Avanti con le intercettazioni telefoniche (praticamente senza limiti). Il freno che Barack Obama avrebbe voluto porre dopo lo scandalo Nsagate (Datagate), nato dalle rivelazione di Edward Snowden, è stato bocciato dal Senato Usa. La National Security Agency potrà continuare a spiare le telefonate senza speciali autorizzazioni collegate a indagini sul terrorismo. La legge, Usa Freedom Act, avrebbe vietato la raccolta di dati telefonici di milioni di americani che non sono sospettati di alcun crimine, obbligando l’agenzia a chiedere autorizzazione a una corte speciale ogni volta che intende analizzare le telefonate in casi di terrorismo e per ottenere le registrazioni dalle compagnie di telecomunicazione). Non ha raggiunto però i 60 voti necessari per l’avvio del dibattito (si è fermata a 58).

A votare contro sono stati 40 repubblicani ed un democratico. In prima fila a guidare il “fronte del no” è stato il futuro leader della maggioranza repubblicana al Senato Mitch McConnell (al centro nella foto in basso), convinto che la riforma limitasse troppo la capacità di azione dell’intelligence, ma anche Rand Paul, sia pure per motivi opposti. Il senatore, considerato in corsa per la Casa Bianca, è sempre stato un oppositore del Patriot Act, la legge anti-terrorismo approvata dopo l’11 settembre che contiene le misure che autorizzano i programmi di controllo della Nsa e che la riforma avrebbe limitato. Paul ha detto di aver votato contro la riforma perché, a suo parere, avrebbe rafforzato invece di limitare la possibilità della Nsa di controllare i telefoni degli americani. Molti osservatori politici hanno bollato questa mossa come utilitaristica (e assai ben poco mossa dagli ideali): di fatto Paul si schierato dalla parte del futuro leader del Congresso, che potrebbe essere suo importante alleato nel caso in cui scendesse in campo per le primarie repubblicane in vista della Casa Bianca. McConnell infatti tramite il suo braccio destro Steven Law è molto influente sul Crossroad Gps, uno dei principali Super Pac repubblicani, che potrebbe essere cruciale nella sfida tra i repubblicani.

Il Senato boccia l’oleodotto Keystone

I democratici al Senato hanno bloccato, per appena un voto, la risoluzione che avrebbe costretto Obama ad autorizzare la costruzione del controverso oleodotto Keystone (2700 km, dal Canada al Golfo del Messico), che la Casa Bianca sta tenendo fermo da 6 anni. Il presidente, almeno per il momento, non sarà costretto a porre il veto alla misura, approvata nei giorni scorsi alla Camera. Con questa votazione quasi sicuramente i democratici perderanno un altro seggio nel nuovo Senato che si insedierà a gennaio. Per il passaggio della misura, infatti, si è battuta con tutte le forze Mary Landrieu, la senatrice democratica della Louisiana, che il 6 dicembre prossimo dovrà affrontare un difficile ballottaggio con il candidato repubblicano dato per favorito nei sondaggi. Il sì all’oleodotto (7,6 miliardi di dollari,  830mila barili al giorno di petrolio), avrebbe aiutato la Landrieu di mantenere il seggio. Ora cosa farà Obama? I repubblicani hanno già detto che una delle prime azioni del Senato da loro controllato sarà quello di mettere ai voti la risoluzione per la costruzione dell’oleodotto. Ed è probabile che dalla loro parte si schiereranno – come già avvenuto questa volta – i tredici democratici che rappresentano gli stati in cui si trovano le raffinerie. Possibile, dunque, che nel giro di poco tempo si superi quota sessanta, mettendo nell’angolo Obama.

Gli ambientalisti da anni si battono contro il Keystone: dicono che metterebbe a rischio le falde acquifere e l’agricoltura, e quindi la salute dei cittadini degli stati interessati. Per i sostenitori del progetto, invece, darebbe un impulso importante alla ripresa economica e alla politica energetica del paese: il nuovo oleodotto permetterebbe di avere una fonte di energia molto affidabile per il mercato interno, creando posti di lavoro per la sua costruzione. Obama da anni sta valutando il progetto, che giuridicamente ricade sotto la competenza del Dipartimento di Stato, visto che l’oleodotto che attraversa i confini internazionali e il progetto è stato proposto da una compagnia straniera. Un primo progetto era stato bocciato, ora si sta valutando una nuova versione. Passato alla Camera, la Casa Bianca aveva fatto capire che Obama avrebbe usato il potere di veto se fosse stata approvato al Senato. “E’ certo una legge che il presidente non sostiene perché crede che sia qualcosa che debba essere determinato attraverso il dipartimento di Stato e il regolare processo per la valutazione del progetto”, aveva detto il portavoce Josh Earnest. Vedremo cosa succederà nelle prossime settimane.

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