Jeb Bush alla destra: basta populismo
Chi pensa che far pagare un po’ di più le tasse ai ricchi, in America, sia roba da socialisti, o da presidenti sul viale del tramonto (vedi Obama) è sulla cattiva strada. Anche Jeb Bush (nella foto con il figlio George Prescott) ritiene che possa essere la strada giusta da seguire e che sia necessario che i frutti della ripresa, che pure va consolidata senza dormire troppo sugli allori, vadano ad arricchire non solo banche e imprese ma anche le buste paga. L’ex governatore della Florida fa capire di avere le idee chiare in vista della propria discesa in campo per le presidenziali 2016: non vuol lasciare alcun vantaggio ai democratici, né sui frutti della ripresa economica né tantomeno sull’immigrazione. Su quest’ultimo punto si dice convinto della necessità di mettere in regola milioni di clandestini. In merito al contestato (dagli ambientalisti) oleodotto Keystone, Bush sottolinea che “approvarlo è stata una stupidaggine”. Insomma, sembra di sentir parlare Obama, oppure un candidato democratico ancora più a sinistra. Invece si tratta di Bush, figlio e fratello di due ex presidenti degli Stati Uniti, repubblicano di ferro. Ma che è successo? Ci siamo persi qualche metamorfosi?
Jeb Bush indica uno ad uno i punti forti della propria piattaforma programmatica. E, a sorpresa, il bersaglio principale dei suoi attacchi non è Obama o i democratici, ma la destra americana, bloccata e incapace (a suo modo di vedere le cose) di individuare e mettere in atto proposte innovative. “Serve un confronto serio su tutti i temi vitali per il futuro del nostro Paese, quello che manca in questo momento a Washington”. E ancora: “Se vogliamo (noi repubblicani, ndr) tornate alla Casa Bianca lo possiamo fare solo con un messaggio di speranza e ottimismo, con un’agenda costruttiva e fatta di proposte serie. Non con la rabbia e la reazione a tutto”.
E’ proprio qui il succo del discorso di Bush. Non dire sempre no a tutto ma riuscire a dire qualche sì e a sposare alcune delle battaglie dei democratici. Jeb Bush vuole allontanarsi il più possibile da quanto fece Romney in campagna elettorale. Bush guarda a una destra nuova, distante dai Tea Party su molti temi. Riuscirà a imporsi, questa destra, nelle primarie dell’elefantino?
Nei giorni scorsi, intanto, c’è stato un incontro tra Romney e Bush. A quanto si apprende non ha portato ad alcun accordo. Pare che il faccia a faccia sia stato voluto da Bush ed è stato organizzato prima che il due volte candidato alla Casa Bianca Romney manifestasse l’intenzione di provarci una terza volta. Se entrambi decideranno di candidarsi, le loro campagne rischiano di spaccare ancor di più il Grand Old Party e il fronte dei finanziatori, piccoli e grandi. I sostenitori di Bush hanno espresso dubbi sull’eventuale terza candidatura del mormone. Quelli di Romney, invece, temono che l’ex governatore della Florida non abbia tutti i requisiti (a partire dalla giusta passionepolitica) per poter essere un buon candidato.
Molto interessante il post di Nate Silver sul blog FiveThirtyEight: Jeb Bush è troppo liberal (di sinistra, ndr) per vincere le primarie repubblicane? Di sicuro il tema fa discutere. La cosa interessante da sottolineare è questa: non basta vincere le primarie del Gop, la cosa che più conta è vincere le elezioni e tornare alla Casa Bianca. Ed è soprattutto a questo che deve pensare chi ha a cuore le sorti (e le idee) del Partito repubblicano.