Dio salvi la Calabria dalla ‘ndrangheta e dalla malapolitica. Soprattutto da quella che si ammanta di antimafia, salvo poi scoprire che… Prendete ad esempio l’ex sindaco e simbolo antimafia di Isola Capo Rizzuto Carolina Girasole: al processo di Crotone il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Domenico Guarascio ha chiesto la condanna a 6 anni di reclusione per lei e per il marito con l’accusa di corruzione elettorale, turbativa d’asta e abuso d’ufficio aggravati dalle modalità mafiose.

Secondo l’indagine condotta dalla Guardia di finanza di Crotone la Girasole (candidata con la lista civica Sinistra Arcobaleno) sarebbe stata eletta grazie ai voti della potentissima cosca Arena (di cui i lettori del blog hanno già sentito parlare) ottenuti grazie alla mediazione del marito. Una volta eletta la Girasosole avrebbe ricambiato il favore consentendo che gli Arena coltivassero finocchi su terreni già confiscati dalla magistratura alla cosca.

Alla sbarra con la Girasole c’è anche il boss di Isola Capo Rizzuto Nicola Arena e i due figli Pasquale e Massimo (il pm ha chiesto 14 anni di reclusione per tutti e tre). Sono e resto sempre garantista, ma se la Girasole dovesse essere condannata sarebbe un colpo durissimo per l’immagine dell’antimafia calabrese, sebbene molte volte la famosa patente di antimafia (ah, quanto aveva ragione Leonardo Sciascia) sia stata più autoattribuita che conferita.

Gli stessi tormenti in queste ore stanno agitando la deputata Pd Enza Bruno Bossio, che in commissione Antimafia ci siede. Quello che penso l’ho già scritto, adesso alle ombre sulla Bossio si aggiungono le accuse sollevate dai grillini dopo la notizia dei presunti finanziamenti che l’esponente democrat avrebbe ricevuto in campagna elettorale da alcune società finite nel mirino della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro, notizia rilanciata dalla testata diretta da Paolo Pollichieni, il Corriere della Calabria. «Ora se ne vada», dice M5S mentre la Bossio si difende parlando di strumentalizzazione: «Ho dato mandato ai miei legali per presentare denuncia nei confronti del direttore che ha pubblicato proprio ieri notizie false e calunniose a mio danno (ma lui non ci sta)». La cosa peggiore che sostiene la Bruno Bossio è che la testata voglia «condizionare l’Antimafia sui contenuti della relazione su “Mafia e giornalismo in Calabria”».

Quando un politico chiacchierato se la prende con i giornalisti non ho dubbi: sto con i colleghi anche se Pollichieni non mi sta simpaticissimo. Una parte del successo della ‘ndrangheta si annida nel corto circuito mediatico-giudiziario di cui l’ex capo redattore della Gazzetta del Sud fa parte a pieno titolo, nei giochini tra magistrati chiacchieroni e giornalisti zerbini che giocano a fare gli sbirri. Lui sa di cosa parlo, è tutto nel libro Il caso Genchi scritto da Edoardo Montolli.

Mentre politici e giornalisti si azzuffano la ‘ndrangheta prospera, dall’Australia alla Germania, dalla Calabria alla Svizzera, nonostante le tantissime inchieste giudiziarie. Il perché lo spiega bene il procuratore capo di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, commentando l’operazione «Rheinbrucke», dal nome di un ponte che attraversa il fiume Reno, sulle infiltrazioni della ’ndrangheta in Germania, dove erano state «clonate» alcune cosche operanti nella provincia reggina e dove sono state arrestate dieci persone: «La ’ndrangheta ha ormai soppiantano la mafia (anche questo lo sappiamo, ndr). E lo si è visto in due operazioni antidroga: dove prima era la mafia ad essere fornitrice, ora il broker ufficiale è la ’ndrangheta. Un dato su tutti: riusciamo a sequestrare nel porto di Gioia Tauro una tonnellata e mezza di cocaina all’anno. Se questa è la quantità sequestrata, dobbiamo moltiplicare almeno per dieci quella che entra. L’infiltrazione è amplissima e gravissima e noi riusciamo a cogliere solo la punta dell’iceberg».

Come fa la ’ndrangheta a sconfiggere lo Stato? «Non si muove in modo slegato ma unitario. Dispone di un organismo di vertice al quale tutte le realtà locali fanno riferimento. In Germania vi erano state frizioni con un’analoga cosca in Svizzera. A quel punto è intervenuto l’organismo di vertice – spiega de Raho – che ha appianato tutto, dettando regole, disciplina e coordinando anche gli investimenti. E qui risiede l’enorme pericolosità della ’ndrangheta e la sua capacità di muoversi in modo coordinato e unitario, su più territori che si trovano in connessione fra loro».

E qual è la risposta dello Stato? Lasciamo perdere. Anzi no. Prendete Gioia Tauro, che per ammissione della Procura è l’epicentro dei traffici di stupefacenti. Il governo vuole accorparlo a quelli siciliani, invece quel che servirebbe è una maggiore autonomia, la cosiddetta Zes ( Zona economica speciale) come lamenta il sindaco Giuseppe Pedà che avrebbe voluto una sorta di compensazione «in favore di un territorio che si era sobbarcato, nel nome di un solidarietà vera e non pelosa, l’onore di smaltire i veleni chimici siriani per aiutare e facilitare la risoluzione di un problema geopolitico che aveva assunto dimensioni globali».

Allo Stato della Calabria importa ben poco. A questo governo ancora meno. La Regione è paralizzata dalle inchieste giudiziarie: quella sui rimborsi elettorali negli anni dal 2010 al 2012 e che vede indagati 26 ex consiglieri ha visto cadere anche il presidente del Consiglio regionale Antonio Scalzo del Pd, non c’è traccia della giunta decapitata dalle indagini dopo le dimissioni dell’ex assessore ai trasporti Nino De Gaetano, agli arresti domiciliari nell’ambito dell’operazione «Erga Omnes»,  mentre l’ex assessore all’Agricoltura e foreste della Regione Calabria Michele Trematerra è finito nei guai per i suoi rapporti con la cosca Lanzino-Ruà di Cosenza che ne avrebbe avrebbe condizionato l’attività, con il gip che definisce il tutto come «desolante».

Nella terra in cui Rosetta Lopreiato, moglie del presunto boss della ’ndrangheta Leone Soriano, chiede ed ottiene 1.800 euro, vale a dire 8 euro di risarcimento per ognuno dei 229 giorni di detenzione al carcere «Panzera» di Reggio Calabria perché le misure della cella erano inferiori a quelle minime stabilite dalla normativa italiana c’è un’autostrada, la Salerno-Reggio Calabria, “sequestrata” dai pm dopo che un viadotto è crollato tra Laino Borgo e Mormanno. Da marzo il tratto è stato chiuso al traffico: adesso la Procura della Repubblica di Castrovillari, d’intesa con il procuratore generale di Catanzaro Raffaele Mazzotta, ha autorizzato l’Anas a demolire quattro campate del viadotto: una volta riaperta la carreggiata opposta – con le opportune verifiche, il tratto dovrebbe essere riaperto.

Peggio della ‘ndrangheta c’è la finta Antimafia. Peggio di quella vera c’è lo Stato che fa la faccia feroce con i poveri cristi.

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