arbitra di calcioSabato pomeriggio. Partita di un campionato di  Juniores regionale in Lombardia. Giovanili.

Sul campo si sfidano due squadre di 17/18enni e pure qualche 19enne. Giovanotti con l’ormone a mille (almeno) tanto quanto l’adrenalina che sta per schizzare sul campo di gioco. In panchina un’altra decina di ragazzi  carichi di attesa, con i motori in quinta ma col freno a mano tirato e 6/7 uomini,  tra allenatori e dirigenti di squadra pronti a sgolarsi per incitare, spronare, sbuffare, sgridare, sbraitare con linguaggio più o meno colorito. Sugli spalti, per concludere il quadretto, i supporter, giovani, meno giovani, amici, mamme, zii, nonni, fidanzate (già, ora ci sono anche loro…) e umanità varia in attesa del fischio di inizio per scatenarsi nel tifo.

A dare quel fischio, lei. L’arbitro. O arbitra. Cioè, lo è e lo fa e pure bene ovviamente. Niente di che stupirsi e pure questo ovviamente.

Bionda, occhi azzurri, piccolina. Bella. Di una bellezza eterea, gentile di quelle che i giovanotti in campo vedono (di sfuggita) più sui libri di storia dell’arte che non in locali e discoteche. Una di quelle bellezze da Stil Novo, più ideale che reale per intendersi. Divisa scura, capelli legati in una coda sapientemente arruffata, l’arbitra ha fatto stropicciare sicuramente gli occhi a parecchi tra i 22 giovini in campo. ha “diretto” la partita mettendo in riga tutti. Non ha urlato. Non ha litigato. Ma non ha neppure esitato a interrompere la partita quando il vento s’è messo di traverso facendo volare il pallone senza neppure prenderlo a calci… Li ha guardati dritti negli occhi quando ha sfoderato una serie di inequivocabili gialli. Non è stata aggressiva, non è stata “molle”, non è stata né troppo né troppo poco, misurata anche quando ha tirato fuori un drastico rosso davanti a un marcantonio due volte lei fronteggiando la rabbia di compagni, amici, sostenitori, panchina, e quant’altro.

Avrà avuto più o meno l’età di coloro che se la stavano giovando in campo, la vittoria. Ma lei ha vinto su tutti. Si chiama Bosisio di Como. Gli applausi, alla fine sono per lei.

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