia con il fai da te, tutti sono felicissimi di servire se stessi, imbrattati del ributtante cerimoniale da happy hour, e al ristorante è tanto se qualcuno si preoccupa di cucinarti qualcosa senza invitarti direttamente ai fornelli. Per fortuna, anche attraverso i rituali più venefici è possibile crescere in scienza, specie in quella demo-etno-antropologica. Che cosa infatti, più di ogni altra, connota un uomo? La facondia, le movenze, lo sguardo, l’uso o meno del borsello, del congiuntivo? No. Donne, prima di maritarvi, ricordate questo mio precetto: nulla vi racconta maggiormente di un uomo del come si pone di fronte a un buffet. Se lo osserverete, non viste, troverete chi fa per voi e chi non vi conviene: il prevaricatore, l’avido, il perbenino, il represso, l’ipocrita, il maiale. Ma torniamo al vostro affezionatissimo, sempre in attesa di una ciotola di riso o almeno di un buondì. Preso da quella nevrosi tutta contemporanea per l’indipendenza, decido di alzarmi e di presentarmi sotto il grugno del commis de rang: «Posso sedermi?». «Sì, sì», mi rassicura. Così mi accomodo al tavolo di prima, con la postura sorpresa di chi lo fa per la prima volta. Dopo altri cinque minuti giunge il ragazzo. «Un risotto alla milanese e una mezza frizzante, grazie». Nella vana attesa di un cestino del pane, mi trastullo leggendo i vostri commenti al post precedente, e almeno il mio sopraffino appetito culturale viene saziato. Finalmente il risotto. Ai funghi.
«No guardi, squisitissimo, lo avevo chiesto alla milanese». Il ragazzo è allibito e intercetto fra le righe del suo cipiglio un sottotitolo molto simile a «minchia zio, ma mangialo con i funghi che è stagione, stracazzo!». Così mi sento in dovere di giustificarmi: «Sembra allettante, lo ammetto; purtroppo sono intollerante agli epigei». Perplesso, ma persuaso della necessità di riportare il piatto in cucina, barcolla di mestizia. Io intanto aspetto ancora l’acqua, così, per distrarlo da quella inopinata disdetta, gli ricordo quanto sia giovevole. Questa volta è più lesto e poco dopo torna con una mezza bottiglia. Naturale. A questo punto, con ogni probabilità anche un fondamentalista del canone tibetano di corrente morotea mattarelliana avrebbe tirato due porconi… così chiedo al ragazzo di avvicinarsi. «Ti avverto un po’ svagato, carissimo, magari sei stanco; vuoi fare una pausa? Ti sostituisco io». Il giovane trova un rigurgito di lucidità e comprende di non aver sprizzato zelo professionale da quella mezza zazzera che gli addobbava negligentemente il capo e mi sminestra con schiettezza ciò che lo affligge. «Mi scusi, davvero. Ma oggi è stata una giornata difficile; scusi ancora». E resta fermo sul posto, avvolto in un grembiule di pensieri. Capisco in fretta che ha bisogno di un cappellano. «Sono solo le 13.30, che cosa può esserti successo di così drammatico?». «Stamattina ho scoperto di essere cornuto».
Quella frase aveva avuto il potere di sparecchiare ogni rimprovero precedente, rendendomi tosto indulgente. Dopotutto, ogniqualvolta un uomo viene fatto becco, è come se tutti gli uomini del pianeta sentissero una fitta al costato. «Mi dispiace, sinceramente». «E sa qual è la cosa peggiore?». «No ragazzo, e dammi pure del tu». «La cosa peggiore è che mi ha fatto le corna con il mio migliore amico!». Avrei voluto abbracciarlo. Cucinare per lui, versargli parole di conforto nella caraffa del cuore. Ma ero autenticamente in imbarazzo. Nel frattempo iniziai a mangiare nervosamente le linguine allo scoglio che mi erano state portate dall’oste in persona. Non mi va di fare sempre la parte dell’aruspice che legge le interiora dei muffloni e con padronanza divinatoria traccia il futuro. Però vi avevo allertato, santo cielo! Oggi le donne propiziano ciò che un tempo ci spettava di diritto. La femmina poteva rompere i coglioni, era un suo diritto; a noi spettava invece la possibilità di sguinzagliare qualche pisellata. Ma ora no! E’ la donna la predatrice… e se ci lamentiamo passiamo pure per rompicoglioni! Non mi stupirei se anche l’amico, comunque infame, fosse una vittima di quella insaziabile virago. Certo deve far male… scoprire di essere stato tradito da chi amavi di più. E lui non aveva l’aria dell’incassatore. Così lo rincuoro sciorinando il prontuario di Miriana Trevisan. «Tu sei meglio di loro. Si sono trovati, guarda. Tutto ciò gli tornerà indietro. So che ti sarà difficile fidarti degli altri d’ora in avanti, ma ricorda che il mondo non è abitato soltanto da persone sleali. Certo te l’hanno fatta grossa e non puoi passarci sopra». «Veramente grossa!», si sfoga lo sventurato. «Che il mio amico fosse uno stronzo lo so da sempre; siamo cresciuti insieme e non sono mai stato capace di liberarmene. Ma una cosa del genere non me la sarei mai aspettata dal mio ragazzo, mai!».
Neppure io, davvero.