Litigare fa bene. Basta saperlo fare. Il problema è che se non si è imparato a litigare bene da bambini, sarà difficile farlo da adulti. E il problema-dei-problemi è che da piccoli non ti fanno litigare. Chi è stato? Chi ha cominciato? Sei sempre il solito… Le ragioni dei bambini si scontrano con la ricerca del colpevole tipica dell’adulto e quello che potrebbe risolversi in un minuto (il dato è neuroscientifico) diventa un pericoloso precedente.

Le scuole dove si impara a litigare bene

L’inversione di rotta deve partire presto e qualcuno ci prova. Succede a Palermo dove, in una scuola hanno formato una trentina di ragazzi-mediatori che aiutano i compagni a fare la pace. Succede anche in tanti asili dove viene applicato il metodo del litigare-bene, ideato e registrato da Daniele Novara, pedagogista e formatore (le regole le trovate sotto). Perché i conflitti, oltre che inevitabili, sono necessari. Basta solo imparare a gestirli. Sono poche ma non facilissime regole che oggi vengono applicate da insegnanti volenterosi già in alcune scuole, con un kit e i bambini in fila per andare a discutere nel conflit-corner. Non si alza la voce, si esprime il proprio punto di vista e si ascolta quello del «litigante». Poi si cerca una soluzione che vada bene a entrambi. Detto così sembra una cosa da nulla, eppure non avere imparato a litigare da piccoli porta a diventare adulti «carenti conflittuali» come li ha definiti Daniele Novara. Con conseguenze talvolta estreme, come purtroppo riportano le cronache.

Il carente conflittuale

«Il carente conflittuale non sa gestire le contrarietà e ricorre alla violenza come forma di semplificazione – spiega – Ho un problema con te, elimino il problema eliminandoti». Novara oltre ad aver scritto libri come «Litigare fa bene» (per i bambini), «I bulli non sanno litigare» (per adolescenti), «Meglio dirsele» (dedicato alla vita di coppia) e molti altri frutto dei suoi studi trentennali, ha anche fondato il Centro psico-pedagogico per la gestione dei conflitti. Alla base della sua ricerca, un concetto: «Ci sono solo due possibilità: non litigare mai o imparare a litigare bene. La prima è impossibile. Mai conosciuto essere umano che ci sia riuscito. Stefano Benni ci ha scritto anche un racconto, L’uomo che non voleva mai litigare e finisce i suoi giorni in galera perchè per non litigare con i rapinatori di banca, finisce per aiutarli a fare il colpo». Quindi non resta che imparare a litigare bene.

Alla ricerca del colpevole

«Purtroppo nella nostra cultura dell’ordine pubblico – fa notare – c’è la tendenza a confondere il conflitto con la violenza. Invece il conflitto lo usi per affrontare l’ostacolo, la violenza per eliminare chi ti ostacola». È pericoloso, dice, confondere i due termini: «conflitto in Siria, 400mila morti. Lo stesso termine che usiamo per denominare la relazione difficile con un foglio adolescente. Così si finisce in trappola, e si pensa che ogni conflitto sia una guerra». La sua teoria viaggia al contrario. Imparare a gestire i conflitti «è proprio l’antidoto a violenza», spiega.

A litigare si impara (meglio) fra i 3 e i 6 anni

Tutto questo si impara da piccoli e, sottolinea, «ce lo portiamo dietro tutta la vita». Se vogliamo essere più precisi, meglio «tra i 3 e i 6 anni, finestra cognitiva e emotiva fondamentale dove si impara proprio a stare insieme». E infatti i bambini «litigano solo con gli amici, il litigio per loro è una variabile dell’amicizia e non dell’ostilità. E fino a 6 anni sono capaci di risolvere da soli entro un minuto». Provare per credere.

Adulti? Un passo indietro

Dopo è più faticoso, «bisogna puntare alla creazione di mediatori tra pari, che aiutano a passare dall’esplosione emotiva alla reciproca comunicazione delle proprie ragioni».
Prima, a complicare le cose sono solo gli adulti che, sbagliando, elargiscono punizioni e soluzioni. «Genitori e insegnanti introducono nella litigiosità infantile il tema del colpevole che è un concetto giudiziario – spiega Novara – quando invece scientificamente, non ci può essere infanzia senza litigi».


Il metodo

Il metodo per litigare bene, come spiega Daniele Novara, è fatto da 2 passi indietro e, dopo, 2 passi avanti.

I 2 passi indietro.

1 – Non cercare il colpevole.

«Semplicemente perché non c’è e perché nessun adulto genitore o insegnante può capire la dinamica del litigio», dice. La lite «è la cosa più ovvia tra i bambini e, anzi, la ricerca del colpevole può implicare un eccesso di esibizionismo per richiamare l’attenzione degli adulti». Cercare il colpevole «oltre ad essere mortificatorio perché porta spesso anche alla punizione, blocca la capacità di fare da soli».

2 – Non dare la soluzione

«La soluzione adulta non corrisponde al cervello infantile che è molto sensoriale, magico, una mente completamente diversa. L’adulto punta a una soluzione di carattere razionale, tipo “giocate 5 minuti a testa“ mentre i bambini ne preferiscono altre, più fuori dagli schemi». Per esempio possono lasciare entrambi il giocattolo della discordia per andare a fare qualcos’altro. «L’importante che siano loro stessi a trovare un eventuale accordo a loro contrasti».

I 2 passi avanti

1 – Scambiarsi le reciproche ragioni

«I bambini devono scambiarsi le loro versioni dei fatti, evitando la mediazione degli adulti». A genitori e insegnanti spetta il compito di creare le condizioni perché i contendenti possano parlarsi. Ma l’adulto poi «deve stare tranquillo: quello che i bambini si racconteranno sarà spesso diverso dalla realtà dei fatti, perché vedono le cose diversamente. Ma questo non importa. È la ritualità del doversi ascoltare che diventa fondamentale nel metodo: ecco perché creiamo il conflit corner, un angolo della casa o della classe con un tavolino e due sedie. Qui ci si passa un gomitolo di lana: parla chi ha il gomitolo. L’altro ascolta. E questo ha un effetto di autocontrollo. Oltre al fatto che l’obbligo di dover parlare col compagno e ascoltare le ragioni altrui funziona anche da deterrente. I più grandi che sanno scrivere scrivono la loro versione dei fatti».

2 – Trovare una soluzione autonoma

«Con il gomitolo in mano, passandoselo uno con l’altro, i bambini devono “sgomitolare“ il conflitto che è qualcosa di molto denso e confuso. Attraverso questa azione di sgomitolare rendiamo palese l’operazione mentale e emotiva che stiamo facendo. E funziona anche da scarico della rabbia, li aiuta a decontrarsi rispetto alle emozioni che li dominano e rendono impossibile la comunicazione. Certo, se si mettono le mani addosso e stanno per farsi del male, l’adulto interviene, però poi deve intervenire il metodo e li fa parlare tra di loro.


 

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