Un po’ di numeri possono servire a capire meglio cos’è New York: con 8,4 milioni di abitanti (il 37,2% dei quali nati da genitori stranieri) è la città più popolosa degli Stati Uniti. La Grande mela non è solo Manhattan, la lunga e stretta striscia di terra che si estende tra il fiume Hudson e l’East River. Comprende anche altri distretti (borough): Bronx, Queens, Brooklyn e Staten Island. Ed è anche grazie a questi che ha vinto Bill De Blasio, il 52enne italo-americano che, con il 73% dei consensi, ha stracciato il rivale repubblicano Joseph J. Lhota. La vittoria a valanga di De Blasio è arrivata grazie soprattutto ai quartieri centrali di Brooklyn – De Blasio vive con la sua famiglia a Park Slope, un quartiere di Brooklyn diventato tra i più eleganti e costosti della città – fino a quelli del sud est dei Queens. Da queste zone, ha scritto il New York Times,  è arrivata “una potente reazione alla mentalità manageriale che ha dominato alla City Hall negli ultimi 20 anni e una netta sterzata a sinistra per la più grande metropoli della nazione”.

Dichiaratamente di sinistra (liberal, come si dice in America), De Blasio si era imposto a sopresa nelle primarie democratiche, grazie anche alla sua famiglia, icona di una Grande Mela multirazziale, con la moglie afro americana e i due figli, Dante, 15 anni, testimonial di alcuni video di successo a sostegno del padre, e Chiara, 18 anni. Proprio Dante è diventato, grazie all’hashtag #Fromentum, simbolo della lotta contro lo “stop and frisk”, la pratica che consente alla polizia di New York di fermare e perquisire i giovani ritenuti sospetti, dando inizio a numerose proteste sulla limitazione della libertà personale, soprattutto da parte delle minoranze che vivono nelle periferie.

In campagna elettorale De Blasio si è battuto per una città piu equa e per colmare il divario tra i ricchi e i poveri. Ha raccolto consensi trasversali, indipendenti da ceto, razza e religione. Un Robin Hood della politica, che vuol tassare di più i ricchi e dare più servizi (asili e scuole in primis) ai poveri. Proprio per questo la destra (la stampa ma non solo) lo ha bollato come comunista. Il tabloid New York Post gli ha dedicato una copertina con tanto di bandiera rossa, falce e martello e titolo che non ammette equivoci: “Ritorno all’Unione sovietica”, parlando di una sua visita in Urss ai tempi del college. Dure accuse anche dal Wall Street Journal (entrambi i giornali sono di Rupert Murdoch): il foglio di riferimento della finanza americana gli ha rimproverato di voler fare il sindaco di New York con il programma di Occupy Wall Street.

Piaccia o no nonostante le simpatie giovanili per i sandinisti del Nicagagua, il pensiero di De Blasio si avvicina oggi al socialismo democratico europeo. Una frase su tutte, fra quelle che ha pronunciato in campagna elettorale, conferma la sua matrice culturale: “Sappiamo che non siamo definiti dal freddo dell’acciaio dei nostri grattacieli, ma dalla forza e dalla compassione e dall’audacia del nostro spirito collettivo. Siamo tutti al nostro meglio quando ogni bambino, ogni genitore, ogni newyorkese ha una possibilità. E raggiungiamo le nostre più grandi altezze quando ci alziamo tutti insieme”.

De Blasio è molto di sinistra, e questo non lo nasconde. Basti pensare a ciò che ha detto, tra l’altro, nel suo ultimo comizio elettorale a Brooklyn (dove sennò?): “Basta privatizzazioni, basta attacchi ai sindacati che devono invece estendere il loro ruolo… parlare dei problemi di chi, pur lavorando sodo, fatica ad arrivare a fine mese è onesto e patriottico: servono 200mila case popolari, basta chiudere gli ospedali di quartiere. E i ricchi devono dare di più per finanziare gli asili e il doposcuola delle scuole medie”.

Ma De Blasio è davvero comunista? Al di là delle frasi roboanti pare che “Bill il giusto” abbia in mente un aumento delle tasse pari a meno di mezzo punto percentuale per chi guadagna più di mezzo milione all’anno. A occhio e croce circa 2mila dollari l’anno per chi guadagna un milione. Non è esattamente un programma sovietico, anche se qualcuno lo pensa.

 

 

 

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