Bagno di folla per Donald Trump
Va avanti senza tentennamenti Donald Trump. E più l’establishment repubblicano si scandalizza per le sue prese di posizione estreme, più lui se ne infischia e avanza nei consensi. Ieri cambio di programma all’ultimo momento per un evento elettorale Mobile, in Alabama: a causa del forte e inatteso afflusso di persone che volevano ascoltare dal vivo Trump, gli organizzatori hanno deciso di spostare tutto in uno stadio. Inizialmente l’evento era stato organizzato in un centro comunale in grado di ospitare 4.000 persone, l’evento elettorale è stato spostato in fretta e furia al Ladd-Peebles Stadium (43.000 posti), che solitamente ospita gare studentesche di football. La polizia si aspetta un afflusso di 30.000 persone, dopo che nella giornata di ieri sono stati distribuiti on line e gratuitamente 35.000 biglietti. “E’ pazzesco”, ha esultato il miliardario candidato alla presidenza degli Stati Uniti entrando nello stadio affollato – anche se non tutto esaurito – sulle note di “Sweet Home Alabama”.
Questo raduno di fan scatenati, che hanno sfidato soprattutto il caldo e l’umidità, ricorda il bagno di folla che investì Barack Obama nel dicembre 2007, un mese prima dell’inizio della corsa delle primarie. Trentamila persone andarono a sentirlo a Columbia, nella Carolina del Sud. Trump gonfia il petto e vanta il proprio primato: “Sto annientando Jeb Bush e Marco Rubio in Florida”, ha detto rimarcando di essere in pole position tra i candidati Gop e con un netto distacco. Parole al veleno anche per Hillary Clinton: “Non sono sicuro che riuscirà a farcela a restare in gara. Ho sentito brutte cose”. Il riferimento è allo scandalo delle email che potrebbe creare non pochi guai all’ex segretaria di Stato.
Cappellino rosso in testa con lo slogan della sua campagna (“Make America great again“), Trump ha aperto l’intervento toccando un suo cavallo di battaglia, il tema immigrazione, indicando la necessità di costruire un muro al confine con il Messico. Poi ha detto che è necessario eliminare il diritto di cittadinanza per chi nasce sul suolo americano: “I politici non riescono neppure lontanamente a capire quello che sta succedendo in questo Paese”. Spinto dai suoi calorosi sostenitori Trump ha proseguito ribadendo di essere un non-politico, libero rispetto alle pressioni delle lobby e pertanto in grado “di riportare l’America ad essere grande”.
Il tema immigrazione, diventato sempre più scottante dopo le “sparate” di Trump, innervosisce Jeb Bush. In un’intervista radiofonica Bush ha menzionato i cosiddetti “anchor babies“, come vengono chiamati i bambini fatti nascere negli Stati Uniti da immigrati illegali affinché venga loro riconosciuta la nazionalità americana. Quando un giornalista gli ha fatto notare che l’espressione è giudicata offensiva, lui ha reagito con stizza: “Avete un termine migliore? Datemi un termine migliore e io lo uso”. Bush aveva usato quel termine con riferimento proprio a Donald Trump, che nei giorni scorsi ha evocato l’ipotesi di superare il 14° emendamento della Costituzione, che riconosce il diritto di cittadinanza a chi nasce sul suolo americano. “Quello che ho detto – ha insistito Bush – è l’espressione cui ci si riferisce comunemente. Non è il mio linguaggio. Ma vogliamo parlare delle politiche? Io credo che chi nasce in questo Paese debba essere cittadino americano”.
Ormai è Trump a dettare l’agenda politica. E i repubblicani non sanno che fare per togliergli il pallino di mano. L’ex governatore del New Jersey, Thomas H. Kean, al Washington Post commenta cosa sta succedendo nella destra Usa: “Nessuno ha capito come gestire Trump. Tutti lo hanno terribilmente sottovalutato dal primo giorno. Ma da uno che lo conosce, assicuro, è stato un errore”. Intanto Trump, su Twitter, gongola: “Adesso Jeb mi copia”. Portare i suoi sfidanti sul suo terreno (sui temi da trattare e persino sui toni) per lui è già una vittoria.
[youtube FWtf_f3f8vs]