Perchè questo blog
«Lo scrittore farà l’esperienza che, se si esprime con precisione, con scrupolo, in termini oggettivamente adeguati, quello che scrive passerà per difficilmente comprensibile, mentre se si concede una formulazione stracca e irresponsabile, sarà ripagato con una certa comprensione. Non basta evitare asceticamente i termini del linguaggio professionale, le allusioni ad una sfera culturale fuori mano : il rigore e la purezza della struttura linguistica, pur nell’estrema semplicità, operano un vuoto. La sciatteria di chi nuota secondo la corrente familiare del discorso passa per un segno di affinità e contatto: si sa quel che si vuole perché si sa quello che l’altro vuole. Tener d’occhio, nell’espressione, la cosa, anziché la comunicazione, è sospetto: lo specifico, ciò che non è tolto a prestito dallo schematismo, appare irriguardoso, quasi sintomo di astruseria e di confusione. La logica attuale, che fa tanto conto della propria chiarezza, ha ingenuamente collocato questa perversione nella categoria del linguaggio quotidiano. L’espressione generica consente all’ascoltatore d’intendere a un dipresso quel che preferisce e che pensa già per conto suo. L’espressione rigorosa strappa un’accezione univoca, impone lo sforzo del concetto, a cui gli uomini vengono espressamente disabituati e richiede da loro, prima di ogni contenuto, una sospensione dei giudizi correnti, e quindi il coraggio di isolarsi, a cui resistono accanitamente. Solo ciò che non ha bisogno di essere compreso passa per comprensibile; solo ciò che, in realtà, è estraniato, la parola segnata dal commercio, li colpisce come familiare. Nulla contribuisce altrettanto alla demoralizzazione alla demoralizzazione degli intellettuali. Chi vuol sottrarsi a questa demoralizzazione, deve respingere ogni consiglio e tener conto della comunicazione, come un tradimento all’oggetto della comunicazione».
In questo blog proverò a sospendere i giudizi correnti, mi sforzerò di non uniformarmi agli informi, cercherò il coraggio di isolarmi dallo schematismo e in particolare dalla professione giornalistica, che più di ogni altra invera quotidianamente e tragicamente le parole di Adorno. Per farlo utilizzerò un registro satirico, che, nella sua manifesta leggerezza, è il maggiormente rigoroso perché guidato dal vero. A tal proposito, ho sempre creduto più nella reminiscenza che nella conoscenza, e tutte le modeste abilità che ho maturato, non ho mai avuto la sensazione di apprenderle; piuttosto di ricordarle. Quanto ai temi, mi muoverò fra costume e politica. Per il primo, potrò pontificare dall’osservatorio tutt’altro che privilegiato del luxury, funesto anglicismo che racconta il mortificante ready-to-wear della contemporaneità; per la seconda, cercherò di sensibilizzare sui danni causati dai vaccini contro il pensiero: il progresso regressivo, l’industria culturale, la demolizione pseudodemocratica della formalità, l’ideologia del politicamente corretto, le rubriche di Repubblica.