Tragico non è il risultato degli Invalsi.  Di tragico c’è questo sistema arcaico che ha l’obiettivo di fare tornare la scuola indietro di un secolo.

Daniele Novara

 

Ignoranti. Analfabeti. Incapaci di capire un testo. Scarsi in matematica. Disastrosi nell’inglese. Capre, capretti o caproni a seconda dell’età. Hanno finito così la scuola gli studenti italiani di ogni ordine e grado. Colpa dei (pessimi) risultati delle prove Invalsi, i test somministrati (manco fossero una medicina…) per la prima volta anche ai maturandi. La scia è nota. Titoli e titoli sui giornali, con commenti a mo’ di eco ad allungare sempre di più le orecchie dei somari nostrani.

Ora…

A parte il fatto che se i risultati sono davvero così allarmanti più che scagliarsi contro l’ignoranza dei ragazzi, varrebbe forse la pena fare un ragionamento sulle capacità di insegnamento della variegata categoria dei professori.

A parte il fatto che se l’allarme è così allarmante dopo avere allarmato dovrebbe condurre verso la ricerca di possibili soluzioni. Invece ogni anno si allarma, poi arrivano le vacanze. La scuola chiude per ferie e all’avvio del nuovo anno scolastico gli allarmi catastrofici sono come le parole dell’estate scritte sul bagnasciuga.

A parte il fatto che gli sdraiati, sfaticati e bamboccioni come vengono via via “incoraggiati” i giovani si trovano a oscillare tra prof che incitano a far capriole come compiti delle vacanze e quelli che non riescono ad vedere altra strada rispetto allo spaccarsi la schiena per “temprare” le giovani menti del futuro

A parte il fatto che – va detto –  ci sono una quantità di prof  che sono davvero i “nuovi eroi” del nostro tempo: sfidano il sistema, le burocrazie, lo stipendio, il pressing dei  genitori e riescono a diventare più interessanti del magico mondo del cellulare (se vi sembra facile non avete figli adolescenti…)

Premesso tutto questo, la scuola ricomincia da lì. Da dove l’abbiamo lasciata. Mentre nel frattempo è cambiato il ministro. ma questa è un’altra storia…

Dobbiamo ripartire da lì, da quella fotografia delle Invalsi su cui è stato detto di tutto di più.
Ma vogliamo ripartire guardandole da un altro punto di vista. Diverso. Anzi. Diametralmente opposto.

È  quello di Daniele Novara pedagogista, fondatore e direttore del Centro Psicopedagogico per la gestione dei conflitti.  E lui, senza esitazione alcuna, capovolge i commenti catastrofisti.

Novara ha scritto un libro “Cambiare la scuola si può”. Non parla di una (ennesima) riforma. Non serve. Ma di stimoli “per liberarsi di tutto quello che dall’antichità ai giorni nostri si è sedimentato e incrostato, e aiutare la scuola a recuperare la sua autentica funzione. Le riforme possono intervenire sull’«architettura» scolastica ma in genere non riescono a entrare nell’anima profonda dei dispositivi dell’apprendimento“.

Spera così (scrive) che “la scuola possa recuperare il proprio ruolo di scholè, che – lo sapessero i nostri studenti! – in greco significa «ozio, riposo», con tutto ciò che di interessante, piacevole e motivante c’era in quel concetto, occorre grattare via tutta una serie di sovrastrutture  che hanno trasformato questa fondamentale istituzione in una zavorra, anche emotiva, che impedisce l’apprendimento invece di favorirlo”.

Questa è la sintesi, per punti, di una chiacchierata fatta con lui poco prima delle vacanze scolastiche.

Le Invalsi

“Le  Invalsi sono un test sulla conoscenza teorica, l’attendibilità è dubbia. E’  illegittimo tirare queste conclusioni. Le competenze che ha un ragazzo all’alberghiero o all’artistico sono diverse da quelle che può avere uno del classico. Queste prove non testano il reale livello di conoscenza.  Sono  sbagliate. Perché non ha senso generalizzare”.

La valutazione è un diritto ma così è una presa in giro…

Le crocette

Lei salirebbe in auto con una persona che ha preso la patente solo perché ha superato l’esame con le crocette? Con le crocette non si può valutare. E intanto costa milioni di euro…Così come è, non ha ragione di essere omologata su tutto il territorio”.

Le diversità

“Nelle nostre scuole abbiamo nella stessa classe bambini che hanno 5 anni e altri 6 anni e 10 mesi… c’è una grande differenza. Così come in alcuni luoghi ci sono più stranieri. È chiaro che finiscano nel 30 per cento che ha più difficoltà a comprendere un testo di italiano, però magari conoscono 3 lingue. in questo modo si spegne un’osservazione più complessa delle risorse. Bisogna smettere di usare queste asticelle, ma valutare i ragazzi nel loro complesso e nella loro evoluzione”.

Bisogna valorizzare le diversità.

