Sanremo e i nazisinistri
Il Nazionalsocialismo si serviva del Kampfbund für deutsche Kultur di Alfred Rosenberg per governare il condizionamento ideologico attraverso la musica, il cinema, le arti figurative. Esaltazione del mito germanico e annullamento degli artisti degenerati erano i paradigmi operativi, già prima che si imponesse il noto Ministero per l’Istruzione pubblica e la propaganda di Goebbels. Oggi la sinistra internazionalista e mercatista fa lo stesso. Il mito globalista, immigrazionista, meticcista – al servizio del totalitarismo consumista annunciato da Pasolini – sostituisce quello della razza pura con quello della mescolanza. Ma il fine è il medesimo: imporre un sistema di potere attraverso la manipolazione delle idee.
Non seguo Sanremo dai tempi di Aleandro Baldi, perché piaceva tanto a mia nonna. Trovo sia secondo solo al circo bielorusso come spettacolo propagatore di mestizia. Ho ascoltato un paio di volte la canzone vincitrice, per zelo deontologico, prima di parlarne. Ma la qualità musicale, deprimente, non è rilevante. Ciò che rileva è l’uso rivoltante di Alessandro Mahmoud – giovane, figlio di padre immigrato, sessualmente ambiguo – come fosse un piede di porco per penetrare nelle case e nelle coscienze con l’immagine trionfante dell’integrazione e della mistione. I viscidi opportunisti giacalustra alla Beppe Sala subito se ne sono serviti: «Bravo Mahmood! Con te ha vinto Gratosoglio, Milano e l’Italia. Ti aspetto a Palazzo Marino per congratularmi di persona». Manca l’Europa, al genuino e disinteressato messaggio del sindaco, ma la consideriamo un’inosservanza sempre e comunque anti-sovranista. Enrico Mentana lo ha ansiosamente usato come attrezzo per insinuare un sarcasmo politico piccino piccino: «Che colpo la vittoria di Mahmood!». Alessandro, nella sua gloria prefabbricata, è una vittima. E’ un aggeggio. Utilizzato con cinismo che meriterebbe l’inferno, solo esistesse, da una “giuria di qualità” che incarna farsescamente la banalità del male. Se il nome del figlio di padre magrebino che massacra a bastonate dei bambini è Tony, come un napoletano, e quello del tunisino che accoltella a morte la fidanzata va celato, il nome dell’artista Mahmood è trascinato a forza in trionfo. Contro la recalcitrante volontà popolare di oggi, di molti vecchiardi leghisti e massaie 5stelle, per spalancare una finestra di Overton sulla volontà popolare di domani, quella dei giovani, già plasmati dal modello perché cresciuti in esso. L’uso commerciale della musica di Mahmood, che piace ai consumatori drogati di Ghali, nel massimo teatro nazional-popolare della “tradizione fané”… è l’ultima scorribanda della aculturazione, della propaganda colonizzatrice nazisinistra.