La cancel culture alla bolognese che offende pure i partigiani
Bocciato in storia, e anche in antifascismo. Non è andata benissimo al sindaco di Bologna Matteo Lepore, l’alzata di ingegno su patrioti e partigiani.
Voleva fare un dispetto alla destra, e si è ritrovato protagonista di una figuraccia, anche agli occhi di diversi dirigenti e militanti Anpi – i meno settari – che storcono la bocca imbarazzati, od offesi. Come si può cancellare la parola patrioti? Come si può rimuovere così, con un colpo di spugna, un sostantivo così carico di significati e prestigio prima nel Risorgimento e poi con la Resistenza?
Eppure il primo cittadino del rosso capoluogo emiliano, questo si era messo in testa: sradicarlo dall’uso comune. Per ragioni di mera politica, perché la parola patrioti è molto cara alla presidente del consiglio Giorgia Meloni, e a al suo partito, che l’ha fatta propria. Era il dicembre 2021 quando la leader di FdI, non ancora premier, declinava la sua linea sulle imminenti elezione per il Quirinale. «Non accetteremo compromessi, vogliamo un patriota» disse facendo chiaramente riferimento a una figura che avesse a cuore gli interessi nazionali. Da allora quest’espressione è stata sempre più usata. Troppo per la sinistra bolognese, che ha deciso di rimuoverla, letteralmente, dalla toponomastica. La giunta ha infatti adottato una delibera, per uniformare i «titoli» di coloro che 80 anni fa hanno lottato per la Liberazione, facendo in modo che sotto il loro nome comparisse solo la definizione di partigiano. Da un’ottantina di vie, quindi, sparirebbe definizione di «patriota» o «patriota del secondo risorgimento». «I cittadini erano confusi, abbiamo deciso di uniformare», si sono giustificati a Palazzo d’Accursio.
Eppure la storia parla chiaro: i resistenti erano definiti, e si definivano, anche patrioti. Molti ricordano i canti partigiani che citano «la patria nostra». E la Fiap – erede della tradizione azionista della Resistenza – ha condiviso un’immagine eloquente, quella della testata «Patrioti»: «A Bologna viene rimossa la parola patrioti dalla toponomastica» si legge nel post della Federazione, che fa notare: «Il periodico clandestino delle brigate Giustizia e Libertà, curato da Enzo Biagi, si chiamava Patrioti». E anche in casa Anpi (quindi tendenza comunista), il periodico, un tempo cartaceo e oggi on line, si chiama «Patria indipendente». E nella tessera Anpi, le tre categorie di iscrizione sono «partigiano», «antifascista» e «patriota» appunto, spesso usato per chi non aveva la divisa. Chissà se gli zelanti amministratori di Bologna ne sanno qualcosa.