Usa 2016: non toccate i veterani di guerra
Sembrerà strano ma nel nervoso dibattito politico americano si polemizza anche sul Vietnam. Ad accendere le polveri è stato Donald Trump, sparando ad alzo zero contro il senatore John McCain, candidato alla Casa Bianca per i repubblicani nel 2008, veterano di guerra e prigioniero per quasi sei anni in Vietnam. Trump ha usato parole di fuoco contro di lui: “E’ diventato un eroe solo perchè è stato fatto prigioniero. A me piacciono le persone che non si fanno prendere”. Subito si è accesa la polemica, con molti candidati del Gop che hanno preso le distanze dal miliardario. Rick Perry è stato il più duro: “Chi attacca i veterani non è degno di correre per la presidenza degli Stati Uniti. McCain non si tocca. E sugli eroi di guerra non è consentito fare bassa campagna elettorale”. Se Trump ha provato a smorzare le polemiche, cambiando discorso (“McCain ha fatto poco per i veterani”), ora tocca a lui difendersi da un’accusa che, per certi versi, è ancora più infamante. Quella di aver fatto il furbo per non andare sotto le armi. A fare luce sul suo passato è il Washington Post, che rivela come dal 1964 al 1968 Trump beneficiò di un rinvio per motivi di studio dal servizio militare che, di fatto, gli evitò la chiamata alle armi per il Vietnam. E fin qui, ci sarebbe da dire, nulla di strano. Superata la visita medica militare senza alcuna restrizione, pochi mesi dopo a seguito di una nuova visita Trump risultò non idoneo per un problema al piede, anche se dai documenti tuttora esistenti non si può risalere al motivo. Di recente, parlando in Iowa durante la campagna elettorale, Trump affrontò il tema e raccontò di non essere risultato idoneo alla leva per uno sperone osseo ad un piede (ma non ricordava se fosse il destro o il sinistro). Poco dopo il suo staff diffuse un comunicato in cui si parlava di un problema a entrambi i piedi. Insomma, ci sono troppe ombre sul passato del giovane Trump. Lui che si permette di attaccare uno che in guerra c’è stato, come spiega la propria “diserzione”?
Cosa dicono i sondaggi
Nonostante le polemiche (molte delle quali studiate ad arte) e le infinite gaffe Trump è in testa ai sondaggi fra i repubblicani. È quanto emerge da un sondaggio realizzato dal network Abc e dal quotidiano Washington Post, in cui si evidenzia che Trump gode del sostegno del 24% degli elettori repubblicani registrati e degli indipendenti che tendono verso un candidato conservatore. Il miliardario newyorkese ha un vantaggio importante sul suo sfidante più vicino, il governatore del Wisconsin Scott Walker, che ha il 13% dei consensi. Al terzo posto c’è l’ex governatore della Florida Jeb Bush, al 12%. La percentuale di favori ottenuta da Trump è la più alta raggiunta quest’anno da un repubblicano nel sondaggio Abc-Washington Post, così come il suo vantaggio sugli avversari.
Il sondaggio però ha evidenziato un calo nei consensi per Trump dopo i suoi contro il senatore John McCain, veterano del Vietnam ed ex prigioniero di guerra. “Sebbene il campione esaminato nell’ultimo giorno di sondaggi sia stato piccolo, il calo di consensi è stato statisticamente significativo”, ha sottolineato il Washington Post, aggiungendo che tuttavia “è difficile prevedere come si evolverà il sostegno a Trump nei prossimi giorni e settimane, in cui si svilupperà la polemica”. Dall’annuncio della candidatura, Trump è stato oggetto di varie controversie, come le pesanti critiche agli immigrati messicani o le proposte di erigere un muro alla frontiera con il Messico.