E’ uno di quelli che hanno perso, uno sconfitto. Ha combattuto per la causa sbagliata, senza mai crederci, per dovere, perché quella in fondo è la tua terra. E’ quel Sud che stava dalla parte storta del cuore, con la camicia grigia, con la faccia da galantuomo di Lee, in questa guerra antica che è la madre di tutte le guerre. La prima puntata di Hell on Wheels è andata in onda per la Amc negli Stati Uniti il 6 novembre. E’ anche il giorno in cui sono nato, ma questo non c’entra nulla. La prima scena che vedo è un reduce che ricorda un po’ il Clint Eastwood di Sergio Leone e la prima cosa che fa è sparare in faccia a un nordista. E’ vendetta. La vittima è uno di quelli che durante la guerra civile ha saccheggiato la casa e ucciso la moglie. Comincia così e c’è qualcosa del colonnello Sartoris, l’eroe di Faulkner, in questo invitto che continua a combattere la sua guerra personale, familiare. Si chiama Cullen Bohannon e la sua strada swegue quella della ferrovia.

Hell on Weels è il racconto dell’ultima frontiera americana. E’ la marcia verso Ovest di un paese che si è massacrato senza pietà. E’ la speranza delle ferrovia, che sogna di portare il progresso e si vende come libertà. E’ l’America dei grandi capitalisti con la faccia di avventurieri. E’ la disperata resistenza degli ultimi indiani. E’ la questione razziale, con i neri che sentono sulla propria pelle la metafora siciliana del gattopardo.  E’ il futuro e la nostalgia di due fratelli emigrati dall’Irlanda che campano con le illusioni di un cinema senza movimento, dove la musica fa da colonna sonora alla solitudine di chi cerca l’America. Hell on Weels non è ancora arrivato nelle tv italiane. Speriamo di non aspettare troppo.