Cuba, Marco Rubio bacchetta Obama
Il senatore della Florida Marco Rubio è preso di mira dal New York Times, che lo accusa di non essere riuscito a fare breccia tra i cubani, nonostante le sue origini. Lui ha reagito piccato: “Il mio obiettivo – ha twittato – è una Cuba libera. Togliere l’embargo senza riforme significative finirà solo per rafforzare il regime di Castro”. Una stoccata che non è rivolta tanto al quotidiano della Grande mela quanto alla Casa Bianca, per il disgelo diplomatico lanciato da Barack Obama, con l’imminente riapertura delle ambasciate (all’Avana e a Washington) annunciata nei giorni scorsi. Rubio replica anche a un precedente articolo del Nyt, che aveva messo in evidenza alcune “debolezze” del candidato, in termini di gestione allegra delle finanze (in età giovanile) e per il suo debole per le barche di lusso. “Solo propaganda”, ha risposto Rubio.
Rubio torna sull’argomento Cuba con un articolo pubblicato proprio dal New York Times (gesto riparatorio?). “Quando il presidente ha annunciato il ristabilimento delle relazioni diplomatiche con Cuba – scrive – ha criticato i presunti fallimenti della politica degli Stati Uniti verso Cuba, che, ha detto Obama, non ha funzionato per 50 anni”. Ma Rubio rigetta questa responsabilità: “I problemi economici e politici di Cuba non sono colpa della politica americana, così come questa non aveva colpe per le file per comprare il pane davanti ai negozi dell’Unione sovietica o per il fatto che decine di milioni di cinesi vivano ancora oggi in condizioni di povertà”. Insomma, sembra dire Rubio, smettiamola col chinare il capo e prenderci (come americani) tutte le responsabilità sulle cose che non funzionano al mondo. “Le uniche persone responsabili per i mali del popolo cubano sono i loro anziani governanti, che insistono sul mantenimento di un’economia socialista che quasi tutti gli altri paesi – con la sola eccezione della Corea del Nord – hanno messo da parte ed è una reliquia di un passato fallimentare”.
E poi ancora più duro: “Sono (responsabili, ndr) questi dittatori che negano anche l’accesso a Internet. Sono loro che dirigono i servizi di sicurezza che terrorizzano e assillano ogni cittadino che osa parlare contro il regime di Castro. Sono loro che imprigionano le persone che cercano di sfidare il sistema”. L’iniziativa di Obama, osserva il senatore, non ha fatto nulla per cambiare tutto questo. Rubio cita poi Antonio Rodiles, un attivista di spicco che domenica scorsa è stato picchiato dai teppisti del regime, e parla anche di altre cento persone arrestate. Secondo Human Rights Watch negli ultimi mesi “sono scattati arresti arbitrari nei confronti di chi si batte per i diritti umani, giornalisti indipendenti e altri critici del regime”. Nonostante queste cose gravissime, osserva l’esponente repubblicano, Obama insiste sul fatto che “la costruzione di legami economici e diplomatici può portare la libertà e la democrazia per l’isola”.
Rubio non la pensa così e cita numerosi esempi: “La nostra vasta esperienza con le transizioni dal comunismo ha dimostrato che l’apertura economica e impegno diplomatico non portano automaticamente alla libertà politica. Nessuno stato di polizia comunista ha mai chiuso il pugno solo per l’apertura di McDonald’s o di un’ambasciata”. L’esempio più importante è la Cina: “Ha iniziato la sua apertura economica nel 1979; oggi rimane uno stato a partito unico, dove l’attivista per i diritti umani Liu Xiaobo, premio Nobel per la Pace 2010, resta in carcere, insieme ad altri dissidenti. Chi chiede che il pluralismo politicoè messo a tacere”.
“L’atteggiamento dell’amministrazione nei confronti dell’Avana è sbagliato, perché le concessioni finiscono solo per premiare i governanti di Cuba”. Che fare dunque? Per Rubio la risposta è semplice: affermare con chiarezza quali riforme l’America si aspetta che siano fatte prima di approfondire i legami con Cuba. L’obiettivo più importante è che tutti i prigionieri politici vengano rilasciati, e le riforme politiche avviate, in modo tale che i cubani possano godere delle libertà fondamentali.
Ovviamente non è facile raggiungere questi obiettivi. Proprio per questo l’America deve “stare fermi nel nostro impegno per il popolo cubano, aumentando il sostegno alle associazioni, agli attivisti della società civile e alle radio che il regime vuole fermare. Impedire ai funzionari cubani che hanno commesso violazioni dei diritti umani di recarsi negli Stati Uniti. Sono solo gli oligarchi al potere che traggono vantaggio dall’apertura di Obama a Cuba, non il popolo cubano. È un peccato che – conclude Rubio – dopo aver tenuto una forte posizione morale per molti anni, ora stiamo legittimando coloro che negano ai cubani il loro desiderio di essere liberi e prosperi”.