Turchia, al via il G20 ad AntalyaAnche la stampa Usa vicina alla sinistra ora lo dice: bisogna fare di più. Gli attentati di Parigi impongono a Obama di tirare fuori i muscoli contro i tagliagole dell’Isis. Il New York Times sottolinea come gli attentati di Parigi, insieme a quello della scorsa settimana a Beirut e all’abbattimento dell’aereo russo nel Sinai dimostrino come il sedicente stato islamico non sia solo “concentrato sulla conquista di territorio nella propria zona”. Sulla stessa linea il Washington Post, secondo il quale i fatti di Parigi mostrano come l’Isis “sia una minaccia più grave per l’Occidente di quanto l’intelligence e l’amministrazione Obama pensassero”. Il quotidiano della capitale sottolinea però che la lotta all’Isis oltre i confini di Siria e Iraq è da sempre nell’agenda della Casa Bianca. Secondo gli esperti ora la priorità è combattere i terroristi anche in paesi come Libia, Yemen e nella penisola del Sinai, impedire che il denaro e gli uomini dell’Isis circoli liberamente attraverso i confini dei vari paesi e capire come la ledership del gruppo all’interno del “califfato” riesca a comunicare (evidentemente senza troppe difficoltà) con i suoi uomini all’estero. Questi temi però, punta il dito il Wp, “sono rimasti finora sullo sfondo nel dibattito interno che si è concentrato sulla lotta all’Isis in Iraq e in Siria“.

“Ciò che rende lo Stato islamico particolarmente forte – ha ammesso sotto anonimato un esponente dell’amministrazione Obama – è l’abilità del centro di sostenere e comunicare con le sue diramazioni”. Ed è proprio su questo, secondo i media americani, che dovrebbe concentrarsi Washington.

L’Isis “è senza dubbio una minaccia oltre la regione – ha detto Frances Fragos Townsend, consigliera dell’ex presidente George W. Bush in materia di antiterrorismo, citata dal New York Times -. Non dobbiamo continuare a considerarlo come una minaccia lontana. Ha evidentemente ambizioni internazionali che vanno oltre il suo autoproclamato califfato”.

Nyt_16_11_15“Tutto questo – le fa eco Mattew G. Olsen, ex direttore del National Counterterrorism Center, citato dal Nyt – rende più impellente per gli Usa e per l’Occidente rispondere in modo più aggressivo”. Anche se questo comporta forti rischi. Ma è inevitabile. “Noi aumentiamo i nostri attacchi alla Siria e all’Iraq – ha spiegato Olsen – e al tempo stesso anche l’Isis aumenta i suoi attacchi contro di noi”.

Obama e Kerry dopo i fatti di Parigi hanno garantito che la lotta al terrorismo sarà risoluta. Ma dalle parole bisogna passare ai fatti. Senza perdere tempo. “Ci saranno diversi sviluppi – ha detto Steven Simon, ex consigliere di Obama per il Medio Oriente, al Nyt – controlli alle frontiere più severi, una maggiore sorveglianza sul territorio americano e una rete più stretta di rapporti con le comunità locali, nella speranza che gli estremisti vengano messi all’indice dai loro stessi amici e familiari. E anche un rafforzamento della già stretta collaborazione con le intelligence europee”.

Cambia dunque – dovrà cambiare per forza – il modo in cui gli Stati Uniti e i paesi occidentali devono fare fronte alla minaccia dell’Isis sul loro territorio, percepita finora come un fenomeno da “lupi solitari“. “Gli attacchi coordinati (di Parigi, ndr) – ha spiegato Juliette Kayyem, ex assistente di Obama per la sicurezza interna – smonta la narrativa del lupo solitario che abbiamo costruito finora. Il fatto che un attentato del genere sia potuto accadere è impressionante. Riemerge quella guerra che pensavamo di aver messo da parte”.

 

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