Pisapia (se crede) faccia come Re Baldovino
Il conflitto fra legge e morale ha riempito le biblioteche fin dall’antichità. La separazione fra la sfera del lecito e la sfera del giusto è un pilastro della laicità che fonda le istituzioni democratiche moderne, figlie (legittime) della cristianissima separazione fra Dio e Cesare. Dopo questa premessa generalissima ed enfatica la domanda: perché Giuliano Pisapia non si dimette? No, non ci stiamo riferendo alle tasse e alla sicurezza di cui si parla tanto, ma della intricatissima questione della trascrizione delle nozze gay contratte all’estero. Il prefetto, su mandato del ministro, ha ordinato al primo cittadino di cancellare le trascrizioni dei matrimoni contratti all’estero, “ai fini della regolare ed uniforme tenuta dei Registri dello stato civile — parole di Francesco Paolo Tronca — alla cui salvaguardia il prefetto è preposto secondo le norme vigenti”.
Pisapia ha risposto picche. Con un’argomentazione curiosa: “Vado avanti su un percorso che ritengo giusto e legittimo – ha affermato Pisapia – Ho un’indicazione che deriva dalle mie convinzioni personali e giuridiche condivise dalla maggioranza nel consiglio comunale, che rappresenta i cittadini”.
Ma cosa c’entrano le convinzioni? Come possono le convinzioni condizionare un percorso istituzionale che dovrebbe essere improntato a criteri di legittimità? Pisapia ripensi alla storia di Re Baldovino. Il sovrano belga, profondamente credente, sapeva che la legislazione sull’interruzione di gravidanza era legittima dal punto di vista istituzionale. Riteneva che non fosse giusta, ma su un altro piano, quello morale-religioso. Non voleva firmarla, ma non riteneva di fermarla. Così, per non promulgarla si sospese: abdicò per due giorni, quelli necessari a perfezionare la legge sull’aborto. Fu un gesto clamoroso. Un escamotage dirompente. Poi rientrò nelle sue funzioni, certo. Ma ottenne il risultato di affermare le sue convinzioni. Pisapia non potrebbe tornare sindaco. Dovrebbe lasciare definitivamente, è vero. Ma non può piegare la sua veste istituzionale, che gli impone di seguire e rispettare criteri istituzionali e amministrativi, alle sue convinzioni.
AlGia