Himmler with his daughter, 1938

Per inscenare un’inesistente guerra contro l’Albania utile a distrarre l’attenzione da fatti ben più sconvenienti, lo staff del Presidente statunitense pilotava i sentimenti delle moltitudini ricreando nello studio di un produttore hollywoodiano la straziante vicenda di una ragazzina bionda che fuggiva dalle bombe tenendo in grembo un gattino bianco. Nella realtà di oggi è una ragazzina svedese con disturbo pervasivo dello sviluppo, le treccine chiare e tanto coraggio, che scappa virtualmente dalle bombe del surriscaldamento globale tenendo in grembo tutti le creature indifese del pianeta… a trafiggere i cuori delle genti. Ma se da spettatore di Wag the Dog potevi consolarti con l’auspicio di una finzione dentro la finzione, da abitante del mondo ti accorgi con sgomento che le medesime pantomime sono iperreali e la credulità addirittura superiore, con le stesse treccine che vedevi come feticcio di innocenza in braccio a Himmler e Stalin. L’effetto persuasivo avuto da questa pupattola di propaganda che fa “tremare i grandi della terra” è stato a tal punto epidemico da trasformare in tragedia ogni comicità possibile sul tema. Ma osserviamo da vicino il delirio “amministrato”, il marketing del dominio inebetito. Senza scendere nel merito della questione – il pianeta è malato, è in pericolo di vita? Siamo noi esseri umani i responsabili della sua precaria condizione e dell’ingiustizia climatica?  – valutiamo la lucida amnesia dell’orrore sottaciuto. Greta e i suoi seguaci vorrebbero guarire la terra per salvare le nuove generazioni. Hanno a cuore il futuro di tutti i bambini, perché i bambini sono il futuro dell’umanità: «Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo». Purtuttavia, ignari della necessità di ridurre le emissioni, ogni minuto, nel mondo, cinque bambini muoiono di fame. 7.000 creature sotto i cinque anni ogni giorno muoiono per cause legate alla malnutrizione. Il loro tempo è già scaduto. Ora, se foste il padre di una bambina di 4 anni morta fra le vostre braccia perché non aveva di che nutrirsi, che cosa pensereste di chi si strugge per l’ingiustizia climatica a tutela dei piccoli di domani? Come diceva George Carlin in un noto spettacolo di tanti anni fa che citavo la scorsa settimana: «Non siamo neppure in grado di prenderci cura gli uni degli altri e vorremmo salvare il pianeta?!? Sono stanco di queste cazzate, stanco di queste cazzate, stanco! Il pianeta se la cava alla grande; è la gente a essere fottuta». Eppure, come arma di distrazione di massa dall’inenarrabile mostruosità che è la fame, che è la distopica distribuzione delle risorse, che è l’ingiustizia sociale – quelle sì sotto il nostro completo controllo – si dibatte sull’ingiustizia climatica, sulle sorti del pianeta, che padroneggiamo come un’astrologa governa le stelle.

 

 

 

 

Il toccante discorso di Greta, immaginiamo da lei sola concepito e forumulato, benché con una chiosa “populista”, è corretto: «La civiltà viene sacrificata per dare la possibilità a una piccola cerchia di persone di continuare a fare profitti. La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. Molti soffrono per garantire a pochi di vivere nel lusso. (…). The real power belongs to the people». Brava Greta! Ma non c’è bisogno di deviare verso paroloni come “biosfera”, basta osservare come è trattata la vita che già vive.

 

 

 

 

 

 

E’ dunque possibile che una superstizione ideologica così grossolana, sobillata da una predicatrice così fasulla, possa attecchire con tale facilità anche nell’animo di persone coltivate? La risposta risiede, sempre più profeticamente, nella Dialettica dell’Illuminismo, che ora più che mai mostra con divina limpidezza il patetico incedere dell’uomo “positivo” che credeva di aver sconfitto per sempre il mito con il lume della ragione, di aver superato la paura e di essere padrone della natura. Oggi, nello scientismo da Conferenza mondiale sul clima e negli occhi di una piccola attivista c’è tutta l’angoscia mitica radicalizzata. Nulla può esserci fuori dal nostro controllo, sembrano dirci i ghost writer di Greta. Neppure i rivolgimenti climatici, perché la semplice idea di un “fuori” è la fonte genuina dell’angoscia. La fiducia incrollabile nella possibilità di dominare il mondo che Freud attribuiva alla magia, corrisponde solo al dominio del mondo secondo il principio di realtà ad opera della scienza posata e matura.