L’allarmismo

“Questo allarmismo dove può portare? Non è colpa dei bambini… Pensiamo ad esempio alle neurocertificazioni scolastiche (si tratta delle certificazioni per qualche disturbo dell’apprendimento come dislessia, disgrafia, discalculia… ndr) Sono un numero eccessivo. Tutti hanno disturbi dell’apprendimento? Sono tutti messi male? In una classe c’è un terzo dei ragazzi, a volte anche la metà con l’etichetta di un qualche disturbo di apprendimento… Addirittura vorrebbero fare uno screening obbligatorio per certificare i ragazzi. Così un bambino non può più crescere… vivono nel terrore”.

C’ è troppa pressione e non si lascia che abbiano il tempo di imparare

La valutazione

“Si possono valutare i progressi invece nel nostro sistema continuiamo a valutare l’errore. Sbagliare è imprescindibile per imparare. Se continuano a dirti “sbagli sbagli” il blocco è inevitabile. Bisogna fare attenzione a queste presunte défaillance. Questo allarmismo dove può portare? Li bocciamo tutti, riapriamo le classi differenziate?”

Una scuola più moderna

“Io lavoro in tutto il mondo e la nostra scuola non è certo tra le peggiori. Anzi. Ma non abbarbichiamoci al passato, perché la scuola ha bisogno di cambiare. Abbiamo bisogno di una didattica più vitale dove l’intelligenza non si spenga, dove i ragazzi non siano come delle statue di cera. Una scuola più laboratorio , con meno lezioni frontali dove si lavora sul gruppo classe e sui problemi. D’altronde le neuroscienze oggi dicono che si impara meglio con l’esperienza”.

La bocciatura

“L’Italia è uno degli ultimi paesi al mondo dove ancora c’è la bocciatura alle elementari . 10 mila ogni anno. Non ha senso. Bisogna dare tempo al tempo…”

Più domande meno risposte

“Dobbiamo rivedere la didattica, come sta facendo ad esempio la Finlandia. In che modo? Per esempio dovremmo abolire le materie e partire affrontando i problemi.  Ad esempio: il cambiamento climatico. Che discipline servono per trattare questo problema? Perché bisogna ridimensionare la scuola a questo spezzatino scolastico? A cosa servono le materie? La storia non può essere isolata, deve essere collegata alla geografia, all’antropologia, bisogna conoscere la lingue. E uscire da questi steccati di un una scuola vecchia e autoreferenziale con un accademismo fine a se stesso. Le date, la lunghezza dei fiumi, a cosa mi servirà mai sapere quanto chilometri è lungo il Rio delle Amazzoni? L’apprendimento è una competenza, è applicativo. Deve poter rispondere a delle domande… Come mai c’è un chicco di grandine così grande? Di quali discipline abbiamo bisogno? Abbiamo bisogno che a scuola ci sia  una visione più orientata al coinvolgimento degli alunni, al lavoro sui problemi piuttosto che sulle risposte”.

Apprendimento accademico

“In Italia abbiamo un modello piramidale, abbarbicato a vecchi schemi: in alto c’è il sapere assoluto, l’astrazione massima, con al vertice il liceo classico. Tutto il resto viene giù fino alla “palude”. Bisogna uscire dall’idea che apprendimento sia astrazione. Facciamo tanta analisi logica, tanta analisi grammaticale poi vai a leggere i libri dei grandi scrittori moderni e scrivono senza i verbi. Qualche cosa si muove ma ancora non è un fiume che possa davvero contribuire a un cambiamento”.

Il reclutamento degli insegnanti

“Il reclutamento degli insegnanti non dovrebbe essere fatto in base a puri e semplici concorsi. Hanno a che fare con ragazzi in carne e ossa, dovrebbero dimostrare non solo di avere la conoscenza delle materie ma la reale capacità di organizzare laboratori di apprendimento. Ci vuole la formazione obbligatoria. Lei si farebbe operare da un chirurgo che  che non si aggiorna? Invece la scuola non ha risorse. Mancano i dirigenti e quelli che ci sono gestiscono migliaia di insegnanti e studenti. Tutto è provvisorio… Se una scuola neanche ha un dirigente come farà a funzionare? Ci vogliono investimenti non tagli.  Invece ad esempio Pedagogia non esiste più ed è stata sostituita da Scienze dell’Educazione come se Medicina fosse sostituita da Scienze della Salute. Siamo quel paese dove una come la Montessori è dovuta scappare. Oggi è sepolta in Olanda…”

Parlare di scuola oggi è difficile come mi ha detto di recente Francesco Dell’Oro, esperto di orientamento degli studenti a Milano. Perché ci sono pareri davvero diversi.
Che ben vengano. Che si parli. Si discuta. Perché, comunque la si pensi, quello che sicuramente serve per formare davvero gli adulti di domani è una scuola che sia a misura dei tempi di oggi.

 

 

Tag: ,