Si può trattare coi talebani?
Il sergente Bowe Bergdahl è stato liberato dai talebani dopo cinque anni di prigionia in cambio di cinque detenuti afghani prigionieri a Guantanamo. Il trasferimento si è concluso dopo una settimana di intense trattative, con la mediazione del governo del Qatar. Barack Obama ha telefonato di persona ai genitori del soldato per comunicare la notizia della liberazione. Il presidente ha detto che il ritorno a casa di Bergdahl “testimonia l’inflessibile impegno dell’America di non lasciare indietro nessun uomo o donna in uniforme sul campo di battaglia”. Il soldato è stato liberato poco lontano dal confine con il Pakistan. Apparentemente è in buone condizioni di salute, nonostante i lunghi anni di prigionia. I prigionieri talebani liberati non potranno lasciare il Qatar per almeno un anno.
Intanto negli Stati Uniti scoppiano le polemiche sulla decisione di Obama di andare a trattare con i talebani. I repubblicani puntano il dito contro la Casa Bianca. Il primo a cristicare Obama è stato il senatore John McCain, che da giovane rimase prigioniero per 5 anni e mezzo in Vietnam. Poi le critiche si sono estese a tutti i repubblicani (e non solo). il caso crea un pericoloso precedente. Il rischio, infatti, è che la liberazione dei cinque talebani possa essere un incentivo maggiore a catturare gli americani, proprio per ottenere poi, in fase di tratativa per il loro rilascio, sempre maggiori concessioni da parte degli Usa. A queste perplessità si aggiunge il fatto che il Congresso non è stato avvertito del rilascio dei prigionieri di Guantanamo, figure ritenute di spicco fra i talebani. Ma, inutile girarci intorno, nel mirino delle critiche c’è soprattutto la decisione dell’amministrazione di trattare con i talebani.
“Con il trasferimento” dei detenuti di Guantanamo – affermano alcuni parlamentari del Gop – Obama “ha violato chiaramente la legge, in base alla quale il Congresso deve essere informato almeno 30 giorni prima di un eventuale trasferimento di detenuti di Guantanamo”. Mike Rogers, presidente della Commissione intelligence della Camera, pur dicendosi contento del ritorno alla sua famiglia del sergente, si è detto “estremamente turbato” del fatto che uomini dell’amministrazione americana “abbiano tenuto negoziati con i terroristi” per siglare l’intesa.
Il segretario alla Difesa Usa Chuck Hagel è arrivato in Afghanistan per una visita a sorpresa, a poche ore dal rilascio di Bergdahl. Lo scambio di prigionieri, secondo Hagel, è giustificato dai “rischi alla sicurezza e alla salute” che correva il soldato. “Riteniamo che le informazioni che avevamo, che l’intelligence aveva, erano tali da far ritenere che la sicurezza e la salute di Bergdahl erano in pericolo. In particolare il suo stato di salute stava deteriorando – mette in evidenza Hagel -. Abbiamo valutato che se avessimo potuto trovare uno spiraglio avremmo agito rapidamente, dovevamo portarlo fuori da lì per salvare la sua vita”. Hagel sottolinea che Obama ha l’autorità, in base ai suoi poteri di commander-in-chief e l’articolo II della Costituzione, di autorizzare lo scambio di prigionieri senza la piena notifica richiesta legalmente prima di trasferire i detenuti di Guantanamo. Ma le polemiche non si placano.
A sorpresa torna a farsi vivo il mullah Omar, l’inafferabile capo talebano super-ricercato dagli Usa e dalla Nato: la liberazione dei talebani di Guantanamo è una “grande vittoria“, ha detto. “Rivolgo le mie felicitazioni al popolo musulmano afghano, a tutti i combattenti di Dio e alle famiglie dei prigionieri per questa grande vittoria”. Poi ha aggiunto: “Ringrazio il governo del Qatar, e in particolare lo sceicco Tamim Ben Hamad al Thani, per i loro sforzi nella liberazione dei dirigenti talebani, per la loro mediazione e l’accoglienza riservata” ai cinque prigionieri di Guantanamo.