Datagate, senatore denuncia Obama e gli 007
In America si torna a parlare dello scandalo intercettazioni (Nsagate), con una polemica che investe il presidente e i vertici dei servizi segreti. L’iniziativa è del senatore repubblicano Rand Paul, che ha fatto causa a Barack Obama, alla National Intelligence Agency e ai responsabili dei principali servizi di spionaggio. Li ha denunciati perché, attraverso le intercettazioni delle comunicazioni telefoniche e internet di milioni di americani, avrebbero violato la Costituzione. Nel mirino di Paul finisce dunque il programma “Prism“, nato per raccogliere miliardi di dati sensibili in tutto il mondo. L’esistenza del programma, ovviamente segreto, fu svelato al mondo dalla talpa della National Security Agency (Nsa), Edward Snowden. Ad annunciare la propria denuncia è stato lo stesso senatore repubblicano, vicino ai Tea Party, nel corso di una conferenza stampa convocata per l’occasione: “Ho deciso d’intraprendere un’azione legale contro il presidente Obama – ha spiegato – perché si è pubblicamente rifiutato di porre fine a una violazione palese e reiterata del Quarto emendamento“ (che difende i cittadini da perquisizioni, arresti e confische irragionevoli, ndr).
Snowden usò le password dei colleghi
Il sito della Nbc scrive che Snowden avrebbe usato le password d’accesso di altre persone – ottenute con l’inganno – per accedere alle informazioni segrete della National Security Agency. Il sospetto era già circolato nei mesi passati ma Snowden aveva sempre negato. Di recente un impiegato civile dell’agenzia d’intelligence i cui programmi di sorveglianza sono stati resi pubblici da Snowden, si è dimesso dopo essere stato privato delle sue credenziali di sicurezza, fornite all’informatore. E a due uomini, un militare in attività e un contractor, è stato vietato l’accesso agli edifici della Nsa, con l’accusa di aver aiutato Snowden. Il rapporto, consegnato questa settimana alle commissioni di Giustizia e d’intelligence del Congresso, rappresenta il primo resoconto ufficiale sull’inchiesta interna alla Nsa per identificare chi possa aver partecipato, volutamente o inconsapevolmente, alla più grande fuga di notizia della storia.
Tagliare l’acqua all’Nsa?
Un gruppo di repubblicani, intanto, si prepara a dare battaglia chiudendo i rubinetti alla National Security Agency. Non parliamo di soldi ma di acqua. I repubblicani vogliono fermare il rifornimento di acqua al data center che l’Nsa sta costruendo all’interno dei confini dello Stato dello Utah, a Bluffdale, con un investimento di oltre un miliardo di dollari. Il documento sarà presentato questa settimana dal repubblicano Marc Roberts e prevede di vietare a qualunque azienda di fornire acqua corrente all’enorme centro della agenzia di intelligence. Una provocazione – dicono in molti – visto che gli stessi autori della bozza sanno di essere in minoranza e che l’assemblea dello Stato quasi di certo boccerà il provvedimento. Ma Roberts non molla e vuole andare avanti cercando consensi intorno alla propria proposta, fregandosene del fatto che il nuovo impianto potrebbe rilanciare l’economia dell’area e creare decine di nuovi posti di lavoro. Lo Utah non è il solo Stato – ce ne sono altri dodici in America – in cui si discute di porre delle sanzioni all’Nsa.