Passi avanti in Tunisia, che si conferma un piccolo faro nel mondo arabo-islamico, un laboratorio di grande interesse sulla possibile compatibilità con le istituzioni democratiche e lo stato di diritto.

Alle elezioni presidenziali, fissate per i primi di novembre,  si è candidato Mounir Baatour. Leader del partito liberale,  avvocato di orientamento chiaramente laico, Baatour considera i partiti islamisti “un incubatore di estremismo” ed è impegnato nella tutela dei diritti delle minoranze. Propone il pieno godimento dei diritti politici per i non musulmani, si batte per i diritti degli omosessuali ed è attivista del principale gruppo per i diritti Lgbt, Shams, in un Paese che ancora considera e punisce l’omosessualità come un reato. Ancora, Baatour propone riforme che tutelino la condizione delle donne, tema che dopo la stagione laica del “presidente-rais” Habib Bourghiba oggi è in un crinale critico, sotto la minaccia di una involuzione shaaritica, soprattutto nelle zone rurali. E infine, vorrebbe normalizzare le relazioni con Israele. Nel 2017 ha dichiarato: “Il procuratore generale della Corte d’appello di Tunisi ha archiviato senza seguito la denuncia che è stata indossata contro di me per apologia di terrorismo e intelligenza con un Paese nemico in seguito alle mie dichiarazioni pro normalizzazione con Israele”.

Baatour ha visitato Milano pochi mesi fa, a novembre, partecipando al congresso di “Certi diritti”, associazione di orientamento radicale che si batte per i diritti Lgbt, e intervenendo nella sinagoga Beth Shlomo di corso Lodi, dove è stato protagonista di un incontro molto partecipato e significativo cui ha partecipato anche l’Associazione milanese Pro Israele.

Il candidato liberale non è certo favorito oggi, ma la sua discesa in campo e la sua presenza nella corsa elettorale sono un segnale da seguire con grande interesse.

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