La parola “fine” sull’operazione Sala la mette l’assessore più filo-Sala. E probabilmente la migliore, fra i compagni di viaggio di Giuliano Pisapia: Carmela Rozza. La titolare dei lavori pubblici ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera. E lo ha fatto ovviamente con le migliori intenzioni, essendo lei una sostenitrice della prim’ora del candidato sindaco del Pd (e una renziana alle ultime primarie). Rozza è intervenuta sulla polemica che si  è aperta, nel centrosinistra, sulla possibile adesione allo schieramento pro Sala di un mondo importante, ma politicamente poco amato a sinistra: l’area degli aderenti a Comunione e Liberazione, il movimento ecclesiale che vantava fra i suoi principali esponenti l’ex governatore Roberto Formigoni. La polemica a sinistra è divampata dopo la partecipazione ad alcune iniziative elettorali di Massimo Ferlini, che è uno dei “big” della Compagnia delle opere, considerata il braccio economico di Cl. La possibile candidatura di Ferlini, ma anche solo la sua ideale adesione all’avventura elettorale di Sala, ha scatenato un vero e propri o psicodramma a sinistra. Pisapia ha parlato di paletti, e molti altri – meno importanti – esponenti della sinistra, hanno posto un vero e proprio veto su Ferlini. Rozza è intervenuta su questo caso, parlando di un “ritorno a casa” di Ferlini (e di Sergio Scalpelli, che ora sostiene Sala, e era stato assessore con il centrodestra, ma prima ancora era stato “migliorista” con il Pci milanese). Un “ritorno a casa” dunque, è quello che Rozza vede. O propone. E, senza volerlo, mette una pietra al progetto iniziale di Sala. Avrebbe dovuto essere il tecnico renziano prestato alla politica, il manager Expo incaricato di traghettare Milano nel post-Expo, l’esponente del Partito della Nazione centrista e governativo. Avrebbe dovuto attrarre il consenso dei moderati e dei cattolici (alla Ferlini) su presupposti di modernizzazione della città. E di internazionalizzazione. Avrebbe dovuto fare, ed essere, tutte queste cose. Ma alla fine, se un assessore intelligente del Pd come Carmela Rozza deve cercare un comune denominatore per l’operazione elettorale che deve portare Sala in Comune, la trova nella “casa” che era il Pci degli anni Ottanta. Migliorista se si vuole, ma sempre Pci, cioè un partito politicamente fallito alcuni decenni fa (certamente prima del 1989 che sancì il cambio del nome). La casa non c’è più. E, anche quando c’era, non era un granché.

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