 

 

 

 

 

«Fin da quando il linguaggio entra nella storia, i suoi padroni sono sacerdoti e maghi. Chi offende i simboli cade, in nome dei poteri soprannaturali, in balia di quelli terrestri, rappresentati da quegli organi appositi della società. Il sacro si trasmette ai maghi che sono in rapporto con esso. Nelle prime fasi, ancora nomadi, i membri della tribù prendono parte autonoma all’azione esercitata sul corso naturale. Gli uomini scovano la selvaggina, le donne svolgono il lavoro che può aver luogo senza un rigido comando. Quanta violenza abbia preceduto l’assuefazione anche a un ordine così semplice, è impossibile stabilire. In esso il mondo è già diviso nella sfera del potere e in una sfera profana. Già in esso il corso naturale è elevato a norma che esige sottomissione. Ma se il selvaggio nomade prendeva ancora parte all’incantesimo che lo delimitava, in epoche successive il commercio con gli spiriti e la sottomissione sono ripartiti fra classi diverse dell’umanità: il potere da una parte, l’obbedienza dall’altra. I processi naturali, eternamente uguali e ricorrenti, vengono inculcati ai sudditi – da tribù straniere o dalle proprie cricche dirigenti – come tempo o cadenza lavorativa, al ritmo della clava e del randello, che rimbomba in ogni tamburo barbarico, in ogni monotono rituale. I simboli prendono l’aspetto di feticci. La forma stessa deduttiva della scienza riflette coazione e gerarchia. (…). Nel mondo illuminato la mitologia è penetrata e trapassata nel profano. La realtà epurata dai demoni e dai loro ultimi rampolli concettuali, assume, nella sua naturalezza tirata a lucido, il carattere numinoso che la preistoria assegnava ai demoni. Sotto l’etichetta dei fatti bruti, l’ingiustizia sociale da cui essi nascono è consacrata come qualcosa di immutabile in eterno, quanto era sacrosanto e intoccabile lo stregone sotto la protezione dei suoi dèi. L’estraniazione degli uomini dagli oggetti dominati non è il solo prezzo pagato per il dominio: con la reificazione dello spirito sono stati stregati anche i rapporti interni, anche quelli di ognuno con se stesso».

 

 

 

E qui arriva il cadavere vivente del benpensante medio, del progressista illuminato che potete leggere sulle bacheche di Zingaretti, Mentana o Beppe Sala: «Il singolo si riduce a nodo o crocevia di reazioni e comportamenti convenzionali che si attendono praticamente da lui. L’animismo aveva vivificato le cose; la mercificazione reifica le anime. L’apparato economico dota automaticamente, prima ancora della pianificazione totale, le merci dei valori che decidono del comportamento degli uomini. Da quando le merci hanno perso le loro qualità economiche ad eccezione del carattere di feticcio, quest’ultimo si diffonde, come una maschera immobile, sulla vita della società in tutti i suoi aspetti. Attraverso le innumerevoli agenzie della produzione di massa e della sua cultura, i modi obbligati di condotta (ambientalismo, antirazzismo, mondialismo, genderismo etc, ndr) sono inculcati al singolo come i soli decorosi e ragionevoli. Egli si determina ormai solo come una cosa, come elemento statistico, come “like”,  come success or failure. Il suo criterio è l’autoconservazione, l’adeguazione riuscita o no all’oggettività della sua funzione  e ai moduli che le sono fissati. Tutto il resto, idea o criminalità, apprende la forza del collettivo dirigente, che fa buona guardia dalla scuola al sindacato. Ma anche il collettivo minaccioso è solo una superficie fallace dietro cui si nascondono i poteri che ne manipolano la violenza. La sua brutalità, che tiene il singolo a posto, rappresentano altrettanto poco la verà qualità degli uomini come il valore quella degli oggetti di consumo. L’aspetto satanicamente deformato che le cose e gli uomini hanno assunto alla luce chiara della conoscenza spregiudicata, rinvia alla schiavitù, al principio che operò già la specificazione del mana negli spiriti e nelle divinità  e che invischiava lo sguardo nei miraggi degli stregoni. La fatalità, con cui la preistoria sanciva la morte incomprensibile, trapassa nella realtà comprensibile senza residui. Il panico meridiano in cui gli uomini si rendevano improvvisamente conto della natura come totalità, ha il suo corrispettivo in quello che, oggi, è pronto a scoppiare ad ogni istante: gli uomini attendono che il mondo senza uscita sia messo in fiamme da una totalità che essi stessi sono e su cui nulla possono».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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