E’ cominciato il conto alla rovescia per il rientro a scuola e, parallelo, il conto delle ore che restano per finire (o fare del tutto!) i compiti. Secondo i cinguettii via Twitter raccolti da Skuola.net la maggior parte degli studenti è ancora in alto mare.

Il mammaministro Carrozza poco prima di Natale aveva esortato gli studenti a sfidare i prof: “Convinceteli a non dare troppi compiti per le vacanze“. Piuttosto spendete il tempo tra libri, mostre e concerti di musica classica e contemporanea, aveva detto. Arricchite lo spirito, nutrite la mente. “Perché leggere un libro significa avere consapevolezza dell’importanza della cultura e può essere anche un gesto d’evasione, importante per la crescita degli individui senza ricorrere a scorciatoie come lo sballo per sentirsi più grandi o stare meglio insieme agli altri». 
Applausi, grida, entusiasmo.

I ragazzi ci avranno pure provato a convincere i prof, ma chissà quanti sono stati i prof che si sono lasciati convincere.

Sui compiti estivi e invernali resta sempre quel gigantesco punto di domanda: servono davvero? Decine di esercizi, pagine di versioni, capitoli da studiare… C’è chi dice no. E c’è chi dice che nelle classifiche europee a mole di lavoro maggiore non corrispondono migliori risultati. Il papà-pedagogo-dirigente scolastico Maurizio Parodi ci ha scritto persino un saggio sull’argomento. Come la pensa è chiaro fin dal titolo: “Basta compiti!” (ed.Sonda) con interventi autorevoli – e in linea – di Corrado Augias e dal maestro elementare e – dopo – scrittore Maurizio Maggiani. “Bocciati” come “dannosi e inefficaci” per gli studenti. Quantomeno “problematici” per le famiglie che si trovano periodicamente di fronte a questa battaglia che diventa un nuovo campo di scontro tra genitori e figli.

Ci saranno pure i ragazzi che hanno l’animo in pace, quelli che-mi-sono-portato-avanti oppure che-ho studiato-un’ora-tutti-i-giorni (ci sono davvero?) ma la maggior parte pare rientrare nella categoria del “faccio-domani”, salvo poi capire all’ultimo giorno che di “domani” non ce ne sono più, oppure quelli che l’animo in pace ce l’hanno lo stesso anche se i compiti restano in bianco.

Tipologie diverse alle quali invece corrispondono in estrema sintesi un paio di categorie di genitori: quelli che riescono a prendere le giuste distanze (esistono davvero?) e quelli sopraffatti dall’esasperazione e dallo sfinimento che si costringono a inseguire i figli – “sdraiati” o meno – per casa.

Sono passati parecchi anni da quando Natalia Ginzburg ha scritto “Le piccole virtù”, (Einaudi). Era il 1962, da allora le mamme sono cambiate eccome , ma forse in questo senso sono andate solo a peggiorare…(!)  Non opprimeteli, lasciateli volare anche lasciandoli sdraiati su un divano, anche se sembra stiamo perdendo tempo.  Sono 13 pagine che a cinquanta anni di distanza sembrano ancora più attuali. E fanno tirare un sospiro di sollievo a chi conta le ore che separano dall’inizio della scuola con le pagine dei libri ancora da studiare.

Lei scriveva: “Al rendimento scolastico dei nostri figli, siamo soliti dare un’importanza del tutto infondata. Dovrebbe bastarci che non restassero troppo indietro agli altri, che non si facessero bocciare agli esami; ma noi non ci accontentiamo di questo; vogliamo, da loro, il successo, vogliamo che diano delle soddisfazioni al nostro orgoglio”. Urca…

“Se vanno male a scuola, o semplicemente non così bene come noi pretendiamo, subito innalziamo fra loro e noi la barriera del malcontento costante; prendiamo con loro il tono di voce imbronciato e piagnucoloso di chi lamenta un’offesa. Allora i nostri figli, tediati, si allontanano da noi”.

E a proposito dei compiti: “Ogni giorno gli correggiamo i compiti, anzi ci sediamo accanto a loro quando fanno i compiti, studiamo con loro le lezioni. In verità la scuola dovrebbe essere fin dal principio, per un ragazzo, la prima battaglia da affrontare da solo, senza di noi; fin dal principio dovrebbe essere chiaro che quello è un suo campo di battaglia, dove noi non possiamo dargli che un soccorso del tutto occasionale e irrisorio. E se là subisce ingiustizie o viene incompreso, è necessario lasciargli intendere che non c’è nulla di strano, perché nella vita dobbiamo aspettarci di essere continuamente incompresi e misconosciuti (…)”

Perché – dice – alla fine “quello che deve starci a cuore nell’educazione è che nei nostri figli non venga mai meno l’amore alla vita“.

E allora “se il meglio del loro ingegno non hanno l’aria di volerlo spendere per ora in nulla e passano le giornate a tavolino masticando una penna, neppure in tal caso abbiamo il diritto di sgridarli molto: chissà forse quello che a noi sembra ozio è in realtà fantasticheria e riflessione, che domani, daranno frutti”. Cliccando qui trovate e due pagine che trattano di questo argomento.

Intanto non ci resta che meditare…

 

 

 


            
         
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