Usa: servono prove sulle armi chimiche in Siria
Washington torna ad alzare la voce contro Assad: “Condanniamo le uccisioni indiscriminate”, ha detto il portavoce della Casa Bianca Jay Carney, spiegando che “prosegue lo sforzo per raccogliere informazioni sull’uso di armi chimiche”. L’amministrazione Usa prende atto del rapporto Onu e delle accuse della Francia sull’uso di gas in Siria, ma Obama resta titubante sull’intervento contro il regime di Damasco. Il rischio che frena l’interventismo americano è quello di poter favorire, una volta abbattuto il dittatore siriano, fazioni pericolose legate al jihadismo. Obama più di una volta ha avvertito Assad che se avesse fatto ricorso alle armi chimiche avrebbe innescato una reazione. Ma dopo i primi rapporti che evidenziano l’uso di gas Washington tergiversa. La Casa Bianca vuole evitare di aprire un nuovo fronte, dopo Iraq e Afghanistan. Obama vuole essere assolutamente certo sull’identità di chi abbia fatto uso delle armi chimiche. Aspetta la smoking gun in grado di inchiodare Assad.
Al momento ci sono “elementi ragionevoli” per ritenere che in Siria siano state usate armi chimiche “da entrambe le parti”: è quanto sostenuto dalla commissione indipendente sul conflitto siriano in un rapporto presentato al Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu. Come si specifica nel documento, la maggior parte delle notizie
ricevute dagli investigatori delle Nazioni Unite sull’uso di sostanze chimiche riguardano “le forze governative”. In particolare, vengono citati quattro attacchi: quello sul quartiere di Khan al-Asal, nella battaglia di Aleppo, e quello su Uteibah, vicino Damasco, entrambi il 19 marzo, quello sul distretto di Sheikh Maqsood, sempre ad Aleppo, il 13 aprile, e quello sulla città nord-occidentale di Saraqab il 29 aprile.